Cinque (di 50) argomentazioni sulla coufficialità

Vogliamo parlarvi oggi di un libro uscito qualche mese fa, il cui argomento è chiaro fin dal titolo: “Cuufficialità“. Il tema è di pressante attualità, dato che negli ultimi tre anni è al centro del dibattito politico, da quando è stato votato per la prima volta dall’Assemblea di Corsica, passando per l’inserimento nel piano Lingua 2020, per arrivare alle recenti delusioni nell’ennesimo rifiuto da parte del governo centrale.

Il libro, di Romain Colonna, ricercatore e conferenziere dell’Università di Corsica, è interessante anche per la formula nel quale è scritto e che è ben descritta dal sottotitolo: “50 argumenti in giru à a ricunniscenza di u corsu”. Questi cinquanta argomenti sono, in origine, dei tweet dell’autore su aspetti o notizie specifiche riguardo la lingua corsa, corredati dall’hashtag “cuufficialità”. Ciascuno di essi è descritto e sviluppato in un breve capitolo di 2-3 pagine.

cuufficialita-50argumenti

Ne abbiamo scelti cinque, che vorremmo commentare.

    1. Sarà assicuratu u corsu quand’ellu sarà appaghjatu à intaressi chì vanu aldilà di l’identità : ecunomichi, prufiziunali, ecc. (Argumentu 8)

      Colonna, in uno dei suoi primi argomenti, tocca un punto interessante e che ci trova pienamente d’accordo. Per assicurare un avvenire al còrso, dice, lo si deve legare ad aspetti che vanno al di là di quelli identitari. Parlare còrso deve offrire dei vantaggi in termini sociali e anche ecomomici. Lui parla ad esempio di “corsofonizzazione degli impieghi”, vale a dire spingere sempre più impiegati, cominciando da quelli pubblici, a parlare còrso, ipotizzando perché no degli incentivi economici per chi lo fa. La coufficialità, conclude, creerebbe una condizione favorevole a questo.
      Siamo assolutamente d’accordo. Ma, in attesa che lo statuto coufficiale venga concesso, perché non guardare a un possibile vantaggio socio-economico dato dalla pressocché totale intercomprensione della lingua corsa con quella italiana? Se volete un assaggio delle potenzialità di questo approccio, leggete questo articolo.

    2.  Vulè un cursofunu pà un impiegu ghjè vulè una cumpitenza è micca un Corsu (Argumentu 9)

      Nel 2008 un’impresa chiese all’Anpe di pubblicare un annuncio per assumere un lavoratore corsofono, ma l’agenzia si rifiutò di farlo, dicendo che tale richiesta era discriminatoria su base “etnica”. Ora è chiaro, come scrive Colonna, che essere corsofono non significa essere Corso, essa è una competenza che si può acquisire, e non una caratteristica etnica. Chiunque può imparare la lingua corsa senza essere nato né vissuto nell’isola. Secondo Colonna un quadro legislativo di coufficialità avrebbe consentito a quell’impresa di far valere il suo diritto alla pubblicazione dell’annuncio.
      Concordiamo, e nel frattempo guardiamo con interesse alle aziende – come Rete Corsa produttrice di Compru in Corsu – che pubblicano da sole i propri annunci di lavoro per personale corsofono.

    3. Trà u forte è u debbule, (…) ghjè a libertà chì opprime è a lege chì libareghja (Argumentu 21)

      Sembra un paradosso ma in una situazione di disparità tra una lingua dominante (il francese) e una minorata (il còrso), lasciare all’individuo la libertà di scegliere porterà a un’accentuarsi della disparità, perché egli tenderà a scegliere la lingua maggioritaria, che gli dà più opportunità economiche e sociali. Il debole non verrà scelto mai, e diverrà sempre più debole.
      Osservazioni giuste, e concordiamo che la coufficialità in questo potrebbe creare un’ambiente legittimo in cui usare la lingua corsa, incentivando molti ad usarla. Ma crediamo che al contempo si debba lavorare per fare in modo che la conoscenza della lingua corsa crei da subito vantaggi sociali ed economici, ed eccoci a riproporre la strada dell’intercomprensione col vicino mondo dell’italofonia, di cui tra l’altro la Corsica ha fatto parte per secoli e fino a tempi recenti.

