Opinioni

Sfarente

I nostri lettori italiani (e anche molti còrsi)non si spaventino di questo strano vocabolo.

 
I nostri lettori italiani (e anche molti còrsi) non si spaventino di questo strano vocabolo. Ha furoreggiato per tutti questi ultimi anni in cui veniva usato col significato di “differente”. Ora se è vero che in passato questa parola esisteva, è anche vero che si sentiva pochissimo (soltanto in alcuni paesi) ed era anche poco nota (e addirittura, mi dicono, con un significato un po’ diverso, quale esattamente, non saprei dire, il mio còrso non appartiene a quest’area).
Quindi, direte, perché questo strano successo? La risposta è da ricercare nella volontà di usare termini ritenuti (più o meno falsamente d’altronde) più genuini, più còrsi. In parole povere, si tratta di allontanarsi dall’italiano prendendo in ogni regione, in ogni paese il termine che più se ne discosti col rischio di risultare talvolta incomprensibili. Atteggiamento palesemente assurdo, contrario, per esempio, a ciò che è stato fatto in Italia quando gli scrittori hanno avuto cura di non recepire nella lingua, quando era possibile fare altrimenti, le forme troppo municipali e troppo distanti dal latino.
Ora, non si può dimenticare una tradizione latina e umanistica presente in tutte le lingue neolatine compresi il francese e l’italiano, e che tutti abbiamo assorbita almeno in modo indiretto; tantomeno si può costruire una lingua neolatina accumulando i particolarismi.
Mi ricordo che da ragazzino mi ero inventato un alfabeto: l’ho abbandonato presto, serviva solo a me stesso. Alcuni attuali scrittori còrsi sembrano bambini che giocano ad inventare un proprio linguaggio esoterico e si lamentano che nessuno lo parli. Ma se risulta ostico a gente che ha sentito parlare còrso intorno a sé per anni da genitori e progenitori che lo avevano come prima lingua, come possono sperare di farlo adottare dalle nuove generazioni? La verità è che se Pasquale Paoli tornasse adesso e parlasse il còrso dei suoi tempi gli darebbero il bando come troppo “italiano” e non solo Paoli, d’altronde, ma anche semplicemente i nostri nonni. Succede spesso di dover fare a meno di alcune espressioni che abbiamo sentite usare quando eravamo bambini e che verrebbero bollate come forestierismi, quando invece ci si drizzano i capelli sentendo delle forme che sono novità pasticciate o semplici adattamenti dal francese.
Questa smania di inventar parole senza far riferimento all’italiano conduce a creazioni talvolta spassose. Per esempio lo sciagurato estensore dell’elenco telefonico U Corsu traduce il francese “appareil digestif” per “apparecchio digestivo”. Ora, quando le budella saranno sostituite con un flessibile per la doccia e avremo dei còrsi bionici questa traduzione sarà soddisfacente. Ricordiamo che in italiano si dice “apparato digerente” e che la parola apparecchio non può riferirsi a qualcosa di vivente. E’ ovvio che tale espressione non troverà nessun riscontro in nessun libro di medicina del mondo e condanna i suoi utilizzatori all’isolamento.
Come se non bastasse questo municipalismo o provincialismo linguistico è solo un aspetto di ciò che potremmo definire una generale tendenza all’autarchia. Il mondo moderno invece ci costringe all’apertura. Ma questa è auspicabile se indirizzata verso la modernità e non verso aspetti arcaici o terzomondisti del mondo esterno. E questa evoluzione sarà benefica soltanto se saldamente ancorata in una identità evolutiva.
Uno degli aspetti deteriori di questa tendenza alla chiusura riguarda l’economia. Si sta oggi propagandando uno strano concetto di economia identitaria di cui non si riesce bene a capire cosa sia. Sembra che per alcuni i còrsi debbano accontentarsi di un certo tipo di economia (che mi si perdoni di considerare arretrato o comunque di poco avvenire) perché tra l’altro, non saremmo (geneticamente?) fatti per l’economia mercantile. Siamo qui in presenza di uno strano caso di determinismo biologico, valido, a quanto pare, solo per i còrsi. Soltanto loro sarebbero predeterminati ed esclusi per sempre dal mondo moderno. Insomma, come è stato notato, l’ultimo razzismo autorizzato li riguarda. Guai a dire che una tribù amazzonica non è capace di dar vita in breve ad un’economia californiana. Ai còrsi invece ciò viene negato per sempre. D’altronde è incredbile che si possa scrivere un intero volume sulle prospettive economiche della Corsica senza mai parlare delle possibilità offerte dalla vicina Italia.
Infatti, blandendo i difetti dei còrsi (vanità, individualismo, geloso sentimento della propria identità) si rischia di condannarli all’isolamento linguistico, culturale ed economico. Tutto ciò, a breve termine equivale a una condanna a morte. Eppure tutti sanno che non esiste un’economia etnica. I còrsi debbono darsi una scossa ed evolvere verso un’economia moderna. Ma un’economia tale non si crea dal nulla e non si insegna nelle aule scolastiche. Si impara per osmosi, a contatto con i vicini se ci sono. Noi ce l’abbiamo: l’Italia centrosettentrionale è insieme mercato e maestra. Al suo contatto potremo imparare a modernizzarci conservando la nostra lingua e impostando la nostra evoluzione nella sua traiettoria storica.

 
Paul Colombani 16/01/2002