Perché in italiano

Perché in italiano
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L’italiano e il còrso hanno vissuto insieme per secoli, sull’isola. Pasquale Paoli, “U Babbu di a Patria” scrisse “[noi còrsi] ci sentiamo italiani per lingua, costumi e PasqualeDePaoli-IsolaRossa-stradizioni”. E in italiano scrisse la Costituzione della Repubblica Corsa, proclamata nel 1755, di cui era anche lingua ufficiale. Ricordiamo che all’epoca non esisteva uno Stato italiano unitario, che arrivò più di cento anni dopo. La lingua di Dante ha continuato ad essere di casa in Corsica anche in tempi più recenti. Molti di voi avranno nonni o bisnonni che sulle botti e le damigiane scrivevano “vino” con la o, a non “vinu”, magari senza sapere esattamente il perché, ma semplicemente perché sapevano che così andava scritto.

La lingua còrsa è molto simile all’italiano moderno, molto più simile addirittura di alcune lingue e dialetti locali parlati in Italia, come il sardo, il calabrese o il siciliano.

E certamente l’italiano è molto più simile al còrso che non il francese. Basti guardare un po’ di confronti tra parole in còrso, francese e italiano, su Wikipedia, per rendersene conto. E basta vedere quanto tu riesci a comprendere di queste pagine se non conosci già l’italiano ma solo il còrso.

questacasafudifesadaifucilicorsi-sIl còrso non ha che da perdere allontanandosi dall’italiano. Rischierà di francesizzarsi e snaturarsi sempre di più. Già oggi parole come “u tuvagliolu” (il tovagliolo) sono spesso sostituite da una parola mutuata dal francese, in questo caso “a servietta”. Crediamo invece che lo studio e l’uso della lingua italiana accanto al còrso e al francese possa essere uno dei sostegni per permettere alla lingua nustrale di sopravvivere e rifiorire.

E allora proviamo ad usarlo, e vedremo quante somiglianze ha con la lingua corsa. Può aiutarci a preservare la nostra identità, e può essere occasione di arricchimento culturale e di opportunità economiche, vista la vicinanza geografica dell’Italia e all’importanza del suo turismo verso l’isola.

Se vivi in Corsica e sei uno studente d’italiano, o sei comunque in grado di scriverlo bene, e ti va di collaborare gratuitamente con noi, contattaci, sarai il benvenuto.

Questo sito gratuito di notizie e attualità vuole essere un’occasione per riprendere il filo che da sempre lega la cultura italiana e la Corsica.

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110 thoughts on “Perché in italiano

  1. Grandi, tutto il mio sostegno! Io sono italiano dello stato Italia, quindi non credo di poter essere d’aiuto, credo che siano proprio i corsi a dover far uscire la propria voce!
    Tutta la mia stima fratelli!

  2. Come è scritto in questo articolo, la cosa impressionante è proprio la somiglianza del Corso all’Italiano; la maggior parte delle lingue regionali italiane (o dialetti) non assomiglilano tanto all’Italiano quanto il Corso. Probabilmente questo è dovuto alla vicinanza con la Toscana che è la patria della lingua italiana moderna.

  3. Dire che il corso S assomiglia a l italiano va bene e anche vero ma le differenze sono anche numerose volevo dire che la conoscenza del corso non assicura per niente la comprensione della lingua italiana e vice versa

    anche se ovviamente aiuta per studiare l una o l atra bisogna secondo me precisare anche il fatto che oramai la lingua dei corsi nella vita quotidiana e il francese “dispiace anche a me ma è così ”

    ora dal punto di visto storico è vero che il toscano letterario ha avuto influenza sulla lingua corsa il corso tra l altro anche esso è una varietà Toscana differente di quella italiana ma Toscana comunque

    dirò per concludere che si capisce che quando Paoli era al poter e anche prima la gente era di cultura italica e naturalmente c’era un affinità con il toscano letterario (non ancora italiano ) ma oggi la situazione è diversa e ben chi sia ovvio che il corso S assumiglia all italiano dire che Pasquale Paoli si sentiva italiano nel 1755 non è un argomento valido secondo me perché mischia la nozione culturale e la politica d altronde la riga su Pasquale Paoli noi corsi siamo italiani … E spesso utilizzata dagli irredentisti per giustificare le loro pretese in Corsica

    essendo corso devo precisare che nessuno in corsica si sente italiano come poteva sentirsi Paoli tempo fa io parlo l,italiano (anche se mi sbaglio assai) amo l Italia sul,serio ma non mi sento italiano e la maggior parte dei corsi non si sente italiano/a ci saranno forse eccezioni ma non ne conosco proprio dei corsi che si vedono come italiani

    1. Grazie del tuo commento prezioso. Il tuo italiano è davvero molto buono. L’inter-comprensione tra còrso e italiano è quasi totale. E a seconda della regioni, alcuni italiani notano affinità tra la propria lingua regionale e alcune varietà di còrso (ad esempio liguri e toscano più con il còrso di NE). Il toscano letterario è diventato l’italiano. La teroai più diffusa tra i linguisti è che il còrso non sia solo una lingua latina toscanizzata, ma a tutti gli effetti una lingua italoromanza. La lingua dell’isola oggi è certamente il francese, ma un recupero dell’italiano non significa abbandonare né il francese né il còrso. Certo, se ci si rassegna al fatto che il francese cancelli il còrso e la sua cultura, diventando l’unica lingua dell’isola, tutti questi discorsi sono inutili. Ma se invece si vuole salvaguardare la specificità culturale della Corsica, noi crediamo che ricreare punti di contatto tra lingua còrsa e italiana sia un’opportunità da cogliere. Concludiamo dicendo che questo sito e chi ci lavora, sia italiani che còrsi, NON sono irredentisti, e che l’eventuale riferimento all’italicità o all’italianità sono da intendersi SOLO in senso culturale e linguistico, e NON politico. Inoltre precisiamo che in Italia non esistono partiti politici che facciano rivendicazioni irredentiste, e quasi nessun italiano ha questo tipo di idea. Un caro saluto e grazie ancora per aver contribuito con il tuo commento.

