Parlemu Corsu: sabato 5 a Bastia dibattito su coufficialità e uso della lingua

Il collettivo “Parlemu Corsu” organizza questo sabato 5 marzo, a partire dalle 15:30 all’auditorium del museo di Bastia, un dibattito sullo statuto della lingua corsa, basandosi sui casi della Catalogna e della Galizia, regioni autonome spagnole.

parlemucorsu-5marzuUn militante del mondo associativo della Galizia e un rappresentante del governo catalano (vedere volantino a sinistra) saranno presenti per parlare degli statuti che tutelano le rispettive lingue in Spagna, evidenziandone vantaggi e limiti.

Il professor Alain di Meglio rappresenterà l’Università di Corsica e prenderà parte al dibattito per fare il punto sulla situazione della lingua corsa.

Per il collettivo, questo ciclo di conferenze, che debutta a Bastia e poi proseguirà attraverso l’isola, è anche una maniera di radicare le rivendicazioni sulla lingua. Agli occhi del suo presidente, Michele Leccia, si tratta di convincere quelli che non vedono vantaggi in uno statuto di coufficialità, coloro i quali vi vedono solo “un guscio vuoto”.

A questo proposito, il collettivo ha annunciato che farà anche delle proposte concrete su come promuovere la lingua corsa sul territorio.

Per quanto ci riguarda, non siamo tra quelli che reputano la coufficialità – qualora si riuscisse finalmente ad ottenerla dallo Stato – una misura inutile; tutt’altro. Ma riteniamo che si debbano avanzare davvero proposte concrete per dare motivazioni nuove all’uso della lingua corsa. E non ci stancheremo mai di proporre, come possibile incentivo allo studio e all’utilizzo del còrso, l’intercomprensione con la lingua italiana, che è stata per secoli la lingua della cultura, della politica, della chiesa, dell’amministrazione e della giustizia nell’isola, e che ancora oggi è similissima al còrso. Basti pensare a quanti italiani hanno capito il discorso in lingua corsa di Jean-Guy Talamoni a dicembre, a come Gilles Simeoni l’abbia utilizzato durante il recente viaggio in Sardegna per parlare con i giornalisti e i politici locali,  a come la trasmissione Mediterradio usi le due lingue ogni settimana l’una accanto all’altra. Basti pensare che tutti i corsofoni sono anche francofoni; gli italiani invece, tra francese e corso, scelgono il corso. Teniamolo presente.

 

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Fonti: FB Parlemu CorsuCorse-Matin

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2 thoughts on “Parlemu Corsu: sabato 5 a Bastia dibattito su coufficialità e uso della lingua”
  1. Da circa due mesi mi sto interessando attraverso questa testata alle varie problematiche relative alla lingua e alle consuetudini della Corsica.Quello che ho potuto apprendere lo debbo quindi solo a ”Corsica oggi” e ne sono grato.Mi sembrava una lacuna questa mia ignoranza,colmata minimamente.L’impressione che ne sto ricevendo e le considerazioni che sto realizzando è che in effetti permanga una sorta di chiusura e quasi,da certe frange politiche,una ostilità sommersa verso la lingua italiana che pure ha fatto parte della storia còrsa.Questo mi risulta incomprensibile come se si volesse relegare nell’oblio quello che è stato e rivendicando con orgoglio una nuova appartenenza che prenda le distanze da ciò che non è francese.Premesso che personalmente rispetto le libertà di scelte, talvolta ho anche avuto la sensazione,interagendo,di poter essere compreso come un campanilista o un procacciatore di improbabili verità.A me interessa solo la verità storica e per quello che concerne le scelte attuali del popolo in merito alle proprie identità dico di pensare e agire come meglio si crede per il progresso del proprio paese,io da italiano non vorrei mai né interferire né supporre un bene diverso o migliore per i corsi in seno alla nazione italiana,che nel bene o nel male,possiede tantissime tradizioni e valori e già tanti problemi.La valutazione da farsi penso sia di opportunità,forse sprecate,per poter allargare spazi di attrattive commerciali,turistiche,di studio,possedendo già potenzialmente una ricchezza linguistica nell’italiano che invece sembra si sia voluta cancellare .In Italia le popolazioni minoritarie linguistiche fanno di tutto per promuovere la lingua propria,senza escludere l’italiano,si fa un discorso inclusivo e parallelo che porta ricchezza culturale,è vero che il nostro governo sostiene questa politica ma è bene che anche altri ricordino il valore di questo tipo di politica che non impoverisce di certo.La città di .Alghero è conosciuta come ”Barceloneta”,giusto per riferisi alla Catalogna,ha conservato l’uso della lingua catalana riconosciuta dalla repububblica e dalla regione con programmi d’insegnamento e utilizzo ufficiale,esiste una sede istituzionale del governo della Catalogna.Penso che la Corsica potrebbe ambire, a maggiore e giusta ragione,e a suo vantaggio, ad un rapporto diverso con una terra che la sfiora e con la quale condivide tanto e che possa superare un rapporto stagionale balneare;,e questo potrebbe essere il contenuto reale per un guscio che non può rimanere vuoto a condizione che ci credano i còrsi.Questo è il mio pensiero poi liberi di sentirsi francesi e di parlare solo una lingua.

  2. Forse i corsi andrebbero coinvolti da noi Italiani attraverso esperienze condivise; dalle mie parti in passato alcune associazioni gemellate si recavano ogni due anni in Corsica, ricambiati alternativamente dai corsi.
    La cosa buffa è che erano più i nostri che si sforzavano di parlare in francese che non i corsi che fingevano di non capirci, salvo poi fare esclamazioni in “dialetto Gallurese” che ci lasciavano un po di stucco.
    Stesso atteggiamento l’ho vissuto ad Ajaccio, dove anche in questo caso in molti fingevano di non capirci e poi, magari per cause non previste, (una signora caduta dalle scale nella casa natale di Napoleone) parlavano in corso, per noi comprensibilissimo.
    Evidentemente c’è in una parte della popolazione una sorta di snobbismo culturale di matrice francese nei nostri confronti (la mafia, Berlusconi ecc..), forse sarebbe ora di far fare delle gite scolastiche ai ragazzi Corsi nelle regioni vicine, far assaggiare i cibi della tradizione, far ascoltare la musica o la poesia in rima, cercare insomma di condividere.
    Così come i sud tirolesi o i ticinesi ancora condividono e scambiano con i loro confinanti le loro esistenze pur facendo, parte di stati diversi.

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