Chi ha capito il discorso di Talamoni? Piccola riflessione sulla corsofonia

Il discorso di giovedì 17 dicembre tenuto da Jean-Guy Talamoni nell’aula dell’Assemblea di Corsica ha suscitato qualche attesa polemica sul continente. Certamente per il suo contenuto. Ma forse ancora di più per la lingua in cui è stato pronunciato. Non in francese, la langue de la République, ma in lingua corsa.

jgtalamoni

C’è chi si è detto sotto choc, chi ha detto “sono un po’ offeso che il presidente di un’assemblea francese parli in una lingua che io non capisco”.

Ma quanti hanno capito? O meglio, chi?

Beh, i Corsi, è chiaro. Senza dubbio la maggioranza dei Corsi. Ma molto probabilmente non tutti. Tanto è vero che online sono apparse versioni francesi del discorso, e non solo per i continentali: anche molti isolani hanno voluto leggere la versione francese per essere certi di comprendere bene tutto il discorso. Del resto, i dati ufficiali dicono che ormai da qualche decennio tutti i Corsi sono francofoni ma non tutti sono corsofoni, un po’ per il numero di persone immigrate da fuori, un po’ per via dei genitori che trasmettono sempre meno il còrso ai figli. In uno dei nostri primi articoli lo scorso aprile Ghjuvanfrancescu Bernardini alla presentazione di un album de I Muvrini diceva: “Je me rends compte que [en Corse] pour se faire comprendre il faut parler français”.

Però c’è qualcun altro che l’ha capito senza bisogno di traduzioni.

Secondo il quotidiano sardo “La Nuova Sardegna” sono i galluresi e i maddalenini, la cui lingua locale è di fatto lingua corsa, o sardo-corsa.

Ma non sono solo i galluresi ad averlo capito, ma tutti gli italiani. Chiunque parli italiano ha potuto comprendere – parola più, parola meno – il discorso in lingua corsa del neoeletto presidente Talamoni.

Non siamo certo noi a dover prendere decisioni sulla lingua corsa, ma partendo da questo fatto vogliamo offrire due nostri piccoli spunti di riflessione sulla corsofonia oggi.

Il primo, è lo stato della corsofonia stessa. Il degrado della situazione linguistica dagli anni ’90 ad oggi è rapidamente avanzato, con appena il 3% di famiglie che trasmettono la lingua ai figli (dati nel 2012). Il còrso è insegnato a scuola dalla materna all’università ma la sua conoscenza tra i giovani arretra sempre di più. L’UNESCO l’ha inserita tra le lingue a rischio di estinzione, e sono nate iniziative come l’app “Compru in Corsu”, che aiuta a trovare commercianti in grado di parlare còrso, cosa che un tempo era la norma. La situazione dunque è grave e in rapido peggioramento; chi volesse intervenire dovrà probabilmente farlo in fretta e in modo potente, perché le politiche che da qualche anno sono state messe in atto non stanno dando frutti, o li danno troppo lentamente.

Il secondo è il potenziale bacino di utenza che il còrso potrebbe avere a disposizione: quello dell’italofonia. Un bacino di oltre 60 milioni di locutori madrelingua, concentrati soprattutto nella vicinissima Penisola italiana e nel sud della Svizzera, in regioni con cui la Corsica ha intensi rapporti turistici e commerciali. L’italiano è inoltre una lingua storica di Corsica, la lingua in cui sono scritti il Dio vi salvi Regina e la “Giustificazione” del 1758 su cui gli eletti Corsi hanno giurato giovedì. Una lingua che ha un’intercomprensione elevatissima con la lingua corsa, come abbiamo visto. Una preziosa risorsa da tenere in considerazione.

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54 thoughts on “Chi ha capito il discorso di Talamoni? Piccola riflessione sulla corsofonia”
  1. Si, ma non possiamo pretendere che gli Italiani imparino il Corso, anche perchè il numero dei parlanti in Corsica è come dice l’articolo in rapida diminuzione, e quindi l’utilità della lingua è marginale. Dovrebbero essere i Corsi a imparare l’italiano e attraverso la sua conoscenza far rifiorire la loro conoscenza del Corso. Ma sino a che la maggioranza dei Corsi si comporteranno riguardo l’Italia e la cultura Italiana (che poi è la loro cultura storica) come gli abitanti di Tahiti (anzi peggio, perché i polinesiani la ignorano, mentre i Corsi la rifiutano) non vedo molte speranze…

    1. Nessuno pretende nulla. Che gli italiani imparino un po’ di còrso sarebbe certamente apprezzato dagli isolani, così come utile per loro sarebbe conoscere l’italiano. Ma in ogni caso si può puntare sull’intercomprensione, come si è fatto per decenni. Riabituare i Corsi a sentire e capire l’italiano standard e gli italiani a sentire la lingua corsa, a non deriderla considerandola un “italiano parlato male” e a impiegarla in conversazioni miste.

      1. Il discorso storico e culturale legato al corso, è il medesimo che hanno anche i dialetti dell’attuale Italia unita. Tutta la popolazione di questa repubblica parla oggi l’italiano in quanto lingua ufficiale sebbene la popolazione meno dotta usi altri idiomi popolari. Fu quindi una imposizione l’uso dell’attuale lingua ufficiale? No, perché da secoli, su consiglio di Dante nel De Volgari Eloquentia, le genti italiche usano la lingua Toscana (il corso è un toscano con qualche U) come lingua culturale e ufficiale. Ecco perché documenti, atti, romanzi, poesie, cognomi sono comprensibili da Nord a Sud ecco perché la prima costituzione moderna scritta fu scritta in italiano dalla Repubblica Corsa. I corsi parleranno corso fra di loro, ma un tempo usavano la lingua ufficiale dell’area culturale alla quale appartengono: desumibile ancora oggi dai cognomi che possiedono.
        Napoleone infatti francesizzò un Buonaparte in Bonaparte e una volta salito al potere tradì l’aspirazione di molti suoi corregionali all’indipendenza della Corsica.

      2. Il fatto è che le due lingue sono cosi’ simili, che paradossalmente per un Italiano diventa difficile imparare a parlare bene il Corso. Io comunque qualche anno fa mi sono letto una bellissima antologia di autori corsi per la scuola senza alcun problema, e sono convinto che se mi trasferissi in Corsica (sogno della mia vita :-)) nel giro di qualche mese potrei imparare la lingua passabilmente.

        1. Come dice più di un insegnante: il primo concetto da sapere per insegnare una lingua è non bloccare i locutori. Meglio parlare con qualche errore o qualche italianismo/corsismo che non parlare affatto. Per anni gli italiani hanno parlato in italiano e i corsi risposto in corso, adattando più o meno la propria lingua all’altro. Oggi si sentono gli italiani tentare di parlare francese o inglese, senza nemmeno sapere che un altro sistema di comunicazione è possibile, e potrebbe dare un senso nuovo alla conoscenza e alla diffusione del corso.