      1. Anche io penso che un contatto con la lingua italiana possa essere una buona cosa suppratutto per evitare il più possibile le stupidaggini che si possono leggere in Neo-corsu e spesso sono parole in francese corsisate il punto dal mio commento non era di negare il fatto che in Corsica e in italia condividiamo una cultura simile e allo stesso tempo diversa per me il bello è proprio quello

        Il mio intento era solo di evidenziare il fatto che tra il 1755 a oggi è cambiata il brano di Pasquale Paoli dove si riferisce ai corsi come italiani non deve essere preso fuori contesto cioè quello è un discorso del 18esimo e deve essere visto come tale cmq devo dire che rispetto molto il vostro lavoro i giornali in lingua italiana in Corsica sono scarsi speriamo che permetterà a tutti corsi o italiani di saperne di più sulla cultura dell’altro

        1. Hai ragione, è sempre bene ricordare che ogni personaggio e ogni avvenimento va sempre riferito al suo periodo storico. La lingua francese negli ultimi 20 anni ha eroso spazi del còrso, come l’ambito famigliare, per esempio. Sarebbe un peccato che la Corsica divenisse omologata e uguale ad altre regioni francesi perdendo la propria cultura e le proprie radici, sarebbe una perdita per la Corsica, per la Francia, e per la cultura europea. Speriamo nel nostro piccolo di poter dare un contributo. Un caro saluto!

          1. La proposta di politica linguistica di questo blog, quindi la sua linea politica, è in sostanza quella che in prospettiva l’italiano diventi la lingua ufficiale della Corsica e non il corso. Il corso rimarrebbe come un dialetto locale.
            Anzi si ritiene che solo attraverso la scelta italianista, si salverebbe il corso.

            Ora è evidente che chi perora il corso come lingua ufficiale della Corsica, passando oggi per un bilinguismo paritetico ancora da conquistare, da per scontato la caratterizzazione dei corsi come parte di una nazione a se stante e diversa e distinta dalla nazione italiana.

            Da ciò discenderebbe il diritto all’autodecisione nazionale e quindi all’indipendenza e la rinascita della Repubblica di Corsica, passando per una attuale fase autonomistica.

            Per quanto molto legato il corso all’italiano è ritenuto un volgare neolatino tutto autonomo come lo è il sardo ad esempio.
            La proposta invece di dare spazio all’italiano, così come è argomentato dagli autori di questo blog, chiaramente fa capire che siano convinti che i corsi facciano parte della nazione italiana e non di quella corsa.

            Tutto ciò basta e avanza per poter dire che questo blog sia gestito da irredentisti filoitaliani ( o da italiani ? ) che si riallacciano al filone irredentista tanto attivo prima della seconda guerra mondiale.

            Che poi sia scritto in italiano è anche utile, perchè cerca di dare notizie della Corsica , come se fosse scritto in inglese o in spagnolo, cioe in una lingua straniera.

            Quindi detto questo l’analisi andrebbe fatta sui contenuti. Sarebbe anche utile per trasparenza che fosse pubblicato l’elenco integrale della redazione dando la possibilità di capire dai nomi e dalle biografie di che cosa veramente si tratta.

        2. Complimenti per il suo italiano. Le faccio un quadro da italiano realista: certamente la Francia come successo a Nizza è riuscita a sradicare la componente nizzarda e filo italiana portando nella città della Costa Azzurra alla chiusura di giornali in lingua italiana. Con l’immigrazione di tunisini, algerini ecc. sta cercando di soppiantare anchel’identità corsa in Corsica che è più affine a quella italiana. Difatti, la lingua corsa può essere considerata un dialetto italico oltretutto molto simile alla nostra lingua. Inoltre, se guardiamo alla vicina Sardegna, alla Valle d’Aosta Trentino-Alto Adige l’Italia a differenza della Francia tutela le minoranze e le varie lingue e regionali e ciò fa in modo di non avere pulsioni indipendentiste. La Francia temo non concederà mai l’autonomia alla Corsica e a meno di un referendum sull’indipendenza la cultura e l’identità corsa scompariranno. Per evitare ciò e guardando alla storia dunque alla dominazione romana e poi pisana e genovese è chiaro che la Corsica sia più legata all’Italia dal punto di vista storico, inoltre il trattato di Versailles del 1768 sanciva il possesso temporaneo francese dell’isola ma la proprietà sarebbe rimasta invece allo Stato italiano che ha ereditato le pertinenze della Repubblica di Genova. L’Italia sono convinto che garantirebbe alla Corsica una piena autonomia e tutela a differenza della Francia per cui chiedo di riflettere sull’attuale situazione prima che sia troppo tardi.

      2. Salve sono Massimo,sono italiano ma mi ha sempre affascinato la storia della Corsica come tradizione e cultura italiana, tra l’altro ho avuto modo di venire a visitare la vostra splendida terra. Trovo meraviglioso il vostro lavoro e la ricerca di mantenere vivo la lingua corsa con in parallelo la lingua italiana. Ho letto in corso e devo dire che è praticamente quasi italiano e non ho avuto nessuna difficoltà di comprensione del testo addirittura se devo dire la verità il veneto che è il dialetto della mia città di nascita è ben diverso dall’italiano e il corso è praticamente italiano nonostante la Corsica non sia italiano, incredibile ❤️ Un caro saluto da un italiano che vive in Germania e forza ai corsi!

    2. Stai dicendo un sacco di inesattezze
      Cilonna il Bel Messere parlava un dialetto simile al laziale prima della “fiorentinizzazione” voluta dai papi che ha portato al romanesco attuale dunque un qualcosa simile a questo
      https://youtu.be/fkixHbjIlaE
      Cento anni dopo la Corsica era quasi disabitata e invasa dai saraceni così i massesi (Marchesato di Massa e Corsica) scesero a salvarla vi si stabilirono costruendo diversi castelli medievali.
      Gli apuani poetarono questo dialetto che si mescolò con il precedente.
      https://youtu.be/G8SLwnopTMw
      Poi i pisani, poi i genovesi e qualche parola sarda …. In ultimo i francesi
      Studiare un po’ di storia no?

