In Nuova Caledonia un referendum sull’indipendenza entro un anno

Entro novembre 2018 nella Collettività d’Oltremare della Nuova Caledonia si terrà un referendum per stabilire se questo territorio debba uscire dalla Repubblica francese e divenire uno Stato indipendente. L’economia caledoniana è basata per lo più sull’estrazione di nichel: un quarto delle riserve di nichel del mondo si trova qui.

Dopo 10 ore di negoziati a Parigi, il premier Edouard Philippe ha annunciato nella notte il raggiungimento di un “accordo politico” sulla consultazione in Nuova-Caledonia, collettività d’Oltremare nell’Oceano Pacifico sotto sovranità francese dal 1853. L’intesa trovata apre la strada all’organizzazione del referendum entro il novembre 2018.

«E’ un accordo politico importante», si è congratulato Philippe, salutando il clima di “fiducia” instauratosi con la delegazione della Nuova Caledonia. La delegazione è stata ricevuta lunedì sera all’Eliseo dal presidente Emmanuel Macron, un modo per evidenziare il coinvolgimento personale del presidente nello storico processo. Il capo dello Stato intende inoltre recarsi sul posto al più tardi a maggio.

A partire dal 1864, il territorio servì da colonia penale per quarant’anni. Della Nuova Caledonia fanno parte anche le Isole Loyauté e l‘Isola dei Pini. La vita politica è complicata dal fatto che la popolazione indigena, la comunità Kanak, è ora una minoranza (44%) a causa del declino della popolazione e dell’immigrazione avvenuta dalla Francia e dai suoi possedimenti. Il resto della popolazione è composto dai discendenti dei deportati francesi, conosciuti come caldoches, e da una piccola minoranza est-asiatica. La rivendicazione dell’indipendenza da parte del Front de Liberation Nationale Kanak Socialiste (FLNKS) inizia nel 1985. Il Fronte, guidato da Jean Marie Tjibaou, assassinato nel 1989, chiedeva la creazione di uno Stato, chiamato, Kanaky.

Al termine di un fragile processo di decolonizzazione avviato nel 1988 con gli accordi di Matignon, che concessero maggiore autonomia, e proseguito nel 1998 con l’accordo di Nouméa, l’auspicio è che il referendum del 2018 sia condiviso da tutti. Per l’affidabilità dello scrutinio non si esclude l’invio di osservatori delle Nazioni Unite. Un membro del governo si dice sicuro che «l’indipendenza non passerà. Quello che conta però – aggiunge – è che i risultati del voto vengano accettati da tutti».

 

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