          1. Si, anch’io conosco Italiani che dicono Agiacsio’ o Bastia’, ma li’ si tratta sopratutto di ignoranza e di provincialismo, due difetti dove non siamo secondi a nessuno. Io quando sono in Corsica saluto in Corso e poi parlo in Italiano, ma devo dire che ultimamente ottenere risposte in Corso diventa sempre piu’ difficile, sopratutto con i giovani e le donne…

      3. P.S. Chi deride il Corso – Italiano o no – è un idiota, punto. Mi ricordano quelli che correggono “Matriciana” in Amatriciana, dicendo che la prima forma è “sbagliata”, non sapendo che l’aferesi è una particolarità del romanesco

  2. D’accordissimo con Corsicaoggi…..non serve “imporre” l’italiano in corsica, perchè il corso è più italiano del romanesco o del napoletano o del pugliese, per non parlare dei dialetti del nord!! basterebbe inserire nella vita corsa l’taliano scritto come lingua di riferimento, nei giornali, in tv, negli atti pubblici. Un po’ come fanno gli altoatesini di lingua germanica, il cui dialetto è diverso dal tedesco ufficiale ma che sono stati bene attenti a difendere il tedesco come lingua coufficiale. Ho l’impressione – essendo stato in corsica l’anno scorso, ho molto ascoltato la gente e pure parlato con molti corsi sempre in italiano – che il còrso non venga trasmesso alle giovani generazioni perchè considerato di basso livello nella vita sociale, un dialetto da dimenticare perchè poco alla moda…..e invece, con l’italiano dietro, questo razzismo linguistico cesserebbe…
    Corsica libera, corsica nazione.

  3. Dimenticavo….ho ascoltato (e capito) il discorso di Talamoni, cui va un profondo ringraziamento. Purchè in còrso non sia solo il discorso inaugurale….

  4. Sostanzialmente sono d’accordo con quanto espresso dalla rivista nell’articolo.Ho già precedentemente riferito il mio pensiero sulla problematica linguistica in Corsica .Ritengo che sforzi debbano essere compiuti da tutte le parti superando vecchi e anacronistici pregiudizi,come chi si sente offeso se ascolta un discorso in corso! Il futuro migliore forse potrebbe essere più semplice di quanto crediamo,in relazione a questa problematica,bisognerebbe avere il coraggio di compiere scelte un poco coraggiose,meno miopi,senza pregiudizi.In questo senso vedo profetica la scelta di questa redazione di voler ricominciare da dove eravamo rimasti,ma solo per non dimenticare ciò che siamo stati,per divenire migliori.Auguri di prosperità rinnovata alla Corsica! Ariivederci !

      1. ho postato un video sui rapporti tra italiano e còrso per due volte….vabbè non fa niente, penso che un motivo ci deve essere. Corsica libera.

        1. Hai postato un video nei commenti e il commento non appare? Nessuna censura, il sistema richiede moderazione per i commenti che contengono link ma non sempre le notifiche ci arrivano, lasciando così i commenti in attesa. Ci scusiamo e verifichiamo subito.

          1. Eccolo pubblicato, chiediamo ancora scusa per il ritardo, assolutamente involontario.

  5. Da molisano ho capito il 99,99 % del discorso fatto dal presidente. Sarebbe auspicabile uniformare soprattutto la scrittura alle regole dell’italiano, in fin dei conti cambiano veramente pochissime parole che sono comunque presenti nella maggioranza dei dialetti centromeridionali. Consiglierei a tutti i giovani corsi di fare delle vacanze o un erasmus in Italia, in modo da imparare a pronunciare un pò meglio la propria lingua. Sarebbe auspicabile anche che in qualche università di lingue italiana facessero dei corsi in corso in modo da formare persone adatte ad insegnarlo in Corsica senza quella bruttissima cadenza francese. Felicissimo per il risultato che avete ottenuto. A testa alta sempre, fino all’indipendenza!!

    1. Grazie Lucio per il tuo commento. Il punto dell’ortografia che citi è importante e significativo. L’attuale scrittura del corso è stata elaborata nei primi anni ’70 dai linguisti Marchetti e Geronimi (https://books.google.it/books?id=1cWcxCLjtI0C&pg=PA1216&lpg=PA1216&dq=marchetti-geronimi+1971&source=bl&ots=TbBtihM80f&sig=w4OztiOgwusxJTQR4nBKZUC0qN0&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjIoLToq-_JAhWB1iwKHeWIAq0Q6AEIKDAC#v=onepage&q=marchetti-geronimi%201971&f=false ) che, in rottura con la tradizione precedente introdussero dei cambiamenti. Il più famoso è l’utilizzo di “è” come congiunzione (prima era “e” come in italiano) e di “hè” al posto di “è”. Il risultato è che “pane e latte” dopo il 1971 si scrive “pane è latte”, cosa che crea confusione nel lettore italiano. Pascal Marchetti a partire dal 1983 ne “La Corsophonie” e poi nella prefazione del suo dizionario “L’usu corsu” ha rinnegato queste scelte, specificando che erano state fatte all’epoca per “motivi che linguistici non erano”. Ma oggigiorno questa grafia è quella usata e accettata da tutti, e tornare indietro è molto difficile. Anche perché nessuno pensa al corso come strumento per comunicare con gli italiani, e nessuno pensa alla lingua italiana come una lingua che possa stare accanto al corso senza sostituirlo ma magari fornendo spunti per neologismi che altrimenti vengono mutuati dal francese

  6. In conclusione, quale sarebbe la soluzione per lottare contro il “degrado della situazione linguistica” del corso? Rivendicare l’ufficialità della lingua italiana in Corsica?
    Dal punto di vista culturale e economico i vantaggi di intensificare le relazioni tra Corsica e Italia sono molti. Ma quale sarebbe il vantaggio per le LINGUE locali? Oggi i Sardi, i Piemontesi, i Genovesi, i Ferraresi … parlano sempre meglio la (bella) lingua italiana, ma sempre meno la LORO lingua…

    1. L’unico modo,l’unica maniera è l’insegnamento costante e continuo della lingua a partire dalle scuole primarie; il futuro di tutte le lingue “minorizzate” (ma non “minoritarie”)sono i bambini.Quello che impariamo da piccoli non si dimentica mai.Questo è un particolare ben noto ai governi nazionali, che ne ostacolano la diffusione, considerandole una minaccia, piuttosto che un’arricchimento culturale.Per quanto riguarda:”…..rivendicare l’ufficialità della lingua italiana in Corsica per lottare contro il degrado della lingua locale….”, credo sarebbe percepito dalla popolazione come una provocazione e che l’articolo non intendesse dire questo.I Corsi vogliono essere tali e parlare “Corso” che ha si radici nella lingua italiana (ma italiano non è) , punti di contatto nella parlata Genovese,Toscana,nella lingua Sarda (variante Gallurese),in parole francesi “Corsizzate” ma che oggi si è evoluta in qualcosa di nuovo con una sua specifica e ben definita identità.Non dimentichiamolo.