    3. Anche Io mi sento prima toscano e poi italiano!
      Si può dire che ogni italiano è prima lombardo, umbro, ligure ecc. e poi italiano.
      Ciò è normale in Italia ma un po’ meno in Francia perché il governo francese nin tutela le lingue regionali.

  4. cari amici corsi,
    sono un italiano appassionato della vostra isola e guardo con simpatia anche la questione della cultura e lingua corsa.
    In bocca al lupo per la vostra iniziativa; paragonando la vostra situazione con esempi di bilinguismo italiano come la Valle d’Aosta, penso che avvicinarsi all’italiano sia la chiave di volta per la tutela del corso: se l’italiano fosse obbligatorio per tutti come seconda lingua come avviene in Valle d’Aosta per il francese, oltre a conoscere una lingua utile per questioni turistiche, tutti potrebbero avvicinarsi facilmente al corso per similitudine, inclusi i cittadini non di origine corsa che istintivamente non lo avrebbero magari mai fatto.

    1. io credo che il popolo Corso non si senta per niente italiano. La stessa distanza tra l’isola e Parigi è tra l’isola e Roma. Simile la situazione, per me, del Sud Tirolo dove la distanza questa volta è tea Bozen e Roma ma anche tra Bozen e Vienna. Interessante invece la salvaguardia dell’idioma corso. In questo senso C O potrebbe essere interessante.

      1. E questo è l’unico senso in cui intendere CO. I Corsi non hanno mai fatto parte dello Stato italiano né hanno mai in maggioranza manifestato il desiderio di aderirvi. Ma la lingua còrsa e la lingua italiana sono strettamente imparentati, e l’italiano ha avuto per secoli un ruolo di lingua colta e amministrativa nell’isola. Crediamo che questo non possa essere ignorato se vogliamo preservare la lingua còrsa e in generale la specificità culturale dell’isola. L’italiano deve secondo noi tornare a giocare un ruolo, accanto al còrso e al francese.

    2. impossibile. La Francia e’ notoria per la sua tendenza a non riconoscere le specificita’ locali. Se l’Alto Adige fosse stato francese oggi vi si parlerebbe la lingua di voltaire e il tedesco sarebbe archiviato. Agli amici corsi, spesso timorosi di parlare la loro lingua identitaria, un invito forte a rivendicare, pacificamente, i loro diritti culturali. Purtroppo mentre l’Austria esercita una tutela di fatto sull’Alto Adige Sudtirol l’Italia non ha mai voluto acquisire il ruolo di potenza tutrice verso gli italofoni corsi. Un peccato

  5. Sono stato nella vostra Isola per la prima volta l’anno scorso e me ne sono innamorato : è tutto bellissimo.Fatta questa premessa ci tengo a dire che sono di di un’altra isola, la Sicilia, che a parte il fatto di essere isola e di avere avuto, così come la Corsica, rigurgiti indipendentisti (arrivandoci molto vicino), non ha nessun legame storico,politico o culturale con la Corsica. Ma volevo ricollegarmi alla questione linguistica. Quando leggevo i giornali nella lingua Corsa (sono stato nel nord e quindi non so se nel resto dell’isola si parla o si scriva un idioma diverso) capivo tutto!!! E le indicazioni sia stradali o archeologiche o artistiche preferivo leggerle in Corso anzichè in francese , perchè era come se leggessi il Siciliano. Per il resto penso che i Corsi e la Corsica hanno una loro unicità specifica che ha poco a che vedere con l’Italia e ancor meno con la Francia.

    1. Grazie del tuo commento! Molti italiani preferiscono leggere (o sentire) il còrso piuttosto che il francese, e viceversa a molti còrsi è capitato di recarsi in Italia e utilizzare il còrso (o adattare il còrso) riuscendo, con loro stupore, a farsi capire molto bene. Allora, dato che la lingua còrsa – e l’unicità di cui parli – sono da decenni in grave pericolo di estinzione, perché continuare a negare il nostro passato e il nostro presente tenendo fuori la lingua italiana dal dibattito linguistico nell’isola? Senza alcun significato politico, sia ben chiaro. Distinguendo l’italiano – parlato anche in Svizzera e i regioni della Slovenia o della Croazia, dallo Stato italiano.

  6. Complimenti per questo blog che permette di imparare tante cose sulla Corsica che non sapevo come ad esempio che ai tempi di Pisa (c.a. 1000 d.c.) la popolazione dell’ Isola crebbe da 25,000 a 250,000 abitanti di provenienza Centro-Nord Italia. Spero che quanto andrò a scrivere possa contribuire al riavvicinamento dei Corsi verso gli Italiani visto che noi già li sentiamo tanto vicini e siamo loro solidali.

    Prima di tutto vorrei rendere onore ed omaggio a Pasquale Paoli, Padre della Patria Corsa, ispiratore della Costituzione Corsa del 1755, la più moderna dell’epoca; egli fu un grande uomo, illuminato, un Corso per i Corsi e come dice Lui un Italiano che aspirava per la sua gente di non dover essere “né servi, né ribelli”; non mi pare chiedesse troppo ma Genova e la Francia non la pensavano alla stesso modo. Da noi si dice che un popolo senza storia è come un albero senza radici. Coltura e Tradizione sono parole troppo importanti ma oggi, specialmente negli ultimi decenni pare si stiano perdendo qui nella vostra Isola proprio quando in tutta Europa si
    stanno risvegliando e rivalutando i sentimenti locali.