    4. A ratificazione da a Francia di a Cartula auropea di e lingue rigiunale o minuritarie pò esse una trappula pà u corsu (Argumentu 44)

      Questo argomento ci è parso interessante perché in controtendenza con la maggior parte dei militanti per la lingua nustrale, che rivendicano invece una ratificazione della Carta europea. Recentissima l’accusa del collettivo Parlemu Corsu allo Stato, reo di non rispettare i trattati che firma. Romain Colonna sostiene invece che la Carta sarebbe abbastanza inutile in termini concreti, perché ambigua, fa riferimento a lingua minoritarie e regionali contrapposte a quelle nazionali, non obbliga gli Stati ad applicare tutti e 98 i suoi articoli ma un minimodi 35,usa termini vaghi come “facilitare e incoraggiare l’apprendimento” senza decinarli in termini concreti e misurabili. E la ratifica della Carta potrebbe addirittura essere dannosa perché potrebbe essere una scusa per lo Stato, che potrebbe rispondere ai militanti di aver già fatto abbastanza per il còrso, senza bisogno di insistere con la coufficialità.
    5. A cuufficialità ghjè dà a pussibilità à u corsu d’esse autonomu è micca sempre sottumessu à u francese. (Argumentu 45)

      La coufficialità, per Romain Colonna, consentirebbe al còrso, lingua dominata, di essere usato come lingua di comunicazione in modo autonomo dalla lingua dominante, “senza dover essere sempre tradotto”.

Il nostro commento a quest’ultima argomentazione – ultima tra quelle che abbiamo preso in esame – riassume la nostra opinione sulla tesi dell’intero libro.

Quest’opera di Romain Colonna sostiene, in sostanza, che la coufficialità possa creare un ambiente in cui la lingua corsa possa autonomamente vivere ed essere usata in ogni contesto sociale. Ciò che pensiamo noi è che questo sia vero in parte. La coufficialità, a nostro avviso, è una condizione che aiuterebbe di molto la situazione della lingua corsa, ma da sola comunque non basta. Il còrso non è mai stato usato come lingua amministrativa, dell’insegnamento, della religione, della scienza, della giustizia, e così via. In Corsica questo ruolo è stato ricoperto dall’italiano prima (dal 1200 al 1859) e dal francese poi. Il còrso era un insieme di parlate usate in ambito domestico, nel lavoro quotidiano e nella vita sociale del paese. Dagli anni ’70 del secolo appena trascorso si è iniziato il suo processo di trasformazione in una lingua di comunicazione per tutti gli usi, ma questo si è affiancato di pari passo al suo arretramento nel numero dei parlanti e delle loro competenze.

Pensare che oggi il còrso possa competere con il francese in qualsiasi ambito è molto ambizioso, forse poco realisico però. A nostro avviso occorre continuare a spingere per uno statuto di coufficialità, ben consapevoli che la concessione di esso da parte dello Stato è molto molto difficile perché manca la volontà di modificare la Costituzione in questo senso. E occorre al tempo stesso sforzarsi per diffondere nuovamente la lingua nustrale in ambito domestico, e in ambito sociale, trovando motivazioni concrete per impararlo e usarlo.

E, ripetiamo, troviamo assurdo non sfruttare una motivazione che potrebbe esser potentissima: capire e farsi capire dagli oltre 60 milioni di italofoni che vivono al di là del mare e che con l’isola hanno e avranno – dopo le recenti iniziative della CTC con Sardegna, Toscana e Liguria – sempre più rapporti economici, politici, turistici, culturali. E perché dunque non anche linguistici?

 

 

 

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