      1. Assolutamente, l’articolo non propone l’ufficialità dell’italiano in Corsica, che oggi non avrebbe senso e non troverebbe assolutamente il consenso della popolazione, che invece vuole fortemente (dati del 2012) una società bilingue corso-francese. L’articolo propone uno spunto di riflessione su come (ri)creare questa società bilingue, che oggi sta sparendo. Lo stato non vieta l’apprendimento a scuola, il corso è insegnato dalla materna al liceo (oltre che all’università, dove Jean Chiorboli è professore) ma le classi bilingui sono a continuo rischio chiusura per mancanza di alunni, ne abbiamo parlato in diversi articoli di cronaca. E in famiglia pochi trasmettono il corso ai figli. Allora, nessuno ha pozioni magiche, ma suggeriamo di tenere presente che la vicinanza linguistica all’italiano e la sua appartenenza alla storia della Corsica vadano tenute in considerazione come una risorsa, e non come una minaccia.

        1. Su questo siamo perfettamente in sintonia.Ma mi chiedo: 1)quante ore settimanali lo stato concede per l’insegnamento del Corso nelle scuole? 2)se la società Corsa vuole il bilinguismo perché le classi bilingui sono a rischio (forse la frequenza è facoltativa? 3)perché la gente comune percepisce la lingua corsa come poco utile?,è un problema culturale (abitudine,convenzione sociale etc.)o pratico (per come è stata organizzata la società non ci sono margini di utilizzo)4)sono convinto che l’italiano aiuterebbe di sicuro la lingua Corsa al recupero di molti vocaboli ora scomparsi ,ampliando la capacità espositiva,ma ci vuole molto equilibrio (equilibrio non vuol dire che l’italiano sia una minaccia) l’obbiettivo finale e far parlare ai Corsi la loro lingua.Dico questo perché in Sardegna abbiamo lo stesso problema con l’utilizzo del sardo ,ma sopratutto in città.

          1. Non è semplice rispondere a queste domande. L’insegnamento non è obbligatorio. Ma il discorso è: se anche lo fosse, i bambini e i ragazzi dovrebbero poi decidere di parlare corso tra loro. Cosa che i loro genitori in larga parte non fanno. In tutto il mondo si studia l’inglese, ma tra loro gli studenti della stessa classe parlano il francese, o l’italiano, o la propria lingua. Usano l’inglese quando occorre. E in questo caso il corso non “occorre”, il problema è proprio questo. Paradossalmente il corso servirebbe di più a comunicare con gli italiani che con gli altri corsi. Poi sul fatto che le persone dichiarino di volere il bilinguismo ma poi non trasmettano la lingua ai figli, c’è certo una contraddizione. Ma è comprensibile. Chi dichiarerebbe di non voler conservare le proprie radici? Altra cosa è farlo concretamente, soprattutto quando questa lingua delle radici non la si conosce bene e non la si può usare in tutti gli ambiti della vita perché manca il vocabolario. Tra gli esercizi commerciali elencati su Compruincorsu.com ci sono farmacie e dentisti. In teoria è possibile andare da loro e parlare corso. Ma queste persone hanno studiato farmacia o odontoiatria in francese, i termini medici sono in francese, così come i nomi dei farmaci e dei principi attivi. La conversazione quindi sarà al massimo mista corso-francese, e nel 99% dei casi questo vuol dire che nel giro di due frasi si passa direttamente al francese, che è più comodo.

          2. Posto che ho qualche dubbio anche sulla coufficialità delle lingue (se una delle due e nettamente in svantaggio). Dovremmo allora chiederci come hanno fatto a farci dimenticare una lingua (sardo/corso)che prima era parlata da tutti.
            La risposta è:……Obligandoci,Abituandoci,Convincendoci.
            Quindi così come ci hanno obligato/abituato/convinto a ripudiare le nostre origini,oggi noi dobbiamo “obligarci” a riacquistarle.Serve comunque un inizio (anche forzato).Un esempio:nei paesi baschi durante il regime franchista era proibito parlare/scrivere la lingua,il franchismo è durato quasi 50 anni,il basco oggi dovrebbe essere scomparso,e in effetti era quasi scomparso.Ma con la sua reintroduzione nel sistema educativo scolastico e a tutti i livelli della vita sociale,si è arrivati oggi,a parlarlo nel 90%del paese.Altro esempio:Israele.Con la proclamazione di questo stato, dopo la seconda guerra mondiale e il conseguente flusso di profughi da tutto il mondo (che in comune avevano solo la religione),fu necessario trovare il modo di comunicare,in quella babele di lingue.L’ebraico fu insegnato da zero a tutti,i libri,le leggi,etc.tradotti.
            Alla fine oggi in Israele tutti parlano,scrivono,pensano in ebraico.Quindi tutto e possibile se esiste ,un progetto,la volontà e tanta pazienza.Bellasicura

          3. L’ebraico fu non solo insegnato da zero ma ricreato da zero. La lingua ebraica moderna è sostanzialmente una lingua artificiale che è stata creata partendo dall’ebraico antico, ed è riuscita ad attecchire e a “diventare” una lingua naturale. Un fatto straordinario, più unico che raro. Olivier Durand, linguista che ha scritto “La Lingua Còrsa” (ed. Paideia, 2003) e il bell’articolo http://corsicaoggi.altervista.org/sito/perche-una-lingua-corsa/ conosce bene l’argomento, conoscendo l’ebraico (oltre che l’arabo, il còrso, il francese e l’italiano). E’ come se ci si mettesse a creare un nuovo latino, lo si insegnasse ai figli, ci si scrivessero giornali e nel giro di 20 anni prendesse piede. Però le motivazioni e la situazione politica, economica e religiosa di Israele è completamente diversa dalla Corsica. In Irlanda si è tentato un esperimento simile, ma lì è sostanzialmente fallito. Abbiamo pubblicato oggi un documentario del 1979, il momento in cui erano appena nate le aspirazione di un corso come lingua per parlare di tutto, guardalo, è ben fatto e a suo modo emozionante: https://www.facebook.com/corsicaoggi/posts/785712281540728 Ma oggi, 36 anni dopo, quel processo non solo non si è compiuto, ma la lingua è arretrata ed è a rischio di estinzione. Forse potrebbe essere il caso, senza pregiudizi, di valutare anche (anche) altre strategie.