    Come voi anche io credo che se morirà il Corso finiranno anche le vostre tradizioni, la vostra coltura e i legami che ancora ci siano fra Italiani e Corsi. Leggendo da internet un testo in lingua Corsa (sia in Cismontano che in Oltramontano) e poi in
    Toscano, Italiano, Sassarese e Siciliano mi sono reso conto che davvero queste
    sono tutte lingue sorelle e che quindi i nostri non possano che essere popoli
    fratelli; questo malgrado negli ultimi 245 anni vi abbiano insistentemente
    convinto del contrario (riuscendoci quasi completamente).
    Come avrete capito sono un Italiano, di un paesino vicino Roma e mi sono appassionato alla Corsica da quando tre anni fa ho studiato con mio figlio le Repubbliche Marinare alle scuole medie. Da allora ho letto tanto da internet e ho visitato un poco il litorale del lato Nord, intorno capo Corso, l’anno scorso e un po’ di più da Portovecchio a Bonifacio quest’anno. Sono rimasto impressionato dai toponimi
    (Italiani e Isolani), dai Vostri cognomi (come i nostri), dai nomi dei negozi
    cosi familiari, dai paesaggi così simili alla Sardegna e all’Elba. Quando poi
    ho visto il battello di controllo dei litorali e ho letto sopra la scritta
    “Guardia Costiera” mi è preso quasi un sobbalzo perché da noi si chiama uguale
    (è stata una bella sensazione). Poi però entrando in contatto con le persone
    locali mi sono reso conto che la lingua Corsa, cosi simile all’Italiano, non si
    sente se non raramente e che la gente anche fra loro ed in famiglia parla
    semplicemente francese. Cosi spero che questo redazionale abbia successo e
    se c’è qualcosa che posso fare come tecnico per l’agricoltura in connessione
    con la lingua corso-italiana non esitate a considerarmi a disposizione (gratis
    si intende).
    A proposito di radici e di Storia e di come possa cambiare la sua interpretazione in base a come venga trasmessa e ricordata vorrei fare un paio di esempi che vi e ci riguardano da vicino. Premetto che oggi la Storia dovrebbe essere condivisa da tutti, diversi partiti politici, diversi Stati Nazionali, diversi Popoli essendo ormai lontani
    dagli eventi chiave e dolorosi che sono trascorsi; non c’è più bisogno di
    propaganda o di sconfiggere il nemico. Parlando qui in Corsica con una signora
    francese (continentale) che mi ha dato in affitto il residence per la mia
    settimana di vacanza mi viene detto che la Corsica appartiene alla Francia dal
    maggio 1768, come sancito dal trattato di Versailles, quando la Francia
    costrinse Genova a lasciare l’Isola ai Francesi per pagare gli oneri dovuti a
    mantenere le proprie truppe a lungo in Corsica (praticamente senza combattere e
    senza ottenere i risultati militari o politici attesi!). In effetti Genova
    aveva incaricato la Francia, Paese ad ella alleato, di aiutarla militarmente a
    riprendere il controllo dell’Isola che era oramai indipendente. Questo accordo
    avvenne nel 1764 con il trattato di Compiègne dove Genova prendeva l’onere
    finanziario dell’operazione ed autorizzava le milizie Francesi ad entrare in
    Corsica. Dopo cinque anni di infruttuosa spedizione militare rimaneva però
    impossibile saldare il conto alla Francia e Genova fu costretta a firmare il
    trattato di Versailles e a cedere la Corsica. Una volta firmato Versailles i
    Francesi entrarono realmente in campo (guarda caso) e dopo un anno di cruenti
    sforzi bellici riuscirono a domare la nuova Nazione Corsa recentemente
    costituitosi ed autoproclamatasi (14 anni prima); era il 9 maggio 1769 (come
    viene ricordata questa data?). Il problema dunque è che la Corsica è rimasta
    Repubblica fino al maggio 1769, un anno in più rispetto alla consapevolezza del
    Francese medio di oggi, anno in cui ha cercato di resistere e di cui andrebbe
    dato atto ma di cui pare non esserci traccia nelle memorie. Capisco
    l’importanza dei trattati internazionali ma oggi, negli anni 2000, non
    considerare la resistenza corsa fino al ’69 non pare corretto per stabilire
    l’effettivo passaggio della Corsica sotto la Francia.
    Altro episodio che vi e ci riguarda è quello della seconda guerra mondiale. Anche in Italia ci sono diverse memorie storiche che solo recentemente si vanno armonizzando quindi capisco benissimo che voi festeggiate il 9 settembre 1943 come giorno della Liberazione. Il giorno 8 settembre di quell’anno l’Italia fascista firmava l’armistizio con le Forze Alleate e lasciava il passo ai partigiani Italiani (in Italia) e Corsi (in Corsica) di lottare contro i Nazisti. Le forze regolari dell’esercito
    italiano allora dislocate in Corsica, circa 76,000 uomini, il 9 settembre si
    rifiutarono di accettare l’ultimatum e consegnare le armi ai 4,000 tedeschi
    della brigata SS Reichführer sull’Isola (come invece successo in altre aree
    occupate come ad esempio in Grecia) ed anzi diventano la parte più attiva nei
    combattimenti, per terra e per mare, per cacciare i Tedeschi dalla Corsica,
    coadiuvati da 12,000 partigiani Corsi e 6,000 legionari Francesi (il grosso
    arrivati il 21 settembre). Si pensi che i Tedeschi avevano nei loro piani un
    operazione a tenaglia e di spostare in Corsica, considerata come roccaforte
    strategica, anche le divisioni provenienti dalla Sardegna utilizzando il breve
    tratto di mare delle Bocche di Bonifacio. Il 3 ottobre i Bersaglieri prendono
    Bastia, ma si ritirano immediatamente, in base agli accordi, per lasciare ai
    Francesi l’onore di sfilare in città il giorno seguente. Il 5 ottobre
    1943 si spengono le ultime sacche di resistenza tedesca sull’isola che diviene
    cosi il primo dipartimento Francese liberato e l’unica grande regione europea
    nella quale gli Italiani abbiano combattuto vittoriosamente i Tedeschi
    all’indomani dell’8 settembre. A testimonianza del decisivo contributo dato
    dalle truppe Italiane, guidate dal generale Magli, nel liberare la Corsica
    dalle truppe Tedesche è il numero dei caduti Italiani nei combattimenti, circa
    700, quasi tre volte superiore a quello della somma dei caduti della resistenza
    e delle truppe agli ordini dei generali Francesi (poco più di 240 morti). Come
    sapete la guerra e l’occupazione Italiana hanno decisivamente contribuito,
    malgrado il riscatto Italiano dopo l’8 settembre 1943 (che verrà accuratamente
    oscurato da grandissima parte della storiografia Francese e singolarmente quasi
    ignorato da quella Italiana), ad allontanare la Corsica dall’Italia. A distanza
    di più di 70 anni dagli eventi non pensate che si possa smettere di festeggiare
    il 9 settembre 1943 come giorno della Liberazione in Corsica e invece celebrare
    il 5 di ottobre? A proposito di disinformazione ho letto su una delle tante
    guide sulla Corsica che questa è stata addirittura liberata dalle forze
    anglo-americane (ognuno dice la sua….cosi come gli suona meglio).
    Rimango a disposizione e invio un caloroso abbraccio a tutti i fratelli Corsi.

