Una dedica all’«Apostolo della Corsica»… a Mentone!

By Alessio Vic Stretti Ott 4, 2019 #corsica

In una “terra di confine” quale è da sempre Mentone, sospesa fra un retaggio culturale genovese vecchio di secoli (ancora vivo nella parlata locale) e la sua attuale appartenenza allo Stato francese, abbiamo trovato un inatteso legame con l’Isola Bella, proprio nel cuore più vivo del suo centro storico: la basilica minore di San Michele.

Basilica minore di San Michele, Mentone (FR)

All’interno di questa splendida chiesa barocca, nella cappella dedicata alla Vergine Maria (abside a sinistra dell’Altare principale) possiamo vedere esposto il ritratto di CARLO DOMENICO ALBINI, definito l’«Apostolo della Corsica».

Cappella dedicata alla Vergine Maria (chiesa di San Michele, abside della navata sinistra)

Nato da un’umile famiglia di agricoltori – Giacomo e Lorenza Bosano – il 26 novembre del 1790, Carlo Domenico viene inviato dal padre presso le Scuole Pie di Nizza. Terminati gli studi classici, a 19 anni il giovane Albini sente la «chiamata del Signore» ed entra nel Seminario Maggiore della stessa città.

Cinque anni dopo (siamo ormai nel dicembre 1814) il vescovo di Nizza lo ordina sacerdote. Passati alcuni anni come “vicario parrocchiale” nella sua città natale – proprio all’interno della basilica di San Michele – nel 1822 il rettore del Seminario nizzardo chiede al vescovo Colonna d’Istria di nominare il giovane Don Carlo (come viene chiamato adesso) «professore di Teologia Morale».

Proprio nella città natale di Garibaldi, allora parte del Regno di Sardegna, Don Albini incontrerà Eugenio de Mazenod, fondatore degli “Oblati di Maria Immacolata”, una congregazione nata nel 1816 ad Aix per reagire all’abbandono della pratica religiosa nelle aree rurali della Provenza.

De Mazenod organizza una compagnia di sacerdoti «per la predicazione popolare nelle campagne»; per rendere più efficaci le proprie missioni, i giovani Oblati prendono a modello i «redentoristi» di Alfonso Maria de’ Liguori, ricorrendo all’utilizzo del dialetto provenzale per «essere più vicini al popolo».

Dopo tre anni di insegnamento presso il Seminario maggiore di Marsiglia, affidato agli Oblati, nel 1827 Don Carlo viene chiamato a seguire la folta comunità italiana della città (allora composta da almeno 7.000 persone) proprio da Eugenio de Mazenod: il vicario generale della diocesi di Marsiglia è infatti un buon conoscitore della lingua di Dante – avendo vissuto come esule in Italia durante i primi anni della Rivoluzione francese – e vuole che la comunità della sua diocesi trovi una “valente guida” in Carlo Albini.

Ritratto e “memoriale” di padre Carlo Albini (detto “Franciscone” dagli abitanti di Vico, Corsica)

Nel mentre, anche l’organizzazione delle strutture ecclesiastiche in Corsica versa in pessime condizioni: quando gli Oblati arrivano ad Aiaccio, nei primi anni Trenta del 1800, gli aspiranti al sacerdozio isolani (in mancanza di un Seminario, abolito durante la Rivoluzione) non ricevono una formazione adeguata per esercitare degnamente la propria fede. Bisogna dunque formare una nuova generazione di «pastori forti nella fede, istruiti e zelanti» che rinnovino «la fede e i costumi».

Casanelli d’Istria (nuovo vescovo di Aiaccio a partire dal 1833) si rivolge immediatamente a De Mazenod per aiutarlo ad aprire un Seminario, e quest’ultimo invia padre Joseph Guibert – futuro cardinale e arcivescovo di Parigi – come Superiore della Comunità missionaria.

Gli Oblati si impegneranno energicamente per dare vita al nuovo Seminario maggiore di Aiaccio: a questo scopo, nel 1835 ottiene un ruolo attivo anche padre Carlo Domenico Albini, proprio in virtù della sua conoscenza perfetta del latino e dell’italiano, considerati «necessari per la predicazione “popolare” sull’isola».

Il prelato di Mentone riuscirà egregiamente nel suo intento di ristabilire un regolare e qualificato percorso di studi nel nuovo Seminario.

Al termine del corso scolastico 1835-1836, il vescovo di Corsica chiede al fondatore degli Oblati di creare una «residenza missionaria» in un vecchio convento francescano (abbandonato dopo la Rivoluzione) nella ridente cittadina di Vico, distante 50 chilometri dal capoluogo isolano: Superiore della nuova comunità, sarà nominato proprio padre Albini. Nell’agosto del 1836 Don Carlo e un altro compagno oblato predicano la prima missione a Moita, nella regione di Corte, proprio lì dove San Leonardo da Porto Maurizio le aveva terminate un secolo prima.

