Lingua corsa: da lingua regionale a lingua mediterranea?

By Redazione Ott 19, 2016

Da quasi un anno i Nazionalisti sono giunti al governo dell’isola, e hanno intrapreso – tra le altre cose – una serie di relazioni e iniziative per dare alla Corsica un suo ruolo all’interno di una “dimensione mediterranea” nella quale l’isola si colloca geograficamente e culturalmente. Iniziative importanti, a volte storici, come gli accordi stretti con la Sardegna e quelli avviati con le isole Baleari e la Catalogna.

Attualmente, il più recente nella lista è quello discusso con Malta. Non una regione ma addirittura uno stato sovrano, membro dell’Unione europea la cui lingua, il maltese, è lingua ufficiale nelle istituzioni europee.

Una delle ipotesi di cooperazione con Malta riguarda uno scambio di studenti: giovani Corsi che andrebbero a Malta a studiare l’inglese – coufficiale laggiù – e giovani Maltesi in Corsica ad imparare il francese. Va benissimo. Ma ci hanno un po’ meravigliato due fatti: che non si sia parlato per nulla di un tratto comune plurisecolare tra Malta e la Corsica, ossia la presenza della lingua italiana come lingua amministrativa e di cultura; e che non si sia pensato che l’italiano, ancora molto conosciuto a Malta, è quasi totalmente intercomprensibile con la lingua corsa.

La domanda dunque è: se “la connaissance du français ouvre les portes à l’espace francophone”, può “la connaissance de la langue corse ouvrir les portes” a un “espace méditerranéen”?

La risposta che ci sentiamo di dare è: può certamente mettere in comunicazione con uno spazio italofono, che in questi anni è al centro di un vivace dibattito, e che rappresenta l’area culturale mediterranea più vicina alla Corsica, sia dal punto di vista culturale che storico. Esattamente quella lingua corsa che si sta cercando di salvaguardare, trasmettere e rilanciare, tramite moltissime iniziative a tutti i livelli, potrebbe dunque essere uno strumento di comunicazione con i vicini mediterranei, a cominciare dall’Italia e da Malta.

Abbiamo troppa fantasia? Riflessione assurda? Beh… in realtà già lo si è fatto! Anzi, lo si fa tutti i giorni.

Corsica Oggi e Mediterradio sono due esempi di come la lingua corsa venga usata in modo del tutto naturale per conversazioni miste tra corsofoni e italofoni. E a Mediterradio partecipa mensilmente anche la Radio-tv di Malta. La casa editrice Albiana partecipa alla fiera del libro di Pisa e usa la lingua corsa per comunicare con gli italiani, con successo. E ci sono italiani che comprano libri scritti in còrso. Ad alcuni professori dell’Università di Corsica è capitato di tenere il proprio discorso in lingua corsa durante un congresso in Italia. Lo stesso Talamoni, come Gilles Simeoni, in visita in Sardegna, hanno parlato còrso con i politici locali, al consiglio regionale sardo. E Simeoni, con i giornalisti sardi e poi con un giornalista del giornale La Repubblica, ha parlato un còrso italianizzato, per rendersi il più comprensibile possibile. A Malta si sarebbe potuto fare la stessa cosa. E del resto, il primo ministro maltese quando va in visita ufficiale in Italia parla italiano.

Perché non pensare, mentre si tessono relazioni e scambi culturali, anche a questa possibilità? Di allargare lo spazio d’uso della lingua corsa, e renderla non solo lingua locale della propria identità, ma anche lingua mediterranea di comunicazione? Non credete che la politica isolana debba prendere in considerazione anche questa strada?