    Con affetto, Giancarlo

  7. Ciao, un saluto dalla Sardegna,
    Volevo solo fare una precisazione: il Sardo è una lingua neolatina come l’italiano ma non è un dialetto italiano. Il sardo è una lingua che ha i suoi dialetti.

    1. Ciao e grazie di aver commentato. Ricambiamo il saluto! 🙂 La distinzione tra “lingua” e “dialetto” è sempre labile, in linguistica non esistono in tal senso criteri certi. Ma certamente il sardo ha avuto una sua derivazione autonoma dal latino, cosa che invece il còrso non ha avuto (anche se alcuni studiosi isolani, per motivi più “politici” che linguistici, affermano il contrario). Il gallurese invece è di fatto sovrapponibile al còrso, soprattutto quello nella variante meridionale, o “suttana”.

      1. Esattamente, il corso si è sviluppato parallelamente al volgare fiorentino, che poi è diventato la Lingua italiana. Invece il sardo si è sviluppato autonomamente dalla lingua latina integrando prima i residui delle lingue antiche parlate nell’isola poi ha avuto influenze Castiglione e catalane a partire dal medioevo. Il gallurese noi lo chiamiamo anche Sardo-Corso ed è un dialetto italico. Questa è la mappa delle lingue parlate in Sardegna: Sardo (nelle sue varianti dialettali), Gallurese (dialetto Sardo-Corso), Catalano (parlato ad Alghero), Tabarchino (un dialetto Genovese parlato a Carloforte e Calasetta in una vecchia colonia di pescatori genovesi provenienti da Tabarca in Tunisia)

    2. Io credo che il Sardo sia un’entità linguistica neolatina. E’ stato lingua (cioè parlata di uso ufficiale) ai tempi di Eleonora; se vuole ridiventare lingua deve avere un impiego di carattere ufficiale e regole grammaticali obbligatorie (naturalmente a discapito delle varietà locali).

  8. saruddi a tutti, eu soggu saldhu, chisthu chi soggu iscrivvendi è sassaresu, ma li me’ linghi materni so’ l’italianu, l’ishpagnolu e lu saldhu.
    Fabeddu lu sassaressu bé e cumprendu e possu pruvà a fabiddà lu gaddhuresu puru, e pa ghissu lu cossu suttanacciu puru.
    Soggu vivvendi in Austria, soggu prufessori di divessi linghi, e fabeddu praticamenti tutti li linghi neolatini, polthughesu, franzesu, catalanu, rumenu puru…

    Invezi d’iscrivì in gaddhuresu, prefereggiu in sassaresu, tantu soggu siguru chi mi pudeddi cumprindì lu matessi.
    Lu sassaresu è una variante, o una linga, saldhu-cossa. No è cossu, ma no è nimancu saldhu. Grammaticalmente ha più sumiglianzi cun cun lu cossu, ma lu lessicu è un bè (assai) influenziaddu da lu saldhu, e la sintassi puru. Lu gaddhuresu, invezzi, è più cossu.
    Li tre linghi, in ugna casu, pa a me poni assè un’ispezia di “continuum”. Ma lu gaddhuresu e lu sassaresu no hani tutti li parauli italiani chi ha lu cossu.
    Lu saldhu, invezi, no v’entra nudda, chssu è una cosa a palthi.

    In ugna casu, pa a me no tene sensu a fà chisthu situ in italianu, e dunca, mi dispiazi, ma no vi torru a liggì.
    Mi pari una manera un bè mala d’aggiudà a lu cossu, iscrivendi in italianu!
    Ma seddi siguri d’assè cossi, li chi fani chisthu situ, e no maccari italiani?
    Lu cossu e l’italianu poni avè la matessi origini, nisciunu lu nega, è ciaru a occi, ma abà so’ dui linghi separaddi, puntu e bo…
    a turrà a dareddu no fà.

    A li cossi, e eu li cunnosciu, a li corsi, no l’interessa nudda l’italianu e s’intèndini più poggu italiani di cantu s’intèndini franzesi…dunca mancu di nudda.
    Pa preselvhà lu cossu, tocca a fabiddà e iscrivì cossu, micca italianu.

    E no è pa nudda veru chi li cossi cumprèndini bè e ancora di mancu fabèddani italianu, eu soggu andaddu un bè di ‘olthi in Còssiga, e più di dui parauli in italianu no hani dittu mai, abemmu fabiddaddu sempri in franzesu.