Alla missione di Moita seguono quelle di Canale di Verde, Linguizzetta, Coggia, Albitreccia, Letia, Speloncato, Niolo, Calcatoggio.. e numerosi altri villaggi disseminati per tutta l’isola. Durante tali missioni, Don Albini predica attivamente contro l’antica usanza della Vendetta – che nella sola Vico, allora borgo di 500 abitanti, vede 20 morti ammazzati in 4 anni – ed è proprio un altro padre oblato, Fabio Ciardi, a ricordare che «il missionario Carlo Domenico Albini», nella prima metà dell’Ottocento, «passava per i villaggi ad annunciare il Vangelo e a disarmare le vendette. Si ricordano ancora gli epiteti coniati per alcuni villaggi: Canale-di-Verde “paese sanguinario” […] Letia “modello di notorie uccisioni”. Dopo il passaggio di Don Carlo (chiamato dai paesani còrsi Franciscone) le famiglie nemiche, rintanate per anni in casa, in stato di guerra civile, si vedevano insieme a passaggio per la via del paese». Gli vengono attribuiti anche eventi prodigiosi e guarigioni, che gli valgono il titolo di «Taumaturgo».

Tornato a Vico, consumato dal continuo lavoro apostolico, cade malato il 6 novembre 1838. Il medico che lo visitò, vide che portava un cilicio pungente e volle proibirglielo. Tra miglioramenti e ricadute, Don Albini si spegne a Vico il 20 maggio del 1839.

Manifestazione della Cunfraternita dedicata a padre Albini nell’antica Pieve di Sorro (Vico)

Per la sua incessante e instancabile attività di predicazione nelle pievi più recondite dell’Isola Bella, ancora oggi Carlo Domenico Albini viene definito come «Apôtre de la Corse» morto «en odeur de Sainteté»: a riprova di quanto il suo legame con l’isola sia rimasto saldo, e di come la sua memoria sia ancora viva tra i credenti còrsi, nel 1996 a Vico è stata fondata la Cunfraternita di u Padre Albini, con una quarantina di membri attivi, fra cui molte donne.

Anche qui a Mentone, nella cattedrale di San Michele dove Carlo Domenico fece le sue prime esperienze in ambito ecclesiastico, sulla balaustra di fronte al ritratto che ne ricorda il battesimo (28 novembre 1790) è stata messa in bella mostra una poesia proprio in lingua còrsa dedicata al “beato Carlo Albini”:

poesia in lingua còrsa dedicata dagli Oblati di Maria Immacolata (OMI) al loro Beato padre Albini

Padre Fabio Ciardi, teologo “oblato” di origini toscane, durante la sua missione in Corsica nel 2013 afferma di aver sentito cantare «due canzoni in lingua sarda [sic!]» dai membri della Cunfraternita di Vico: una riguardava il grande Crocifisso custodito nel Convento di Vico, e l’altra era proprio la qui citata poesia dedicata a padre Albini, da me pubblicata secondo la trascrizione presente nella cattedrale di Mentone:

O Padr’Albini Beatu,
apostulu d’umilità
Lu nostru core fidato,
Sempre ti vole cantà!

Insieme oghje prighemu
Davant’a lu Franciscone,
A te ci ricumandemu
Esempiu di parfizione
Chi gran’bisognu n’avemu
Di la tò intarcissione.

[ Dacci O anima santa
D’esse par li dibulelli
La fonte furtificanta
D’esse par li puarelli
La voce ricunfurtanta
D’esse infine fratelli

Venerabile sè, tu
chì teni lu tò fratellu
chì franch’ogni schiavitù
par serve lu puarellu
Seguitendu à Ghjesù
E lu so Santu Vangelu ]

Padre ricunciliatore
Ch’elle sianu finite
Oramai per favore
Fra noi corsi e lite
Dacci di Diu l’amore

Le due strofe messe tra «parentesi quadre» non appaiono nel resoconto di padre Ciardi, probabilmente perchè  non utilizzate nell’intonazione religiosa cantata dai membri della Cunfraternita di Vico in onore di padre Albini.

Alessio Vic Stretti

Laureato in "Conservazione dei Beni Culturali" presso l'Università di Genova, il suo amore per la Corsica nasce nel 2005, dopo aver girato ogni angolo dell'isola in cerca dei suoi tesori naturali e artistici. La sua poesia in lingua corsa «Una preghèra da Genuva à l'isula bella» (presentata al concorso “Tropea, onde mediterranee” del 2009) e la sua Tesi di Laurea «L'architettura in Corsica e le regioni tirreniche fra l'Alto Medioevo e il XIV secolo» (2007) appaiono sulla rivista online A Viva Voce diretta da Paul Colombani.

By Alessio Vic Stretti

Laureato in "Conservazione dei Beni Culturali" presso l'Università di Genova, il suo amore per la Corsica nasce nel 2005, dopo aver girato ogni angolo dell'isola in cerca dei suoi tesori naturali e artistici. La sua poesia in lingua corsa «Una preghèra da Genuva à l'isula bella» (presentata al concorso “Tropea, onde mediterranee” del 2009) e la sua Tesi di Laurea «L'architettura in Corsica e le regioni tirreniche fra l'Alto Medioevo e il XIV secolo» (2007) appaiono sulla rivista online A Viva Voce diretta da Paul Colombani.

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