Un ricordo di Tullio de Mauro, il grande linguista italiano che difendeva il ruolo dei dialetti

È morto giovedì 5 gennaio Tullio De Mauro. Linguista italiano di fama internazionale, docente universitario, saggista, ex ministro dell’Educazione dal 2000 al 2001. Aveva 84 anni. Attraverso la lingua De Mauro guardava alla cultura delle persone e alle persone in senso lato. De Mauro ha introdotto in Italia gli studi linguistici, ne ha fatto una disciplina a sé, emancipandola dalla glottologia e dalla storia di una lingua. Ha ricostruito il testo fondativo della linguistica moderna, il Cours de linguistique générale di Ferdinand de Saussurre – era il 1967 – prima disponibile solo in una versione indiretta. Ma l’indagine sulla lingua lo ha indirizzato verso i parlanti, la comunità delle persone che parlano una lingua. Sono loro l’oggetto di un impegno accademico (e poi politico) durato oltre cinquant’anni.

I suoi contributi linguistici sono importantissimi. Sia quelli più specialistici, sia quelli che si allargano su orizzonti più ampi. La Storia linguistica dell’Italia unita uscita da Edizioni Laterza in occasione del centenario dell’Unità, nel 1961, (più volte ripubblicata, fino al prolungamento della Storia linguistica dell’Italia repubblicana del 2014, sempre Laterza) non è una storia della lingua italiana, è una storia degli italiani e della lingua che essi parlano, la storia di come siano diventati progressivamente padroni di una lingua comune, da analfabeti che in gran parte erano. È la storia sociale, demografica e culturale di una comunità, del rapporto fra città e campagna, fra città piccole e città grandi, di come l’emigrazione interna sia stato un gigantesco fattore di consolidamento del tessuto unitario, linguistico e non solo, e di come, anche procedendo al galoppo, il Paese abbia trascinato forme vecchie e nuove di arretratezza.

Non era certo un’arretratezza, agli occhi di De Mauro, la persistenza del dialetto e delle lingue locali. Che anzi, come seconda (o prima) lingua – lingua dell’espressività, dell’affettività – rappresentava un arricchimento della capacità comunicativa. Guai a pronunciare con De Mauro la formuletta, lamentosa o all’opposto orgogliosa, sulla “morte dei dialetti”: era sempre lì con i suoi dati a dimostrare che i dialetti non erano per niente morti, bastava avvicinarsi al bancone di un bar di Napoli o di Venezia per essere, raccontava, “inondati da un fiotto di parlata locale”.

Ecco una sua intervista integrale in occasione del premio “Salva la tua lingua locale” del 2015:

No, l’arretratezza a parer suo era un’altra. E a lui, studioso della cultura diffusa, affezionato al significato largo della parola cultura, non poteva sfuggire che l’arretratezza italiana risiedeva nella perdita progressiva di competenze reali una volta lasciata la scuola. Quel che lo preoccupava era quale grado di consapevolezza complessiva, linguistica e non solo, avessero gli italiani una volta lasciata la formazione scolastica.

Se n’è andato un grande linguista e un grande personaggio della cultura italiana. Che aveva posto l’accento sul ruolo dei veri “padroni” di una lingua: non certo gli studiosi, ma invece i parlanti, le persone che ogni giorno con le loro scelte forgiano una lingua e la mantengono viva.

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Fonte: La Repubblica – Copertina: La Voce di New York

Giorgio Cantoni

Nato nell'82 da genitori originari della città lombarda di Crema, di cui conosce e ama il dialetto, è appassionato di linguistica e di informatica. Vive vicino a Milano, dove lavora nel mondo della comunicazione digitale. Si è innamorato della Corsica e della sua cultura nel 2008, e sette anni dopo è stato tra i fondatori di Corsica Oggi.

By Giorgio Cantoni

Nato nell'82 da genitori originari della città lombarda di Crema, di cui conosce e ama il dialetto, è appassionato di linguistica e di informatica. Vive vicino a Milano, dove lavora nel mondo della comunicazione digitale. Si è innamorato della Corsica e della sua cultura nel 2008, e sette anni dopo è stato tra i fondatori di Corsica Oggi.

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