    E daboi, pa l’italiani po’ assè fàzili a liggì lu cossu, siguramenti, ma a cumprindillu candu fabèddani siguramenti no è cussì fàzili. V’assiguru chi un bè di saldhi no lu cumprèndini, e pa a eddi è finzamenta più fàzili chi pa a l’italiani.
    Li ùnichi chi lu cumprèndini senza prublemi so li gaddhuresi, ciaramenti.

    Un althra cosa: li italiani so’ tantu “abbalthi” candu si tratta di altrhi linghi, ciaramenti so’cuntenti chi calchidunu impareggi l’italianu fora di casa soja.
    Ma isteddi tranquilli, ca si tutta chistha propaganda la femmu pa lu gaddhuresu, pa fumentà e valorizzà lu gaddhuresu, pa dì, allora li italiani no veni a cummentà e a dì chi li biazzi, si no lu cuntrariu, chi lu gaddhuresu no selvhi, chi no è una linga, e cosi cussì…Vi pudeddi punì la filhma ; )

    Dunca, sarrendi, eu cunsiglieggiu a iscrivì e a imparà lu cossu, e a lassà pildhì l’italianu.
    A Parizi m’aggiu cumparaddu un librittu un bè bellu di Jean Chirboli, chi mi pari chi è professori di linga cossa a l’università di Corti, Le corse pour les nuls, e lu cunsiglieggiu a tutti ganti li chi si voni avvizzinà a chistha bedda linga, e suprattuttu a li saldhi, ciaramenti si cumprèndini lu franzesu.

    Avvidezzi sani

    1. Jean Chiorboli, non Chirboli. U talianu hè statu lingua di Corsica da poi sette seculi, inseme à u corsu. E oghje u corsu si ne more. Molti corsi, anche se al momento non sono la maggioranza, ritengono che riavvicinare la corsofonia all’italofonia, da cui proviene, sia una concreta speranza di salvezza per il corso. Nel 2016 arriveranno sul sito anche articoli in corso, oltre che in italiano. Abbiamo fatto diverse interviste miste italiano-corso. E corsi sono la maggioranza degli autori che scrivono su Corsica Oggi. Quindi la ringraziamo, ma rifiutiamo garbatamente il suo strampalato consiglio 🙂

      1. aggiu ibagliaddu l’innommu, e vabò, Chiorboli m’arà a paldhunà, visthu chi li soggu fendi propaganda a lu libru ; )

        Mi bari chi ni se’ iscindi un bè a fora, pitzì, dizzi chi fabeddi italianu, ma daboi no bari no, mancu pa’ nudda: si l’abii fabiddaddu bè, t’eri abbizzaddu chi se’ dizzendi una gosa e lu cuntrariu d’edda matessi.

        Se’ dizzendi ca lu me’ cunsigliu è “strampalato”, e daboi dizzi “E oghje u corsu si ne more”, “Nel 2016 arriveranno sul sito anche articoli in corso, oltre che in italiano. Abbiamo fatto diverse interviste miste italiano-corso.”

        Bè, si abii cumpresu lu ch’aggiu iscrittu eu, si puru no è italianu, eh, m’abarè a ischusà…; ), abii visthu chi l’unica gosa chi soggu dizzendi eu è propiu ghissa, a FABIDDÀ in COSSU, a ISCHRIVÌ in COSSU, no impoltha si suttanacciu, supranacciu o gaddhuresu, ma in cossu.
        Si chisthu, visthu chi l’obiettivu vosthru a gantu bari è di SAIVVÀ lu COSSU CHI SI NI MORI, ti bari “strampalato”, bè, eu ti cunsigliu una di ri dui: o a cumparà un vocabulariu d’italianu, o a ciambà obiettivu.

        “Strampalato”, o pa’ megliu dì fora di gabbu, l’abaria a dì eu, visthu chi l’idea vosthra è saivvà lu cossu fabiddendi in italianu…

        Cumenti chi li galiziani vulìani saivvà lu gagliegu fabiddendi polthughesu…a bo, si vi bari una gosa normali, fatti vosthri, no soggu cal’è l’obiettivu vosthru, ma di una gosa soggu siguru: seddi solu dui jatti cun chisth’idea in Còssiga, e pogga gosa pudeddi fà.

        L’unica gosa chi pudeddi uttinì fendi cussì, è a imparà itaglianu e a fabiddà itaglianu cun dui italiani, appuntu ; )
        A lu cossu no lu saiveddi voiasthri a sigguru buru.

        1. Micca parlendu/leghjendu talianu in vece di u corsu, ma talianu è corsu inseme 🙂
          Tu scrivi: “…galiziani vulìani saivvà lu gagliegu fabiddendi polthughesu”. Ma ti chiedo: tra il galiziano e il portoghese c’è lo stesso rapporto che c’è tra corso e italiano? E la parentela che il corso ha con l’italiano è la stessa che ha con il francese, lo spagnolo o altre lingue neolatine? Checché Chiorboli ne dica, no. Il corso è strettamente imparentato con l’italiano, e l’italiano appartiene alla storia di Corsica, fa parte del suo patrimonio, come spiega proprio la pagina “Perché in italiano” che stiamo commentando. “U corsu si ne more”; purtroppo è vero. Ma lo fa nonostante gli sforzi che da oltre 40 anni i militanti fanno per renderlo una lingua separata e allontanata dall’italofonia alla quale è stato per secoli agganciato. Non vogliamo mancare di rispetto a chi ha dedicato e dedica la vita a questa militanza, sinceramente convinto della sua causa. Ma finora non sembra aver prodotto risultati. Il corso è sempre meno parlato, specie tra i giovani, nonostante sia insegnato dalla scuola materna all’università. E allora perché – come scrisse il grande linguista corso Pascal Marchetti – rinunciare a ristabilire contatti con l’italiano? Il corso oggi arretra, solo il 3% delle famiglie (dati 2012) lo trasmette ai figli. E allora perché non dire che il corso permette da subito un’intercomprensione fortissima con l’italiano, parlato da 60 milioni di persone geograficamente vicinissime e legate da rapporti commerciali e turistici all’isola? Questo ci appare folle. Non vogliamo sostituire l’italiano al corso, ma ristabilire un contatto tra le due lingue che per secoli è stato costante e naturale.