          4. Il documentario è bellissimo.Non vorrei sbagliarmi ma mi sembra di riconoscere nella ragazza col maglione rosso,Patrizia Gattaceca cantante,artista,poetessa.Mi sembra avessero le idee molto chiare oltre ad un grande motivazione.I tempi erano ben più difficili di quelli odierni.Credo che il segreto sia lavorare sulle motivazioni,rendere “cool” parlare Corso,il che presuppone una strategia di comunicazione ,un “marketing” che la renda attraente.Ho notato comunque che anche all’epoca pensavano al corso come prima lingua da insegnare per poi affiancarle come seconda lingua ,il francese e il tema del monte ore da insegnare era fondamentale.Sono d’accordo tutte le strategie sono valide per salvare la lingua materna. Ci vuole costanza.

          5. All’epoca però tutti padroneggiavano il corso, l’insegnamento era una misura per salvaguardare il futuro. Si diceva “non basta impararlo fuori dalla scuola”. E il corso doveva diventare una lingua parlata non solo in casa, ma usata “per insegnare le materie” e “per parlare di tecnica, di matematica, di qualunque cosa”. Oggi invece il corso si può imparare, se non solo a scuola, quasi. Sta diventando una lingua straniera. Invece di conquistare nuovi dominii d’uso, ha perso quelli che già aveva. Crediamo che si debba calarsi nella realtà, col fatto concreto, come abbiamo cercato di dimostrare e come questo dialogo con te sta facendo emergere. La lingua non è un ideale, è uno strumento di comunicazione prima di tutto, che viene usato nel quotidiano. Dire “bisogna impignassi” è semplice, poi ci si trova a dover impiegare il triplo del tempo per trovare le giuste parole, e magari non subito l’interlocutore ci capisce. Ora, fare questo quando si sa bene che l’altro parla francese e in pochi secondi si potrebbe comunicare efficacemente, richiede un’altissima motivazione e molta costanza, come dici. Ma il tempo è poco, il degrado della situazione linguistica con i nuovi media è stato accelerato, e le strategie individuali e collettive che si volessero mettere in atto, dovranno essere rapide e potenti.

          6. Faccio una domanda di cui non so la risposta: come mai il Corso ha questi problemi, mentre gli svizzeri tedeschi sono cosi’ superbamente attaccati ai loro dialetti? Anche in svizzera la lingua di studio è il tedesco, ma ogni tipo di conversazione, anche quelle di tipo tecnico scientifico, hanno luogo in dialetto.

      2. Caro Ghjuvanluca, d’accordo con te a 99% per la parte “glottopolitica”, 1% di lieve dissenso circa la storia della lingua corsa.

        (1) Necessità di un “insegnamento costante e continuo della lingua a partire dalle scuole primarie”. Dunque insegnamento obbligatorio del corso (secondo me per i primi 6 anni, dopo potrebbe essere facoltativo). Ma secondo lo Stato solo l’insegnamento del francese può essere obbligatorio.
        Banfi (1993) ne “la formazione dell’Europa linguistica” divide le lingue d’Europa in 3 gruppi. Il corso sarebbe “lingua NON (ANCORA) STATUTARIA”, a metà strada tra “lingue sparite” e “lingue statutarie”. La condizione per accedere allo statuto di lingua STATUTARIA è una sola secondo Banfi: “lingue statutarie (cioè quelle il cui uso è stabilito da uno statuto riconosciuto dalla comunità in cui sono inserite, in modo da dover essere INSEGNATE OBBLIGATORIAMENTE almeno nelle scuole elementari, e che quindi sono sottoposte a forti necessità di standardizzazione)”.

        (2) “rivendicare l’ufficialità della lingua italiana in Corsica per lottare contro il degrado della lingua locale…. credo sarebbe percepito dalla popolazione come una PROVOCAZIONE”. Simile “provocazione” si può trovare in certe “grammatiche” del corso. Circa l’accenno nell’articolo (“Chi ha capito il discorso di Talamoni”) al “bacino di oltre 60 milioni di locutori madrelingua” cito me stesso: “la définition du corse comme un variété «bâtarde» enfantée par le toscan (et non dérivée du latin) a comme corollaire le mépris à l’égard de ceux qui manifestent un intérêt «ridicule» pour une LANGUE «MICRO-RÉGIONALE» DONT «PERSONNE N’A RÉELLEMENT BESOIN». Selon l’auteur cité (Durand, et d’autres avant lui ) la bonne solution consisterait au contraire à se tourner vers l’italien, langue dont le poids culturel et politique en Europe est autrement important”.

        (3) “I Corsi vogliono essere tali e parlare “Corso” che ha si radici nella lingua italiana (ma italiano non è) , punti di contatto nella parlata Genovese,Toscana,nella lingua Sarda (variante Gallurese), in parole francesi “Corsizzate” ma che oggi si è evoluta in qualcosa di nuovo con una sua SPECIFICA E BEN DEFINITA IDENTITÀ”. Come osserva Alinei “le parlate corse … pur partendo da un fondo comune a quelle tosco-liguri, avrebbero avuto sei millenni di tempo per acquistare CARATTERI PROPRI… il fenomeno linguistico è molto più antico di quanto si sia pensato finora… i nostri dialetti sono molto più le vestigia di sviluppi preistorici che non medievali” (Alinei). Dunque come dice Ghjuvanluca il corso ha “radici nella lingua italiana”, MA NON SOLO. Cito ancora Alinei “Non è assolutamente posssibile -senza cadere nel ridicolo- spiegare con l’influenza tardomedievale pisana la frammentazione dialettale corsa… Il quadro preistorico è l’unico ammissibile”. Si può parlare di “lingua italiana” nella preistoria?

        1. Un saluto Jean.

          Replica punto 1)
          _”…..Ma secondo lo Stato solo l’insegnamento del francese può essere obbligatorio.”
          Dunque le soluzioni sono frenate dalle leggi dello stato(l’efficacia dell’insegnamento viene volutamente depotenziata): il problema è politico!

