Piccole scuole e bilinguismo: un esempio d’eccellenza dalla Svizzera

Nell’isola sembra scongiurato – almeno per ora – il pericolo di chiusura della scuola Pascal Paoli a Morosaglia e di altre classi e scuole rurali. Dopo proteste e petizioni online, l’Accademia di Corsica ha confermato la scorsa settimana che non ci sono chiusure previste.

Il problema della numerosità delle classi e del pericolo di estinzione di quelle bilingui (còrso-francese) però continua ad esistere. Vogliamo perciò portare un piccolo esempio che viene dalle Alpi svizzere, e più precisamente dalla minuscola frazione di Maloja (comune di Bregaglia) nel Canton Grigioni di lingua italiana.

In realtà l’uso e lo studio della lingua italiana nel Canton Grigioni – cantone trilingue in cui sono ufficiali tedesco, italiano e romancio – è in lenta ma progressiva regressione, tanto che la piccola scuola del passo Maloja, a 1800 metri di altezza, dieci anni fa si trova davanti al rischio della chiusura.

I responsabili scolastici compiono allora una scelta coraggiosa, possibile grazie alla giurisdizione svizzera, che offre ampie garanzie tanto al plurilinguismo quanto all’iniziativa popolare. Optano per trasformare la scuola in un istituto bilingue immersivo italiano-tedesco. Questo significa che le lezioni di alcune materie si svolgono in italiano, quelle di altre materie in tedesco.

La matematica è impartita in tedesco, così come geometria e geografia, insegnate da Bianca Geronimi, che insegna anche lingua tedesca, mentre Mario Krüger oltre all’italiano insegna le altre materie nella lingua di Dante. Entrambi sono i maestri di classe sin dalla creazione della scuola bilingue di Maloja, nell’anno scolastico 2005/2006. E ambedue sono convinti che l’insegnamento bilingue immersivo sia il modello scolastico ideale. “Qui i ragazzi vivono quotidianamente in un microcosmo di diverse lingue, diverse culture, diverse nazionalità, diverse religioni, dove tutte sono accettate e nessuna è considerata migliore dell’altra”. Ciò influenza il loro atteggiamento: “per loro è naturale accettare ognuno così come è”, dice la maestra Bianca Geronimi a Swissinfo, al termine di una lezione di matematica ai tre bambini di prima e ai cinque di seconda elementare.

Naturalmente non manca lo studio della lingua inglese, il che permette a tutti i bimbi di diventare solidamente plurilingui e aperti a una società multietnica, multiculturale e globale come quella di oggi. Interessante notare che alcuni bambini, figli di immigrati, hanno come lingua materna il portoghese, e che quindi è in questa scuola che hanno il loro primo vero contatto con la lingua italiana e quella tedesca, due lingue ufficiali in Svizzera che quindi sono anche la porta per una vera integrazione nella società elvetica.

E le piccole dimensioni della scuola? Per alcune delle maestre della scuola materna sono un vantaggio. Avendo pochi alunni, gli insegnanti li conoscono molto bene e portano avanti dei programmi individuali, adattati alle singole difficoltà e potenzialità dei bambini. Inoltre, nel piccolo istituto, anche allievi e docenti della scuola dell’infanzia e delle elementari si conoscono, condividono spazi e momenti ricreativi. Ciò agevola notevolmente il passaggio da un grado all’altro di scolarizzazione.
La qualità dell’insegnamento nella scuola di Maloja è stata certificata dalla vittoria del Premio scolastico svizzero 2015.

Pensiamo allora quanto in Corsica potrebbe essere proficua l’apertura di istituti con insegnamento plurilingue immersivo, magari francese-corso-italiano come proposto a suo tempo da Olivier Durand e Giuseppe Vitolo. Nell’isola esistono già le classi mediterranee e altre realtà di insegnamento di materie in lingue diverse dal francese, ma la particolarità dell’esperimento svizzero è l’applicazione alla realtà di una piccola scuola di un piccolo villaggio tra le montagne, situazione comune a molte zone dell’entroterra còrso.

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Fonte e immagine: Swissinfo

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One thought on “Piccole scuole e bilinguismo: un esempio d’eccellenza dalla Svizzera”
  1. Credo che gli esempi riportati dell’esperienza della didattica svizzera siano validi ed efficaci come validissime sono le proposte dei proff. Durand e Vitolo.Ritengo che i problemi da affrontare in Corsica non siano sul piano della programmazione o di approntare proposte,che non mancano, quanto piuttosto superare scogli giganteschi che si chiamano :diffidenza, presunzione ,supponenza, pregiudizi,scarsa lungimiranza, e tutto questo da parte di un governo centrale che da circa 160 anni impone una sola lingua nell’isola ritenuta come unica forza aggregante capace di dare solidità alla compattezza della nazione, senza minimamente aver tenuto conto della storia della Corsica delle sue specificità e della sua cultura volendo estromettere con la legge ciò che c’è di più spontaneo in un popolo ovvero la libertà di esprimersi nel proprio linguaggio naturale.Trovo tutto questo molto grave ed ora che gli ultimi governi hanno fatto finta di accettare il corso come lingua in alcuni ambiti cercano di addomesticarlo quanto più possibile al francese,come, si evince dai tanti neologismi, coniati artificiosamente affinché si possa pensare che la lingua còrsa sia afferente e coniugata con la lingua dello stato cui appartiene politicamente e quindi ben lontana dall’italiano che è ritenuta lingua ”straniera”! La lingua della prima costituzione, della cultura, dell’inno,della gente.E’ su questo che bisogna ”battersi”’ su una inversione di mentalità, è giusto guardare ad altri paesi, ma non mi sembra che in Svizzera come altrove si vogliano estirpare le origini, come purtroppo è avvenuto in Corsica e se rimangono questi retaggi anticulturali credo che continueremo solo a parlarne di cambiamenti.Non solo trilingue ma vedrei molto più consoni anche sezioni bilingue corso-italiano da sperimentare.E’ questione di” mentalità” e finchè si accetterà di avere scuole intitolate a ”Pascal” anziché Pasquale Paoli penso che i cambiamenti resteranno lontani.

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