Parigi non cambia posizione sulla lingua corsa, ridotta a una questione scolastica

Per niente soddisfatta la delegazione di eletti còrsi che ieri a Parigi ha incontrato i ministri della Cultura e dell’Educazione nazionale per discutere dello status della lingua corsa. Ma questo gruppo di lavoro, terzo tra quelli proposti dal primo minostro Valls a gennaio, non ha portato nulla di nuovo. Un’ora e mezza di discussioni per confermare il divario enorme tra la richiesta di tutti gli eletti isolani – con l’eccezione di Pierre-Jean Luciani della Corsica del Sud – per uno statuto della lingua corsa e il governo, che non concede quasi nulla. Inoltre i Nazionalisti lamentano che la riforma scolastica dei college in arrivo a settembre possa dare il colpo di grazia all’apprendimento della lingua nustrale. Gli eletti còrsi, tra l’altro, non avevano ricevuto l’ordine del giorno prima della riunione e non hanno dunque potuto prepararsi prima sui temi proposti dai due ministri.

La ministra dell’Educazione Najat Vallaud-Belkacem ha confermato tre proposte già annunciate: la prima è la creazione di un gruppo di formazione di venti persone a contratto, per assicurare sui sei anni un piano di formazione in lingua corsa e nella didattica dei professori delle scuole, per poi tendere alla generalizzazione dell’insegnamento bilingue nelle primarie. La seconda punta a incentivare la lingua corsa a partire dalla quinta classe, nel quadro degli EPI (Enseignements pratiques interdisciplinaires) previsti dalla riforma dei collèges (scuole medie) in vigore da settembre 2016. A questo si aggiungono, su pressione del movimento interaccademico, 5 posti di professore nelle discipline non linguistiche (DNL) che danno l’abilitazione a insegnare nelle filiere secondarie bilingui. La terza riguarda infine la promozione della cultura còrsaa tutti gli stadi del sistema educativo. Ma ciò, lamenta il consigliere dell’esecutivo isolano Saveriu Luciani, resta totalmente teorico e non si traduce in nulla di concreto sul piano operativo.

Gli eletti hanno dunque risposto che tutto ciò era già stato detto e che è totalmente insufficiente, dato che confina la lingua corsa nel solo piano scolastico ed educativo, mentre loro vogliono che torni ad essere viva e presente nella società. Ma sul piano scolastico, gli eletti avanzano comunque delle controproposte precise: la sperimentazione dell’immersione in lingua corsa nelle scuole materne e la creazione dell’agrégation de Corse. La ministra ha promesso di rifletterci. Le abbiamo anche ricordato, prosegue Luciani, che il piano di generalizzazione delle classi bilingui in quelle stesse scuole materne ha accumulato un ritardo importante (invece di raggiungere il 100% nel 2013 siamo solo al 30% nel 2016) tutto dovuto allo Stato centrale. Anche nelle secondaria gli eletti isolani chiedono uno sforzo importante a favore dell’insegnamento del còrso.

Luciani denuncia poi il grande pericolo rappresentato dalla riforma dei collège per la lingua corsa: la riforma sposta la scelta di una seconda lingua moderna alla classe 5^ e questo provocherà una diminuzione degli studenti di lingua corsa. E l’effetto negativo si protrarrà anche al liceo. La ministra ha negato tutto questo. Noi le diamo appuntamento a settembre insieme al rettore dell’accademia per valutare il numero degli effettivi.

Poi hanno parlato del Consiglio accademico territoriale previsto dal piano « Lingua 2020 » votato nel 2015 dall’Assemblea di Corsica, che dovrebbe mediare tra CTC e lo Stato per giungere a una gestione regionale dei programmi. Ormai da 30 anni parliamo di questi temi, ora volgiamo delle date e della concretezza, dice Luciani. La ministra ha porposto il rinvio della discussione a giugno in Corsica, in occasione della visita di Jean-Michel Baylet (ministro per la Gestione del territorio, delle ruralità e delle collettività territoriali), per una riunione più tecnica con tutti gli attori coinvolti.

Sull’ufficializzazione della lingua corsa però non c’è nessuna apertura.Il governo considera la lingua corsa come una semplice attività d’insegnamento e basta. Chiaro che per gli eletti corsi e per gran parte della società còrsa la lingua non è una mera questione scolastica, ma politica e sociale. Se si slega l’insegnamento del còrso, già problematico, al suo inserimento e al suo uso nella società, lo si condanna a una morte lenta, conclude Luciani. Che però si dice deluso ma non scoraggiato: “non ci arrenderemo!”. Lo Stato è avvisato.

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Fonte: CorseNetInfos

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4 thoughts on “Parigi non cambia posizione sulla lingua corsa, ridotta a una questione scolastica”
  1. Personalmente sono molto scettico sulle possibilità di aperture da parte del governo. Certo che distanza dalle possibilità concrete di bilinguismo reale attuate in Italia.

  2. Lo stile francese nel proibire le cose certo è più sfacciato a tratti arrogante…..pero almeno sai esattamente cosa pensa il tuo interlocutore.
    In italia il discorso è più raffinato ,il risultato è uguale;basta creare leggi dalla dubbia efficacia,non applicarle,depotenziarle con scarsi finanziamenti e alla fine chi ci lavora,chi ne usufruisce abbandona per sfinimento,delusione,inutilità.Venire a farsi un giro nelle Scuole/Università in Sardegna per credere.
    (P.s con questo non voglio dire che sia tutta colpa dello stato,anzi gran parte delle responsabilità sono locali ….Volere=Potere)

    1. e sempre stato cosi in Corsica mi chiedo veramente perché i nostri rappresentanti corsi aspettano qualcosa di questo governo visto che ha fatto del tutto per sradicare e porre fine definitivamente alla lingua corsa (e non solo la lingua tra l’altro) per me se aspettiamo la legge per darci il dirrito di parlare o vivere da corsi non verrà mai

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