Autonomia della Corsica: Il futuro è piuttosto incerto

L’accordo di maggioranza, non unanime, raggiunto il 21 febbraio tra il ministro dell’Interno francese e alcuni rappresentanti eletti della Corsica, su un progetto di costituzione che prevede l’attuazione di uno statuto di autonomia per la Corsica, ha superato con successo la prima fase, quella del voto dell’Assemblea corsa. C’era da aspettarselo, data la sua maggioranza nazionalista.

Tuttavia, ci si poteva aspettare una maggioranza più ampia, cosa che non è avvenuta. I 16 parlamentari di destra, divisi sulla questione del potere legislativo, hanno votato in modo schiacciante contro il disegno di legge. Solo tre l’hanno approvata, e se ne aspettavano almeno il doppio. La strategia guidata dall’ex sindaco di Ajaccio, ora deputato Laurent Marcangeli, presidente del gruppo “Horizon” all’Assemblea nazionale, che fa parte della maggioranza macronista, non ha funzionato fino in fondo. Laurent Marcangeli, che sembrava essere il leader della destra in Corsica, è ora dietro al consigliere territoriale Jean-Martin Mondoloni, presidente del gruppo di opposizione di destra nell’assemblea corsa e contrario al progetto del governo. Ora è considerato il leader della destra dell’isola. Anche Josefa Giacometti, eletta nel partito indipendentista “Corsica Libera”, ha votato contro, giudicando che il progetto non è andato abbastanza lontano. Insieme ai tre parlamentari di destra, solo i simeonisti e i separatisti di “Core in Fronte” hanno approvato il progetto. Emmanuel Macron non ha quindi ottenuto l’ampio consenso che voleva, il suo progetto di autonomia è approvato a larga maggioranza dai nazionalisti dell’Assemblea corsa.

Una situazione che potrebbe rendere più difficile il voto in Parlamento, tanto più che il cosiddetto “Fronte giacobino” appare esteso.

Il Fronte Giacobino

Il settimanale “Le Journal de la Corse” in un lungo articolo ne ha dato una panoramica spaziando dal Rassemblement National al partito “Les Républicains” e citando anche molte personalità della società civile. Jordan Bardella della RN aveva già espresso la sua opposizione all’autonomia della Corsica durante gli incontri di Saint-Denis (città della periferia di Parigi). I deputati e i senatori di LR sono in rivolta contro il progetto di autonomia e Bruno Retailleau, presidente del gruppo al Senato, punta il dito contro “i rischi del comunitarismo“. Sottolinea inoltre che “accettare l’introduzione di leggi locali nell’ambito di una revisione costituzionale rappresenterebbe un pericolo di contagio tale da minare l’unità e l’indivisibilità della Repubblica“. E del resto il contagio è già iniziato da quando i presidenti della Guyana francese e della Bretagna hanno reso nota l’intenzione di “far modificare la Costituzione a favore del loro territorio“. Un contagio che potrebbe modificare anche il voto del partito di sinistra LFI (piuttosto giacobino), ma che per la Corsica è a favore dell’autonomia, “a patto che non ci sia contagio” è in ogni caso quello che Eric Coquerel, presidente (LFI) della commissione finanze dell’Assemblea Nazionale, ha detto ai dirigenti comunisti dell’Alta Corsica, durante la sua visita in Corsica nel mese di marzo, alla testa di una delegazione che ha ascoltato numerosi funzionari, eletti, leader politici e sindacali.

State capitolando di fronte ai separatisti“, ha detto il deputato di destra Francis Szpiner al ministro dell’Interno durante le interrogazioni al governo il 23 febbraio. Il presidente del Senato, Gérard Larcher, che sembra essere uno dei principali leader contrari allo Statuto di Autonomia, ha dichiarato ai giornalisti a marzo: “Rimarrò fermo. Ci sono specificità insulari, come in un certo numero di regioni della Francia, ma questo non è affrontato dal comunitarismo inserito nella Costituzione“. La stessa posizione è condivisa dal deputato Olivier Marleix (LR) e dal vicepresidente del Senato, Mathieu Darnaud.