          1. pa piazeri videmmu di no fà cunfusioni. Li relazioni intra lu cossu,l’italianu o althri linghi v’entrani più poggu di nudda. Invezi, la relazioni cossu-italianu eja ki è paragunàbili a chidda

          2. ebè, era trabagliendi, e aggiu pitzinni, no è chi bossu passà lu tempu inogghi, e lu messaggiu m’è palthiddu cussì sentza vurè.
            Era dizzendi chi la relazioni cossu-italianu è cumenti chidda galitzianu (o gagliegu) – polthughesu, anzi nemmancu.
            Eu cunnosciu la situatzioni in Ishpagna puru megliu di chidda in Italia, pa gosa soggu mezu ippagnolu, e li sumiglianzi intra lu galizianu e lu polthughesu so’ finzamenta più manni di chiddi intra lu cossu e l’italianu, e ighibbi no v’è mancu lu problema di la pronuntzia (pa gosa, maccari voiasthri dizzeddi chi lu cossu e l’italianu so guasi lu matessi, pa lu fattu di la pronuntzia pa li italiani no è micca fàtziri a cumprindì lu cossu fabiddaddu, pa gosa eddi no so’ accosthumaddi a la pronuntzia frantzesa. Lu cossu ischrittu ciaramenti è un bè più fàtziri).
            Eu fabeddu bè polthughesu, e cumprendu lu gagliegu senza problema nisciunu.
            Ebè, in Galitzia puru vi so’ calchiduni chi voni assè “annessionisti”, dimmu cussì, e chi propagandeggiani un unioni di lu galitzianu cun lu polthughesu. Pa fulthuna, eddi puru so’ dui jatti cumenti a voiasthri, e nisciunu l’ha posthu menti.
            Pa gosa, si l’aiani posthu menti, chissu saria isthaddu una tragedia pa lu galitzianu: invezi d’assè una linga offitziali e ricunniscidda da l’isthaddu ippagnolu, cumenti è abà, saria isthaddu un dialettu di lu polthughesu senza nisciuna impulthantzia.
            L’isthaddu ippagnolu puru è autoritariu, cumenti tutti l’isthaddi d’althra palthi, ma siguramenti, alumancu in campu linguisticu, no è mancu pa nudda cussì autoritariu cumenti a chiddu italianu o frantzesu.

            E dunca, eu in viriddai no soggu siguru di una gosa e bo: si voiasthri seddi avveru cussì ingenui, o si seddi in mara fedi.
            Pa gosa sinnò no è pussìbiri chi no cumprindeddi chi l’unica gosa chi l’ha saivvaddu a lu cossu, chi grazia a edda lu cossu è una linga, si puru in perìguru e tuttu lu chi vureddi, ma una linga ricunniscidda da tutti, bè chistha gosa è propiu lu fattu chi S’È MANTESU LU PIÙ PUSSÌBIRI LUNTANU DA L’ISTHADDU ITALIANU E DA LA LINGA ITALIANA.

            L’ISTHADDU ITALIANU E LA LINGA ITALIANA SARIANI ISTHADDI LA RUINA SENTZA RIMEDIU DI TUTTA LA LINGA E CULTURA COSSA.
            Anda bè chi no vi biazini li frantzesi e tuttu lu chi vureddi, ma althru chi lamintavvi…

            eu vi diggu chi ABEDDI DA RINGRATZIÀ DI ASSÈ LUNTANI DA L’ITALIA, MA RINGRATZIÀ UN BÈ PURU.

            Pa gosa sinnò lu sabeddi cosa saria diventaddu lu gossu, lu sabeddi??? no ru sabeddi??? tandu vi ru diggu eu:
            SARIA DIVENTADDU UN DIALETTU SENTZA IMPULTHANTZIA NISCIUNA, BEDDU GIUSTHU PA FÀ RIDÌ A RA JENTI, senza nisciun ricunnoscimentu offitziari, saria isthadda una gosa cumenti a lu sassaresu o peggiu.
            E eu soggu bé di gosa soggu fabiddendi, fintza troppu bé.
            Ringrazieddi di no assè in Italia, pudeddi ringrazià a tutti i santi puru, si abeddi gana.

            L’ISTHADDU ITAGLIANU SI RI MAGNA A LI LINGHI E A L’ASTHRI CULTURI, finzamenta più di cantu fazi lu frantzesu: alumancu lu cossu, lu britannu, lu baschu, hani calchi gosa, maccari poggu, di ricunnoscimentu, di uffitzialiddai, lu cossu alumancu s’impara in l’ischoli, in l’universiddai puru, invezi lu saldhu (no soggu dizendi lu sassaresu, pa chariddai, eh, soggu dizendi lu SALDHU), è imparaddu più poggu di lu cossu, e no abemmu mancu tutti li caltheddi bilingui cumenti li abeddi voiasthri.
            E attentzioni: lu cossu lu fabiddeddi andendi bé 150.000 passoni in Còssiga (no soggu migga sigguru, eh, soggu dizzendi cussì…ma in Gaddhura vi so’ guasi cussì tanti passoni chi fabèddani una varianti di lu cossu, cumenti in la Còssiga intrea…), mentra lu saldhu lu fabiddemu guasi un milioni e mezu.
            Insomma: si voi no abeddi guasi nudda, noi abemmu più poggu di nudda.

            Si lu cossu era isthaddu in Itaglia, era isthaddu più poggu impulthanti di lu marchigianu.

            Eu soggu originariu di Saldhigna ma puru di althri logghi, soggu vivendi in Austhria, né in Italia né in Còssiga né in Saldhigna, no aggiu nudda contra a l’Italia in generali e no soggu dizendi chisthi gosi pa nisciun althra rasgioni chi no sia pa gosa SOGGU A RU ZENTU PA ZENTU CHI È CUSSÌ.
            E ciaramenti pa gosa mi biazzi un bé la Còssiga, mi biazzi fintza più di la Saldhigna, e la linga cossa buru, si cumprendi.