Fateci sapere cosa ne pensate commentando qui sotto o su Facebook. In italiano, corsu, français, tuttu va bè… 😉

 

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8 thoughts on “Lingua corsa: da lingua regionale a lingua mediterranea?”
  1. Dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese, l’italiano è la quarta lingua più studiata del pianeta. Il dato è stato comunicato durante gli Stati Generali della lingua italiana che si sono tenuti a Firenze, a Palazzo Medici Riccardi, organizzati dal Ministero degli Affari Esteri e dal Ministero dell’Istruzione. Arte, cultura e musica lirica sono parte fondamentale dell’interesse suscitato all’estero dall’italiano. Ma non manca l’appeal esercitato dal buon cibo e il made in Italy

    1. Nope, non stanno esattamente così le cose. Facciamo un po’ d’ordine.

      Questa storia dell’italiano “quarta lingua più studiata al mondo” è poco più di una mezza bufala ciclicamente riproposta dalle agenzie di comunicazione mediatiche, ovviamente facilitate dalle dinamiche con cui si sviluppa la rete. Facendo una ricerchina su Google in modo da praticare un po’ di fact-checking, si scopre che la grande maggioranza di siti che riportano tale notizia, peraltro concentrati nel solo stivale (della serie: “me la canto e me la suono”), segnalano quale singola fonte un articolo di giornale risalente al 2014 del Corriere della Sera ( http://www.corriere.it/scuola/14_giugno_16/dante-pizza-italiano-quarta-lingua-piu-studiata-mondo-4edfb4fe-f57a-11e3-ac9a-521682d84f63.shtml ), anche se tale “scoperta” sarebbe anteriore, da cui è sorta una serie di citazioni repicroche e cicliche (l’una rimanda all’altra) anche in siti allofoni di modesta importanza (anch’essi, come il The Local Italy, traducono acriticamente le notizie uscite dall’Italia in altra lingua).
      Il Corriere della Sera, a sua volta, riporta quale fonte un misterioso seminario di “Icon” tenuto da tale Mirko Tavosanis (che poi, nel sito
      ufficiale di tale ente, si chiamerebbe in realtà “Tavoni” http://www.italicon.education/it/news/lingua-italiana-valorizzare-e-investire
      )… Consorzio che si occuperebbe di vendere lauree in lingua italiana
      via internet (al quale il Corriere della Sera non manca di far
      pubblicità verso la fine dell’articolo). Comunque, proseguiamo la nostra
      ricerca e scopriamo che risalire alla fonte dal sito del consorzio
      stesso è pressoché impossibile, essendo introvabile. Scavando un poco
      nei più oscuri meandri della rete, si approda a Italiano 2000 (!!),
      fonte ultima di tale notizia masticata svariate volte nel corso degli
      anni. Indagine commissionata dal Ministero degli Esteri con la
      partecipazione dell’Università della Sapienza di Roma e l’Università per
      Stranieri di Siena. Peccato che, andando al sodo, tale indagine riveli
      un dato completamente differente ( http://www.iic-colonia.de/italiano-2000/09.12%20Analisi%20generale%20dei%20dati.htm
      ): l’italiano sarebbe infatti la quarta lingua *di seconda scelta* più
      studiata, la seconda *di terza scelta*, infine la prima *di quarta
      scelta*. Particolare non indifferente, dato che il giornalista Marco
      Gasperetti dal Corriere della Sera parla invece di “lingue più studiate
      al mondo” in senso assoluto, consegnando una notizia sostanzialmente
      falsa nonché manipolata. By the way, nel 2015 la quarta lingua più
      studiata al mondo, dietro l’inglese, il francese e il mandarino, era in
      realtà il tedesco ( http://www.dw.com/de/ammon-deutschlernen-ist-wieder-attraktiv/a-18234484 ).

      1. Sempre difficile fare questo tipo di classifiche. Rimangono fuori moltissimi corsi di studio privati, non censiti. Nel 2015 un’altra classifica vedeva dopo inglese e francese lo spagnolo, poi l’italiano e il tedesco. Non c’è dubbio però che la richiesta di lingua italiana e di cultura e cibo italiano c’è, ed è importante. Negli Stati Generali del 2016, di cui abbiamo scritto, si è anche detto che l’italiano è la seconda (anche qui difficile classificare) lingua più presente nel panorama commerciale. San Pellegrino ha aumentato del 9% la vendita all’estero di Acqua Panna aggiungendo la parola “Toscana” sull’etichetta.

