Opinioni

Un passo avanti?

Forse le cose stanno cambiando.

   
 
Vorrei oggi prendere lo spunto da un articolo pubblicato da Ghjacumu Thiers negli Atti di un Convegno svoltosi all’Università di Corte nel 2005. Il titolo dell’articolo è : L’italien et la figure du tiers dans le discours de l’identité corse. Il contenuto è suggestivo a vari livelli. Thiers parte dal problema dell’identità e della sua definizione. Fa notare che questa definizione non è una cosa evidente come credono alcuni. Nelle società arcaiche o tradizionali poco differenziate, dice, la necessaria coesione sociale impone la conformità del comportamento individuale agli interessi del gruppo, sicché ognuno adotta un numero limitato di comportamenti e si trova così immediatamento identificato. L’identità così definita rappresenta una determinazione esterna e riduttrice, fonte di giudizi stereotipati. Questa definizione vale ancora in gran parte per la Corsica, soprattutto agli occhi dei forestieri, mentre i còrsi di oggi tendono a contestarla.
Ma c’è anche l’identità culturale, non facile da definire. Secondo Thiers la cultura è insieme universale e particolaristica. Universale perché è una prerogativa dell’umana specie, particolaristica perché legata alle varie società umane. Egli dà quindi una definizione della cultura come l’insieme dei tratti culturali legati ad un gruppo umano storicamente determinato, per far subito notare che, benché ormai le società siano eterogenee, il bisogno di diffenziazione e di affermazione di un’identità particolare permane con un bisogno d’identificazione a una storia e a un’origine comuni.
Per Ghjacumu Thiers le differenti formulazioni identitarie non si annullano a vicenda ma si equilibrano, però, ed è un punto molto importante che condividiamo assolutamente, il sentimento dell’identità colllettiva non ha bisogno che siano presenti tutti i criteri e la presenza di un piccolo numero di criteri non indebolisce il sentimento d’identità. Conclude aggiungendo che il criterio principale dei còrsi è quello del linguaggio, e non possiamo non essere d’accordo con lui, avendo noi stesso scritto che per i còrsi, come per i baschi, è còrso chi parla còrso, o crede di parlarlo, o lo riconosce come lingua madre anche se non lo parla.
Thiers passa poi a studiare lo stato linguistico della Corsica e lo status delle lingue che trovano uno spazio nella coscienza collettiva dei còrsi. Ora, è illuminante vedere che ancora oggi, queste lingue sono soltanto tre : il còrso, lingua madre, il francese, lingua amministrativa e “ del pane ” e… l’italiano. Quindi, nonostante tutti i discorsi che si sono fatti per persuadere i còrsi che l’italiano era, doveva essere, per loro una lingua straniera, non la considerano ancora come una lingua come tutte le altre, in omaggio, dice Thiers, all’antica accoppiata còrso-toscano.
E Thiers precisa che nella coscienza della maggioranza dei còrsi attuali l’italiano costituisce un dato fondamentale della questione identitaria còrsa contemporanea. Il riconoscimento della parentela tra i sistemi còrso e italiano sarebbe ormai accettata. Finalmente, diciamo noi. Tanti anni spesi a discutere per approdare a una conclusione così ovvia. Il seguito risulta un po’ più difficile da capire. Dice Thiers : “ Aujourd’hui l’autonomie sociolinguistique du corse est assurée, même si certains nostalgiques continuent à proclamer que l’italien est la vraie langue du dialecte corse, et que du côté universitaire, on voit quelque velléité de considérer le corse comme dialetto irredento de l’italien ” e adduce ad esempio il libro di Olivier Durand. Continua sottolineando che tranne rari articoli della rivista A Viva Voce, non si può rilevare nessun uso dell’italiano né in un contesto formale né nelle conversazioni. Ora su questi punti vorremmo rispondere all’amico Thiers. Prima di tutto, che cosa significa l’autonomia sociolinguistica del