          _”….secondo me per i primi 6 anni, dopo potrebbe essere facoltativo…”.La situazione di emergenza impone interventi rapidi e potenti ,sono convinto che al momento per almeno 30 anni l’insegnamento della lingua debba essere obbligatorio.In Francia,in Italia le rispettive lingue non sono facoltative,ma abbracciano tutto l’arco della formazione scolastica di un cittadino.Ne sono il fondamento.Dunque i Corsi ,come i Sardi devono decidere che tipo di cittadini vogliono essere ,virtuali o reali.
          Occorre coinvolgerli,responsabilizzarli .
          Non è più tempo di fare accademia il tempo stringe.

          ribadisco su punto 2) Il Corso come il Sardo sono oggi quello che sono.
          Anno attraversato i secoli,subendo influenze variegate,superando leggi e divieti che ne volevano la morte.Ma sono ancora qui e questo per la loro “capacità di adattamento” e chiaro che non saranno mai più quelle delle origini.Oggi sono in pericolo ma non sono morte e in continua trasformazione.
          Allora smettere di cercare la purezza delle origini e concentrarsi invece su come rendere le nostre lingue accessibili,utili e popolari.

        2. “insegnamento obbligatorio del corso (secondo me per i primi 6 anni, dopo potrebbe essere facoltativo)”. Caro Giovanluca, io intendevo i primi 6 anni di scuola per ogni scolaro, cioè insegnamento obbligatorio dalla scuola elementare fino alle medie (poi al liceo potrebbe essere facoltativo). Dunque Insegnamento OBBLIGATORIO della lingua corsa in Corsica per gli scolari mettiamo da 6 a 12 anni, poichè solo l’insegnamento precoce e sistematico nei primi anni scolastici dà risultati soddisfacente (lo scopo è di produrre dei CORSOFONI, ciò che la scuola per ora non riesce a fare.
          Certo non avrebbe senso interrompere il dispositivo fra 6 anni, mettiamo nel 2022!!!

          1. Buon Natale Jean.
            Ma siamo sicuri che poi, al liceo in un’età delicata e di profondi cambiamenti ,come quella adolescenziale,con il passaggio all’insegnamento facoltativo,non vanifichi tutto il lavoro svolto in precedenza, facendo crollare il numero di studenti che scelgono la lingua Corsa,piuttosto che il cinese o l’inglese??
            Mi piacerebbe essere ottimista e concordare con te,mi scuso per la mia testardagine ,ma lo stato di salute delle nostre lingue e tale da non ammettere cali di tensione. Paxi e Saludi (Pace e salute)

          2. Ripeto la definizione già citata: “lingue statutarie (cioè quelle il cui uso è stabilito da uno statuto riconosciuto dalla comunità in cui sono inserite, in modo da dover essere insegnate obbligatoriamente ALMENO nelle scuole elementari” (Emanuele Banfi).
            Caro Ghjuvanluca, la sua mi sembra più pignoleria che “testardaggine” come dice lei. Ho detto “poi al liceo POTREBBE essere facoltativo”, e non “DOVREBBE”. E tra sei anni la misura POTREBBE essere estesa al liceo (e oltre?). Ovviamente la lotta DOVRÀ essere continua, perché gli Stati non fanno nessun regalo spontaneamente alle minoranze.
            Qui si tratta dunque di strategia: piuttosto che il “TOUT OU RIEN” è forse meglio un calendario di misure parziali progressive (nonché progressiste) che niente. Esattamente come si può considerare che la (eventuale) autonomia sia una tappa verso l’indipendenza. Se si decidesse di fare tra 6 mesi un referendum sull’indipendenza della Corsica il risultato sarebbe negativo. Ma tra 6 anni chi lo sa?
            Per “testardaggine” o per “estremismo” (anti democratico) si può avere come solo slogan “RIVOLUZIONE SUBITO, O NIENTE”. Ma come recita il detto francese “LES CONSEILLEURS NE SONT PAS LES PAYEURS”, e chissà se il rimedio non sarebbe peggiore del male, e se la miglior soluzione sia il fondamentalismo piuttosto che il riformismo.
            Si è prodotta in Corsica una rivoluzione democratica, un vero e proprio terremoto inimmaginibile solo 6 mesi fa. La situazione è comunque grave poichè si è perso molto tempo, ed è forse già troppo tardi. Ma un proverbio corso dice: “Per istrada s’acconcia a somma”, e un motto internazionale “finché c’è vita c’è speranza.
            BON NATALE, PACE & SALUTE (alcuni corregono: SALUTE PER TUTTI, PACE PER CHÌ A VOLE).

          3. Certo che a “pignoleria”anche lei si difende bene (lo dico con simpatia),ma preferisco discutere con chi non è d’accordo con me,piuttosto che con chi lo è sempre.Toglierebbe interesse alla conversazione.
            A scanso di equivoci,non sono ne un fondamentalista ne tantomeno un estremista….siamo decisamente fuori strada.Sono definizioni in cui non mi riconosco.Mi spiace che abbia dato quest’impressione.Ritengo di essere una persona realista ma mai antidemocratica e ho espresso “democraticamente” un parere,basandomi sui fatti descritti nell’articolo e nelle precedenti conversazioni.Vorrei comunque ricordare che in Sardegna abbiamo L’autonomia dal 1948 , che è stata ,si è vero, una tappa importante,ma che non si è tradotta in 67 anni in qualcosa di più di una parola,non si è evoluta,e oggi è totalmente inadeguata(quasi simbolica).Non abbiamo una continuità territoriale,non abbiamo trasporti interni adeguati,non parliamo la nostra lingua,gli edifici scolastici chiudono o cadono a pezzi,lo stato chiude le sue rappresentanze,paghiamo il prezzo dell’energia più alto in Europa,abbiamo ripreso ad emigrare,e moriamo di fame.
            Forse quella non era una tappa e la strategia era sbagliata.
            A volte accontentarsi può comunque non portare niente.
            La saluto e buone feste

          4. Una domanda per voi, professor Chiorboli. Ammettendo di avere domani l’insegnamento obbligatorio del corso dalla scuola materna al liceo (assolutamente auspicabile) secondo voi questo spingerà automaticamente quei giovani a parlare corso tra loro invece del francese? O avete in mente altre strategie per favorire l’utilizzo della lingua corsa una volta imparata? Altrimenti si rischia di studiarla come il latino, una lingua di grande valore nel passato, storica, affascinante, ma morta.

