Il Curdistan iracheno vota sì all’indipendenza con oltre il 90%

By Redazione Set 28, 2017 #curdi #indipendenza

I seggi del referendum per l’indipendenza del Curdistan iracheno domenica hanno chiuso un’ora dopo il previsto, per dar modo a tutti di votare. Secondo la tv Rudaw, l’affluenza è stata massiccia, attorno al 78 per cento. Il risultato non era in discussione, ma è stato comunque un plebiscito: il 91,8 per cento ha votato a favore dell’indipendenza.

Ora però il presidente Barzani dovrà fare i conti con le reazioni internazionali, che per il momento sembrano di chiusura totale. Com’è ovvio, le più negative sono quelle di Bagdad, che rifiuta persino l’idea di aprire negoziati con Erbil e lancia un ultimatum alle autorità del Curdistan: “Il controllo degli aeroporti deve tornare al governo iracheno, altrimenti saranno vietati tutti i voli internazionali da e per il Paese”. La risposta di Barzani è pacata, con un invito al premier iracheno Heidar al-Abadi a “intavolare un dialogo costruttivo piuttosto che continuare a minacciare il popolo curdo”.

Durissima, almeno in apparenza, anche la reazione di Ankara: Recep Tayyp Erdogan ha accusato Barzani di tradimento e preannunciato il blocco di aiuti e rifornimenti. “Nonostante tutti i nostri avvertimenti – ha detto il presidente turco – l’Autorità regionale del nord Iraq ha voluto tenere il referendum per l’indipendenza. Ora l’ha approvato il 92 per cento. Ma questo vale una guerra? Chi accetterà la vostra indipendenza? Solo Israele. Ma il mondo non è solo Israele. Il Kosovo purtroppo non è ancora riuscito a essere uno Stato”.

Il presidente turco ha poi messo in guardia i curdi dal “rischio di una guerra etnica e confessionale” che potrebbe scoppiare se il progetto dell’indipendenza andasse avanti: per evitarlo, la Turchia è “pronta a considerare tutte le opzioni, anche quella militare”.

Ma in realtà l’aggressività mostrata da Erdogan, in passato grande amico di Barzani, sembra poco convincente, e sfoggiata più in chiave di politica interna, come monito ai curdi di Turchia, piuttosto che come minaccia aperta per il Kurdistan. Lo stesso riferimento al Kosovo è quanto meno un lapsus: l’ex provincia della Serbia è stata riconosciuta come Stato indipendente da 111 membri delle Nazioni Unite, dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, anche se non ancora dall’Onu. In altre parole, non è un’entità isolata e negletta, ma un partner legittimo, politico e commerciale, per gran parte del pianeta.

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