Questo fronte giacobino, come si legge nell’articolo del “Journal de la Corse”, non è composto solo da  eletti o partiti politici, ma riunisce anche personalità e think tank che costruiscono una rete di influenza, come il professore di diritto pubblico Benjamin Morel, che insegna all’Università di Parigi Panthéon-Assas, il quale ritiene che “includere una specificità culturale dei corsi nella Costituzione minerebbe l’unità della repubblica e aprirebbe la strada a molteplici richieste comunitarie“. Il professor Morel ha ricordato le parole di Robert Badinter, presidente del Consiglio costituzionale nel 1991, che aveva censurato la “nozione di popolo corso” presentata dal ministro socialista Joxe nel suo statuto sulla Corsica. Robert Badinter ha detto che questa decisione è stata “la più importante che ha preso come presidente del Consiglio costituzionale“.

I principi fondamentali dell’universalismo e il DNA della Repubblica vengono messi in discussione. Legalmente, se mai lo riconoscerò, significherebbe che non posso dire di no ad altre richieste. Come dire di no ai bretoni, agli alsaziani, ma anche alle comunità alogene, alle persone di origine immigrata che chiedono che la loro comunità sia riconosciuta in nome del principio di uguaglianza? All’epoca, Robert Badinter insistette per redigere lui stesso i considerando della decisione del Consiglio costituzionale. Gli ex presidenti del Consiglio costituzionale, insieme ad altri 16 costituzionalisti e giuristi, hanno firmato un testo congiunto che hanno indirizzato al presidente Macron, sottolineando “che il progetto di autonomia si basa sul riconoscimento di un fatto identitario, fattore di separatismo, e non su quello della specificità territoriale, fattore di decentramento”. Questo, dicono, comporta “un rischio significativo di minare i principi di unità e uguaglianza della Repubblica. E come potrebbe questa nozione di comunità, ora costituzionalizzata, non ispirare altre rivendicazioni comunitarie etniche o religiose?”.

Verso l’indipendenza?

Altri sottolineano il rischio dell’indipendenza. Così il presidente del club Marc Bloch, Hugues Clepkens, afferma che “il progetto di autonomia sarebbe non solo pericoloso per la repubblica ma anche e soprattutto inutile. Questo progetto non fa bene a nessuno: che cosa avrebbe da guadagnare il paese a permettere a un’assemblea locale di svendere la legge nazionale a pezzi, con il rischio che i metropoliti un giorno traggano la conclusione che, decisamente, l’indipendenza è meglio di tutti questi aggiustamenti di circostanze?” Il Club Marc Bloch è composto da eletti, alti funzionari delle autorità locali, dello Stato e accademici.

Infine, nel suo lungo articolo sul fronte giacobino, il “Journal de la Corse” prende atto delle osservazioni di altre personalità che non sono specialisti in diritto, come l’ex primo ministro socialista Manuel Valls, che sottolinea anche lui il rischio del comunitarismo e dell’indivisibilità della nazione. Il generale Franceschi, che già nel 2000 si era opposto al processo di Matignon, ritiene che “l’autonomia, il diritto di essere diversi, esige inevitabilmente una differenza di diritti. Con l’autonomia, la solidarietà nazionale di cui la Corsica ha così tanto bisogno si eroderebbe seriamente o addirittura scomparirebbe”.

Se i parlamentari comunisti mettono in discussione un “desiderio di autonomia al servizio di chi e di cosa?” i rappresentanti dell’isola sono contrari, sottolineando che la Corsica “ha co-costruito la Repubblica francese con il decreto del 30 novembre 1789 che ha reso la Corsica parte integrante dell’Impero francese, e che i suoi abitanti devono essere governati dalla stessa costituzione degli altri francesi“. I comunisti corsi evocano anche la liberazione dell’isola nel 1943, di cui sono stati i principali artefici e per lo stesso motivo la “resistenza ha ristabilito la legalità della Repubblica sul primo territorio metropolitano francese liberato”.