còrso ? Se con questo si intende dire che il còrso non è l’italiano, si dice soltanto un’ovvietà, che ha o deve avere un suo spazio nella società, chi dice il contrario ? anzi tutti ce lo auguriamo. Se però si intende creare una separazione drastica tra il còrso e l’italiano, abbiamo spiegato mille volte che ciò non è né auspicabile, né possibile e sarebbe contrario a tutta la nostra tradizione. Per quanto riguarda il libro di Olivier Durand è fuorviante la formulazione secondo la quale egli ne farerebbe un “ dialetto irredento ” dell’italiano. Si lascia così intendere che Durand propone di sostituire con l’italiano un còrso degradato dalla sua dignità. Ora non è assolutamente vero. Dall’introduzione del suo libro, e lasciando perdere l’annosa e vacua discussione sulla definizione lingua o dialetto (d’altronde il Durand dice che la lingua còrsa esiste), si capisce senza possibilità di fraintendimento che egli considera, assolutamente come facciamo noi, che l’italiano deve affiancarsi al còrso per sorreggerlo, insiste molto su questo punto, e come abbiamo fatto, cita l’esempio del Canton Ticino e dell’Alsazia. E’ incredibile quanto sia difficile farci capire e fare accettare la sincerità delle nostre proposte.
Soggiunge Thiers : “ Pour ma part, j’estime qu’il y a là une référence capitale pour le dynamisme de la question identitaire corse. C’est d’abord pour lui-même que la connaissance de l’italien doit être développée en Corse. Une série de facteurs convergents… renforcent progressivement l’ancien prestige de la langue aux yeux de la population corse. On perçoit nettement la levée des obstacles qui empêchaient les générations précédentes de comprendre et/ou de reconnaître l’intérêt primordial que représente pour la Corse le voisinage immédiat d’une civilisation à l’héritage grandiose ”.
Ora, oltre il problema dell’italiano, e da un punto di vista più generale, conviene notare la presenza di alcuni altri punti positivi , tra l’altro l’evoluzione notevole del mondo ufficiale : il discorso sulla lingua è diventato patrimonio comune di quasi tutti i partiti, anche i più centralisti, a tal punto che la Regione ha dato vita sull’argomento ad un grande progetto, ma tutto ciò rischia di rimanere vano se allo sforzo, sacrosanto, per salvare il còrso non viene affiancato un altro a favore dell’italiano. Credo che molti finalmente abbiano capito che il còrso non riesce a superare un certo livello. Lo si desume da conversazioni private e da discussioni su vari forum, anche se è vero che alcuni rimangono irremovibili nella folle speranza che le cose si aggiustino da sole o mediante un’indipendenza che non sembra essere prossima e che comunque non basterebbe, il caso dell’Irlanda insegni. Il momento sembra dunque venuto di fare un passo avanti. Ovviamente non si tratta di chiedere a ognuno di condividere pienamente le nostre idee. D’altronde credo che nemmeno tutti qui ad A Viva Voce siano totalmente d’accordo sul da farsi. Ma ci si potrebbe accordare almeno sull’importanza dello studio dell’italiano per le relazioni interregionali, per lo sviluppo economico della regione e per gli scambi culturali. Come abbiamo sottolineato vanno sfruttate tutte le possibilità attuali come le classi mediterranee, uno spazio privilegiato che potrebbe essere riservato all’italiano sul modello della politica linguistica seguita nella “ académie ” di Grenoble ecc.. Fin qui moltissimi potranno essere d’accordo : non si toglie niente a nessuno, a condizione, e questa è una rivendicazione importante, che il còrso e l’italiano non siano mai posti in situazione di concorrenza. Quindi si deve insegnare il còrso e l’italiano, non l’uno ad esclusione dell’altro. Poi ovviamente si potrebbe vedere chi è pronto a spingersi fino ad accettare l’idea dell’accoppiata sistematica corso-italiano, nell’insegnamento e nell’arrichimento della lingua.

 
Paul Colombani
03/04/2008