        1. Un po’ di interesse all’estero verso l’italiano c’è indubbiamente, specialmente nei campi in cui l’Italia veicolava l’immagine della “dolce vita”. Inoltre la scelta di San Pellegrino non mi sorprende, la Toscana è una delle poche regioni i cui panorami e la cui cultura è radicata nell’immaginario collettivo anche al di fuori dell’Italia; in generale, vi è grande domanda all’estero per tutti quei beni reputati “locali”, infatti non è un caso che si sia soliti apporre un nome in lingua locale a prodotti (pensiamo a molti vini dal nome in sardo o da voi in corso, per esempio) e non solo, per esempio, in modo da attestarne la provata genuinità (scelta che premia tantissimo in termini di marketing). Per quanto ogni stato cerchi, per ovvie ragioni di soft power, di “gonfiare” forse il numero di interessati al proprio idioma ufficiale, in base al principio del rasoio di Occam mi sembra che semplicemente in questo caso il giornalista abbia commesso un errore nel riportare la notizia, eludendo per una ragione o per l’altra la necessaria specificazione che da sola cambia l’intero significato dei risultati emersi dalla ricerca. XD

          1. Però attenzione: non ci sono ancora dati del 2016, ma gli Stati Generali del 2014 evidenziavano come l’italiano fosse 4a o 5a lingua studiata come prima lingua straniera. Non “seconda scelta” ma 1a lingua straniera (L2 rispetto alla propria madrelingua): http://www.esteri.it/MAE/approfondimenti/2014/2014italiano_nel_mondo_che_cambia.pdf pag. 8.

            ” Secondo alcuni recenti studi, il mercato è anche articolabile nell’ordine preferenziale delle scelte di apprendimento, per cui esistono tre diverse sezioni, quella della prima lingua straniera studiata, della seconda lingua straniera, della terza lingua straniera. Nella sezione di mercato della prima lingua straniera l’inglese è largamente la prima lingua studiata e l’italiano la quarta (o quinta secondo altri studi), mentre nella seconda sezione l’italiano è in seconda posizione, nella terza l’italiano è in prima posizione. ”

            Se invece vogliamo un dato sul numero di parlanti madrelingua (L1) nell’Unione europea nel 2012 l’italiano era al secondo posto insieme all’inglese: http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_386_en.pdf pag. 7:

            “In accordance with the EU population, the most widely spoken mother tongue is German (16%), followed by Italian and English (13% each), French (12%), then Spanish and Polish (8% each). “

          2. Beh, è ovvio che si parli di due anni fa. Sul numero di parlanti madrelingua in Europa non c’è alcun dubbio (anche se l’italiano è “solo” al quarto posto europeo per numero di parlanti totale). Sul primo aspetto, invece, si confermerebbe la difficoltà nell’elaborare in maniera certa tali dati, a seconda forse dell’approccio metodologico impiegato. Avremmo quindi due fonti parallele risalenti al 2014, l’una che rinvia a tali Stati generali, l’altra (quella riportata a suo tempo dal Corriere della Sera nello stesso anno) tramite il consorzio Icon addirittura al lontano 2000. La questione è ulteriormente resa più confusa dal fatto che le fonti in merito non siano esattamente univoche nel sottolineare tale dato, come si può vedere dalla ricerca riportata in Deutsche Welle dell’anno scorso. Sarebbe il caso di dire che ognuno tiri l’acqua al suo mulino.

          3. Tutto questo ragionamento per dire che cosa? se anche non fosse la quarta ma l’ottava cambia qualcosa? è evidente che l’Italiano serva magari in alcuni campi del motorsport (dove è seconda solo all’inglese) o nel settore enogastronomico e della cultura in generale (basti pensare agli amanti della poesia classica o della musica lirica e classica, o dell’architettura ecc..), magari vi sono altri settori dove l’italiano è assente in quanto inutile.
            Non è questione di acqua al mulino di nessuno, è che la storia e la cultura Italiana (credo di non dover dare spiegazioni) da sempre affascinano genti di tutto il mondo, destando nei confronti di un paese di medio piccole dimensioni un interesse che non è secondo a nessuno.
            Ed in fondo è grazie all’Italiano se oggi siamo qui a discorrere con i ritrovati cugini Corsi.

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