Questo fronte giacobino, che alcuni descrivono come superato, appare tuttavia agli occhi di molti come quello che vuole portare ciò che la rivoluzione del 1789 ha stabilito come immutabile. Fonte di progresso istituzionale e sociale; è qui che nasce la nozione di solidarietà nazionale, da cui deriveranno molte leggi progressiste, come il programma del Consiglio Nazionale della Resistenza del 1945, che creò, tra le altre cose, la sicurezza sociale. È questa nozione di solidarietà nazionale, unica in Europa, che pone la Francia al di sopra di altri paesi europei in gran parte di spirito anglosassone, e che pone non poche difficoltà al diritto europeo in alcuni settori, come l’attuazione della delegazione del servizio pubblico in Corsica. L’autonomia può quindi avere ripercussioni che vanno al di là del mero problema dell’organizzazione dei poteri pubblici. Corse-Matin ha dedicato tutta la settimana le sue pagine a passare in rassegna alcune regioni autonome come la Sicilia e la Sardegna, i cui risultati in termini di autonomia sono piuttosto contrastanti. Ma la storia e l’organizzazione amministrativa dell’Italia non hanno nulla in comune con la Francia, e nell’attuazione delle regioni autonome è la specificità geografica che ha prevalso, aprendo la strada a un profondo decentramento, piuttosto che a fenomeni di specificità identitaria culturale o linguistica. In Sicilia e Sardegna non c’è un sentimento anti-italiano, come il sentimento anti-francese che per anni è portato da molti corsi, soprattutto negli ambienti nazionalisti, con esempi simbolici ma convincenti come il rifiuto di eletti nazionalisti, deputati, sindaci, ecc. indossare la sciarpa tricolore in occasione di eventi ufficiali o l’assenza di strisce tricolori sulle corone deposte ai monumenti ai caduti.

Di fronte a queste situazioni, una frangia di parlamentari socialisti e comunisti di sinistra si pone delle domande. Hanno istituito un gruppo di lavoro, ma hanno detto che “si può cambiare la costituzione solo con una mano tremante“.

Come possiamo vedere, mentre la prima fase del processo è stata un successo, le altre a venire saranno difficili e l’attività di lobbying di deputati e senatori nazionalisti è ben avviata per cercare di convincere gli indecisi.

Petru Luigi Alessandri

Fonti: Le Journal de la Corse, Corse-Matin

Petru Luigi Alessandri

Giornalista radiofonico di RCFM, si occupa tra l'altro anche della trasmissione Mediterradio, che mette in contatto gli ascoltatori di Corsica, Sardegna, Sicilia, e occasionalmente Malta e altre terre mediterranee. Per Corsica Oggi scrive in lingua corsa o, in traduzione, in italiano.

By Petru Luigi Alessandri

Giornalista radiofonico di RCFM, si occupa tra l'altro anche della trasmissione Mediterradio, che mette in contatto gli ascoltatori di Corsica, Sardegna, Sicilia, e occasionalmente Malta e altre terre mediterranee. Per Corsica Oggi scrive in lingua corsa o, in traduzione, in italiano.

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One thought on “Autonomia della Corsica: Il futuro è piuttosto incerto”
  1. Grazie per l’articolo, che aiuta a comprendere la profonda diversità nella concezione di unità nazionale tra lo stato francese e quello italiano. Il caso delle cinque regioni italiane a statuto speciale è differente in quanto sono state prese in considerazione fin dai lavori per la stesura della costituzione nel 1946. In seguito ogni regione ha negoziato le proprie competenze nel corso dei decenni, un processo che tutt’ora prosegue, ma molto aiutato dall’inquadramento costituzionale che poneva un riconoscimento fin dal principio.
    Per il caso della Corsica, credo possa essere profiquo esaminare, oltre ai casi di Sardegna e Sicilia in cui i motivi geografici prevalgono nel riconoscimento dell’autonomia, le situazioni delle regioni del nord (Valle d’Aosta, Trentino-Altoadige/Suedtirol, Friuli Venezia Giulia) in cui la ragione linguistica è stata determinante. Proprio il caso del Trentino Altoadige (4 minoranze linguistiche e in particolare nella Provincia autonoma di Bolzano a maggioranza tedescofona) ha presentato quei tratti di profondo sentimento antiitaliano e una discreta attività terroristica almeno fino al 1972, anno in cui grazie ad una intensa attività politica e lintervento della diplomazia internazionale si è giunti ad una situazione di ampia autonomia. Sebbene la questione linguistica sia il motivo principale per la sua esistenza giuridica, l’autonomia del TAA non si può ridurre a questo. Negli anni infatti l’autonomia ha consentito, oltre alla tutela delle minoranze linguistiche, una pianificazione economica capillare adattata al territorio alpino, la salvaguardia delle proprietà comuni, la garanzia di servizi pubblici in zone periferiche. I risultati negli anni sono evidenti nel confronto con le altre province alpine vicine.
    Sicuramente si nota subito che per la questione della Corsica non c’è la presenza della diplomazia internazinonale, ma le stesse circostanze storiche renderebbero difficile tale azione.

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