    2. Se l’autore del commento è il professor Jean Chiorboli dell’Università di Corte, ne siamo onorati, perché impegno ed energie ha dedicato e dedica alla lingua corsa. Chiaramente conosce perfettamente sia la storia di Corsica che la situazione attuale della lingua locale. Premesso che una soluzione con garanzia di successo al 100% non esiste, si possono fare proposte. Nell’articolo certo NON si propone l’ufficialità della lingua italiana in Corsica, che aveva un senso nel 1755, nel 1859, probabilmente per tutto l’800, ma non nel 2015. Oggi la lingua in cui i Corsi riconoscono la propria identità è il corso, nelle sue varianti. Da decenni si sta lavorando per renderlo una lingua in grado di essere utilizzata in tutti gli ambiti, compresi quelli ufficiali e amministrativi, e grandi passi sono stati fatti. Ma il corso è una lingua di cui il cittadino corso non ha “bisogno”, nel senso che può benissimo utilizzare il francese, la lingua nazionale, la lingua dello stato, dei media, della scuola. Il cambiamento della società ha fatto in modo che l’ambito familiare, in cui il corso fino a 20/30 anni fa era ancora diffusissimo, arretrasse. Questo avviene anche in alcune parti d’Italia, ma in molte altre no. Ora, non potendo per motivi di legge mettere in atto politiche di bilinguismo sbilanciato a favore del corso, il fatto di impararlo, utilizzarlo e trasmetterlo ai figli sta solo alla scelta individuale. Ed è una scelta che costa fatica, la fatica quotidiana di usare una lingua che gran parte della popolazione non padroneggia perfettamente, che ancora manca di vocaboli per esprimere determinati concetti, una lingua diversa da quella dell’ambiente circostante. Servono motivazioni. E a quanto pare la motivazione dell’identità non è più sufficiente. Quindi ci chiediamo perché ignorare il fatto che la conoscenza del corso può aprire le porte a un’intercomprensione fortissima con un bacino di 60 milioni di locutori, geograficamente e culturalmente vicini, che hanno già rapporti economici e turistici con l’isola. Non occorre per forza imparare l’italiano, ma si potrebbero creare percorsi e occasioni per abituare Corsi e Italiani a utilizzare le due lingua per comunicare in modo misto, come si è sempre fatto spontaneamente fino a pochi anni fa. Se poi un corsofono volesse imparare l’italiano, si troverà facilitato, ma questo è un altro discorso.

      Nessuno vuole sostituire l’italiano al corso, e questo dev’essere chiaro.

      1. Grazie per la risposta. E grazie per la contribuzione al dibattito. Niente da obiettare oltre la mia risposta a GHJUVANLUCA, senonchè certe parole possono essere fraintese: non c’è “BISOGNO” del corso come non c’è bisogno della musica (o di altre amterie non insegante OBBLIGATORIAMENTE nelle scuole).

        “Nessuno vuole sostituire l’italiano al corso, e questo dev’essere chiaro”. Ecco una dichiarazione non ambigua. Si nota però che certi autori (es. Pascal Marchetti) ritengono che sia uno sbaglio rivendicare in Corsica un BILINGUISMO FRANCESE-CORSO (votato da una precedente assemblea di Corsica e bocciato dallo Stato Francese) e propongono invece la soluzione di un bilinguismo FRANCESE-ITALIANO nell’isola (che sarebbe più “equilibrato” visto il “peso” rispettivo delle lingue in presenza).

        Ancora grazie per l’impegno non di parte come succede spesso, ma aperto alla discussione ponderata.
        Saluti dalla Corsica.
        Jean Chiorboli, Prof. Università di Corsica, https://www.facebook.com/groups/CorsicaScrivi/

        1. Certamente ci sono intellettuali che hanno proposto e propongono un bilinguismo italiano-francese (come per esempio vige in Valle d’Aosta, e non con il francoprovenzale, peraltro oggi poco parlato nella regione) o un trilinguismo corso-italiano-francese. Tutte le proposte sono legittime. E sono comunque proposte che richiedono un intervento politico, e i nostri intenti politici non sono. Intervento politico tra l’altro attualmente ostacolato dalla Costituzione francese che non prevede bilinguismo istituzionali ufficiali. Dal canto nostro osserviamo che i Corsi oggi non si identificano nella lingua italiana, la lingua dell’identità è il corso, per cui un’ufficialità dell’italiano sarebbe certamente percepita come un’imposizione poco comprensibile. Però, come abbiamo scritto, questo non vuol dire che l’italiano non possa tornare a giocare un ruolo accanto al corso e al francese, senza necessariamente bisogno di statuti di ufficialità. Il contatto con l’italiano standard, ma anche con le lingue regionali (o dialetti, senza che nessuno si offenda) italiane può secondo noi essere benefico per lo stato di salute e per la diffusione del corso. Sul discorso del “bisogno” di una lingua, viviamo in una società dove il tempo non basta mai, e dove – purtroppo – si è diffusa sempre di più una modo di pensare che favorisce l’apprendimento di “ciò che è utile”. Si può chiaramente non essere d’accordo con questo approccio, ma difficile negare che sia largamente diffuso nelle società occidentali, Corsica compresa. C’è la lingua inglese che ha ormai assunto un ruolo di lingua “irrinunciabile” che solo 20 anni fa non aveva, e tempo e risorse vengono dedicate al suo apprendimento. Certo, si potrebbe auspicare (come già si faceva negli anni ’70) l’insegnamento obbligatorio del corso, e ciò sarebbe d’aiuto. Ma bisogna poi vedere dove gli studenti lo utilizzerebbero, fuori da scuola. E una volta cresciuti. In sostanza, quello che secondo noi andrebbe fatto, è pensare a nuove strategie, da affiancare a quelle già in atto da tempo, che diano una spinta potente al ruolo del corso. Paradossalmente il corso, oltre a essere la lingua dei padri e dei nonni, e della propria terra, è uno strumento che risulta più “utile” per comunicare con gli italiani che non con altri Corsi. Questo secondo noi è un dato che potrebbe essere tramutato in un vantaggio e in una leva per la diffusione della lingua corsa.

          1. Si, ma quanti corsi sono veramente interessati a comunicare con noi? Spesso vado a leggere i post su “a piazzetta”, che dovrebbe essere un sito in lingua corsa, dedicato quindi ai corsofoni. In alcuni mesi ho notato due cose:
            1) La maggior parte dei commenti sono in Francese, cosa che spiega più’ di mille parole lo stato del Corso;
            2) Se qualche Italiano ogni tanto scrive dei commenti in Italiano, questi vengono semplicemente ignorati. La mia impressione è che – con alcune eccezioni – ci sia molto più interesse da parte degli Italiani verso i corsi e la Corsica che viceversa.

          2. Quanto dici in generale è vero. C’è molta poca conoscenza reciproca. Questo sito nasce proprio per favorire la conoscenza della Cortsica (e del corso e dei Corsi) da parte degli Italiani, e di questi ultimi (dell’italiano e delle lingue regionali della penisola) da parte dei Corsi. Un dato di fatto è che la lingua corsa già oggi viene usata molto dagli italiani: i pannelli bilingui presenti in alcuni luoghi turistici vengono letti dagli Italiani in corso, e dai Corsi in francese! Perché tutti i Corsi conoscono il francese, mentre gli Italiani mediamente no, mentre trovano facilmente comprensibile la lingua corsa, anche senza capire bene che cosa sia. Noi ci chiediamo se sia saggio lasciar cadere questa opportunità mentre la lingua nustrale scompare giorno dopo giorno. Si tratta di un’opportunità in più, di un ambito d’uso in più, che nulla toglie a qualunque altro impiego della lingua corsa si voglia immaginare.

      2. Mi accorgo che ho scritto “*amterie” (materie), “*insegante” (insegnate)… Non c’è modo si correggere sbagli direttamente nel commento come su Facebook? ERRARE HUMANUM EST!

        1. Dovrebbe esserci un pulsante per modificare un commento, ma in ogni caso grazie dell’integrazione, il messaggio era comunque comprensibilissimo nonostante gli errori di battitura, che a tutti capitano.

    3. se posso dare il mio aviso personale i veri problemi quando si paragona la lingua corsa con le altre lingue “nazionali” sono parecchi li conosciamo tutti l assenza di istituzioni per la promozione della lingua dei dizzionari che purtroppo per preservare la polinomia della nostra lingua danno una lista troppa lungha di traduzione possibili e una buona cosa per tutti quelli chi hanno il corso come lingua materna ma per uno che vuole imparare la sua lingua e un ostacolo importante il corso per soppravivere primo o poi dovra essere standartizzato ma per arrivare a un tale risultato ci vole a mettersi d accordo non dico che dovremmo parlare tutti esatamente la stessa lingua ma una varietà corsa unitaria sarebbe un bene per tutti per cio che riguarda l italiano secondo me offre una fonte di neologismi importanti il quale corso ha bisogno allora non dico che dovremmo creare una lingua che sia mezza corsa mezza italiana ma mi scandalizza meno fare uso di una parola italiana quando la parola corso non esiste che di una parola francese corsisata

      1. Grazie per il tuo commento, Eiu, avvisi e opinioni personali sono sempre bene accetti! E’ bello discutere e dibattere. E’ vero che manca oggi uno standard, perché negli anni ’70, non riuscendo a mettersi d’accordo (qualcuno accusava i bastiesi di voler imporre a tutta l’isola la lingua suprana) si è optato per la polinomia, ma questo presenta dei limiti. Vera anche la questione dei neologismi: l’italiano può essere una fonte importante, e morfologicamente è più simile al corso rispetto al francese. Ma la domanda di fondo è: quando usare questa lingua corsa standard? Per quali scopi? Per parlare con altri Corsi, che però sono anche tutti francofoni? Sappiamo bene che basta che in una conversazione qualcuno dica mezza parola in francese e subito si tende a passare a quella lingua. Secondo noi, oltre che ricominciare a parlare il corso tra corsi, si può pensare di parlarlo con gli italiani che di solito il francese non lo sanno. E quindi nell’isola parlano italiano o inglese. Cosa è più conveniente per la lingua corsa?

        1. che la storia del accusa per imporre il bastiacciu sia vera o meno questo non lo so ma credo che 40 anni dopo ne vediamo i risultati a forza di dibattiti la lingua si ne muore non per mancanza di mezzi di volontà o d interesse popolare ma perché pare che nessuno sia pronto a fare delle scelte che sono difficili quante necessarie il vantaggio principale di questa lingua corsa unitaria sarebbe propio quello fare delle scelte senza sostituire ne il supranacciu ne il suttanacciu una varietà che non sarebbe di nessun corso in particolare ma di tutti allo stesso tempo un ponte tra tutte le varietà anche un punto di riferimento più chiaro per chi vuole imparare il corso e chi sfortunamente non conosce un corsofono in grado di farlo dopo il ruolo di questa lingua dovrà essere deciso insieme di maniera serena

          1. Il problema è che il corso nasce come lingua scritta e letteraria nei primi del 1900, e la lotta per farne una lingua adatta a tutti gli usi risale appunto a 40 anni fa. E’ dunque una lingua molto giovane, che non è mai stata ufficiale e manca completamente di vocabolario tecnico-scientifico, economico, giuridico, ecc. Per fare un esempio: posso cercare un medico su Compru in Corsu, ma quel medico ha studiato Medicina in francese, quando dovrà dirmi il nome di una malattia o di un farmaco lo farà in francese, perché non esiste terminologia medica in corso. E questo significa che nel giro di poche frasi si passerà al francese.

            Bisogna trovare un ruolo alla lingua corsa, un ruolo che sia réaliste e che possa essere attuato in poco tempo. Ci vuole senso dell’identità ma anche concretezza e realismo. Mentre si discute e si decide, noi troviamo molto interessante la proposta di iniziare ad usarlo nel campo del turismo di qualità per comunicare con turisti italiani (selezionati e consapevoli di cos’è il corsu e cosa rappresenta). Altri ambiti d’uso potranno seguire, ognuno è incoraggiato a parlarlo in casa e fuori di casa, ma il tempo ormai è poco e occorre trovare modi innovativi che diano nuovo spazio e significato all’uso della lingua corsa.

  7. Mi permetto di dissentire dal sig. Chiorboli. Se si prende in esame la situazione dell’Italia meridionale in particolare, si vede che la diglossia italiano-lingua locale è generalizzata. Non altrettanto nelle isole linguistiche greche ed albanesi (in puglia ed in calabria), le cui lingue locali (pressate dall’italiano e dai dialetti italiani limitrofi) hanno fatto o stanno facendo la fine che farà il còrso senza la “copertura” dell’italiano. So che parlare di italiano lingua ufficiale stuzzica molti nervi in corsica, ma – da italiano che ama la corsica ed i còrsi – penso che non vi sia alcun intento di sopraffazione in tale proposta ma al contrario la speranza di salvare proprio il còrso che se no “smariscerà”….

  8. Buongiorno a tutti e grazie ancora, complimenti per
    la vostra iniziativa che crea finalmente un ponte di informazioni e
    condivisioni reciproche tra Italia e Corsica. Detto questo auspico anche che
    questa pagina sia fonte di maggiore conoscenza reciproca tra noi. Come molti italiani sto seguendo con attenzione e simpatia il vostro progetto “Corsica Oggi”, compresa la pagina Facebook. Ho anch’io la sensazione però che l’interesse e la partecipazione così evidente negli italiani non sia reciproco. Almeno nei grandi numeri. Trovo che i molti italiani che commentano gli articoli ed i post siano sinceramente coinvolti. Siano interessati ad approfondire e dire la loro. Cosa che reputo decisamente preziosa, visti i bassi livelli di partecipazione ad altri argomenti seri che invece non trovano gli stessi livelli di coinvolgimento da parte delle persone. Io stesso mi chiedo cosa mi spinge a seguire i fatti della Corsica da tanti anni, e una volta scoperta la vostra pagina, a seguirvi e partecipare alle discussioni. Trovo però che lo stesso interesse ad una reciproca conoscenza e partecipazione alle varie ed interessanti discussioni da parte dei còrsi sia bassissimo, per non dire peggio. La stessa indifferenza alla conoscenza e compartecipazione tra Italia e Corsica l’ho registrata personalmente, e condivisa spesso con altri italiani che come me frequentano la Corsica. Da quando attraverso il lembo da mare tra i nostri due paesi per lo più nei mesi estivi, oramai da più di trent’anni. (io personalmente dal 1982). Negli anni ho notato una deriva, un allontanamento lento ma continuo sia dalle radici còrse che erano evidentissime nei miei primi viaggi, sia dall’Italia. Alcuni aspetti evidenti solo per fare degli esempi: la netta diminuzione, se non l’annientamento dei parlanti in còrso che fino ai primi anni ottanta si incontravano in molti paesi dell’entroterra. La francesizzazione sempre più evidente, anche nelle scelte commerciali, architettoniche e infrastrutturali. E poi, lasciatemelo dire, lo spuntare di quelle mostruosità dei cartelli dalla toponimia doppia. Dove è stato scelto di scrivere le località sia nel loro nome originale (che era già in còrso) affiancato con una traduzione del nome “come lo si pronuncia” (ho scritto in proposito un commento ad un altro articolo). Come se in Italia si inizasse a scrivere accanto a Prato “Praho”, oppure accanto a Milano “Milan”, ecc..Tutto questo ci deve far riflettere. Cosa spinge tanti italiani a “sentire” la Corsica così vicina e da conoscere (più precisamente a riscoprire). Non è certo vero come ho avuto modo di leggere in un articolo scritto non ricordo ad chi, che nelle scuole pubbliche italiane le cartine appese in aula vedevano dove c’è la Corsica un bel pezzo di mare azzurro. Quasi una sorta di rimozione collettiva. Nella mia scuola, anzi nelle mie scuole che ho frequentato, la Corsica era ben presente. Come è ben presente nei nomi delle strade italiane e giardini pubblici in molte città italiane. Sul tema della scelta politica italiana del basso profilo rispetto alla Corsica si dovrebbe dedicare una riflessione a parte. Tornado al perchè di tanta partecipazione e interesse da parte degli italiani, è certo NON si tratti del famoso quanto mai stantio e usurato tema dell’irredentismo. Il fascismo ha fatto danni dappertutto, lo sappiamo bene anche in Italia purtroppo. Ma le spinte fasciste sono allo stato attuale più presenti in Francia che in Italia (o mi sbaglio?). Credo che solo pochi stupidi e alcuni francesi continentali interessati, credano ancora a questo come motivo. In Italia, nessuno penserebbe mai di conquistare la Corsica. Ma non scherziamo. Abbiamo un bellissimo Stato all’interno della nostra nazione, che si chiama San Marino, che non cito a sproposito. San marino ha una sua lingua ufficiale. La lingua italiana. Nonostante a San marino parlino tutti un dialetto romagnolo. Ma a nessuno di loro salta in testa di cambiare i nomi delle loro località (ne hanno anche loro di paesini anche se piccolissimi) con cartelli doppi italiano/sammarinese (poi di fatto romagnolo). La storia e la cultura hanno tempi lunghi. Quale paradosso stiamo osservando, quindi? Da una parte è di questi giorni la vittoria storica dei nazionalisti in Corsica, con un discorso che ha fatto scalpore in Francia (ma anche in Italia) da parte di Talamoni in còrso. Ufficializzando, se ancora ce ne fosse bisogno, che il tema lingua, in Corsica ha un interesse politico centrale. Discorso compreso da tutti gli italiani, da nessun francese (che come sempre s’incazzano), da pochissimi còrsi. Ma allora a chi era diretto? E’ stata a mio avviso, una forte scelta di tipo politico culturale. Una rotta da tracciare. Dall’altra però come riuscire a valorizzare (salvare?) la lingua còrsa, senza fare una riflessione seria che si tolga di dosso una volta per tutte l’anti italianismo? Questo, nonostante alla maggioranza dei còrsi non interessi molto parlare in còrso e che forse molti di loro non sanno neppure cosa sia esattamente quella lunga striscia di terra che si staglia al di la del mare. Visibile nelle giornate limpide. Assunto che molti dei còrsi ignorano che la loro lingua è compresa e in molti casi quasi parlata (io sono toscano e credeteci, molti dei nostri vecchi parlano in modo molto simile al còrso e se sbobinassi parola per parola un discorso di una persona che parla toscano, le similitudini sarebbero quasi imbarazzanti), dagli italiani. Come procedere? Che la Corsica non ha mai fatto parte dello Stato Italiano moderno è una verità assoluta. E’ vero come è vero che non ha fatto parte del Regno d’Italia neppure Roma fino al 1870. La Toscana culla del Rinascimento Italiano è diventata italiana solo nel 1861? Se spostiamo la linea di cosa è lo Stato italiano all’attuale democrazia, si arriverà a dire che La Toscana e tutte le altre regione, compresa la capitale, sono italiane solo dal 1946…Ma di Italia e di italianità se ne parlava da secoli e secoli prima. Come procedere quindi? Possiamo affermare che Roma è italiana solo da settanta anni? Oppure è più corretto scindere l’italianità da ciò che è lo Stato Italiano? Altra riflessione, se si accetta che il còrso sia una lingua, il toscano o il ligure cosa sono? Se poi notiamo che il còrso ha molte più similitudini con la lingua italiana ufficiale rispetto ad alcuni dialetti o vere e proprie lingue che sono parlate ancora e molto in Italia, come la mettiamo? Ciò che potrebbe avvenire in Corsica nel caso di un riconoscimento futuro del còrso come lingua può non avere delle ripercussioni in Italia? Vi ringrazio ancora per lo spazio, mi fermo qui. Sono andato forse troppo lungo e a pensiero libero.

    1. Grazie mille del tuo commento. Per brevità possiamo solo dire che l’allontanamento probabilmente c’è stato, ed è dovuto alla mancata conoscenza reciproca. I Corsi non conoscono le similitudini che li legano alla Penisola, e gli Italiani per la maggior parte ignorano l’esistenza di una lingua corsa, e vengono nell’isola in cerca di mare limpido e belle spiagge. Molti Corsi VORREBBERO parlare corso, ma la lingua non è più trasmessa da quasi una generazione, è stata rimpiazzata spesso dal francese nell’uso domestico, e i corsofoni sono sempre meno, mentre si cerca di “ricrearli” tramite la scuola. Secondo noi l’intercomprensione con l’italiano potrebbe essere un incentivo ad apprendere il corso, ma il discorso è difficile e complesso e va affrontato nei tempi e nei luoghi corretti.

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