            Si vureddi imparà l’italianu pa fabiddà cun li turisthi italiani o pa cultura passonali, ghissu andà bè, no problem.
            Ma l’isthaddu italianu ha ruinaddu li linghi di Saldhigna, e l’unica saivvezza pa lu cossu è propiu chidda di CUNTINUÀ A RESTHÀ LU PIÙ LUNTANU PUSSÌBIRI DA L’ITALIA E DA L’ITALIANU.
            Si a voiasthri vi pari chi cussì lu cossu si ni mori, chissu vori dì chi si era isthaddu umpari a l’italianu ERA GIÀ MOLTHU E SIPULTHADDU DA UN BÈ, vi pudeddi punì la filhma.

            Pa fulthuna tutti li cossi lu sani chi è cussì cumenti soggu dizendi eu, so’ intelligenti e no si so’ lassaddi friggà.
            Tocca a fabiddà in COSSU (supranacciu, suttanacciu, puru gaddhuresu) E BO.

            Gute Nacht

          3. Lo stato italiano e la lingua italiana sono due cose ben distinte 🙂 Come mai la lingua italiana nel Canton Ticino svizzero non è stata la rovina del ticinese, vivissimo ancora oggi? Come mai in Istria non si sono battuti per la co-ufficialità con l’Istroveneto, anche quello ancora parlato, invece che con l’italiano? Come mai l’italiano non è stato la rovina, in Italia, del veneto, del bergamasco, del siciliano, dello stesso sardo, del romanesco, del napoletano parlato da 5 milioni di persone e con una fiorente letteratura di prosa teatrale e un enorme repertorio musicale famoso in tutto il mondo? Sono “dialetti senza importanza” come li chiami tu? Come mai l’italiano non è stato la rovina del corso, essendo stato lingua ufficiale di Corsica per diversi secoli e fino al 1859 – ossia 90 anni dopo la conquista francese – quando fu vietato come lingua amministrativa dallo Stato francese? http://corsicaoggi.altervista.org/sito/accadde-oggi-il-4-agosto-1859-la-francia-vieta-la-lingua-italiana-in-corsica/
            Lo stare lontano dall’italiano è stato provato ormai da 70 anni. Non ci sembra che stia funzionando, dato che il corso sta sparendo rapidamente ed è tra le lingue a rischio estinzione dell’UNESCO. Se poi tu vuoi fare discorsi puramente politici e strumentali, è un altro paio di maniche, come si dice.

          4. ma pia piazeri, li discorsi isthrumentali li se´ fendi tu, pa gosa tu sei italianu, o filu-italianu, e voi difindì l’isthaddu italianu, ma tantu no ti poni menti nisciunu in Còssiga, la jenti no ha migga li “occhi foderati a prosciutto”, cumenti dizini li italiani.
            E sei miscendi l’agliu cun la ziodda, pa’ pruvà a saivvà lu chi no si po’ saivvà.
            Ti l’ispiegu eu la situatzioni.
            Eu invezi difendu la me’ linga e la me’ cultura, e pa ghissu soggu pa zelthu chi l’isthaddu italianu vo’ DISTRUGGÌ tuttu gantu.
            Lu chi diggu, eu li diggu in l’interessi di lu cossu, migga in l’interessi meu.
            L’isthaddu frantzesu puru vo’ distruggì, ma li linghi in Frantza hani più offitzialiddai chi in Italia.
            L’isthaddu italianu invezzi a noi in Saldhigna no zi vo’ mancu lassà punì li CALTHEDDI ISTHRADALI IN SALDHU.
            A lu cumprendi??? si no lu voi cumprindì, no è culhpa mea.

            Tandu, in Tizinu no so’mai isthaddi italiani, cumenti li cossi, e anda bè.
            Ma eddi hani SEMPRE FABIDDADDU ITALIANU, lassendi lu tizinesu a un dialettu sentza nisciuna offitzialiddai e di usu un bè ischarsu.
            E gosa ti gredi, chi no vi so’ andaddu più di una ‘oltha in Tizinu??
            A lu voi sabè canti ischritti vedi in tizinesu in li carreri a LUGANO???
            ZERU VIRGULA ZERU A LU CUADRADDU.
            Eddi lu tizinesu lu fabeddani in casa e bo, cumenti li di Como lu comaschu, etc etc.
            E chisthu lu chi vureddi pa lu gossu??? pa chissu vureddi l’italianu?????
            ma tandu dizzeddiru!!!
            Ma no vureddi invezzi lu cossu uffitziali, no vureddi lu cossu in l’ischoli, no abeddi li caltheddi in cossu, libri in cossu etc etc etc????
            ma a gosa semmu jughendi tandu????
            Li tizinesi invezi hani da saivvà lu so’italianu (chi è divessu in zelthi gosi da l’italianu di li italiani, cumenti lu frantzesu di li rumandi da lu frantzesu di Frantza), eddi voni l’italianu in l’ischoli, hani libri in italianu, etc etc.
            Cumenti a Ginevra, voni lu frantzesu in l’ischoli, hani libri in frantzesu etc etc. Cumenti a Zurigu lu tedeschu, e puru eddi fabeddani TUTTI GANTI Schwytzerdütsch, in la televisioni puru.
            Ma invezzi voi vureddi difindì LU COSSU, no l’italianu, o mi soggu ibagliendi???
            Eccu pa gosa lu Tizinu no v’entra nudda.

            Cantu a l’Isthria, pa piazeri.
            Aggiu trabagliaddu un pocareddu a Rovinj, propiu lu gori di l’Ishria.
            Un bè di passoni fabeddani o cumprendini italianu, ma agabba ighibbi. L’istroveneto, cumenti se’ dizzendi tu, l’hani da fabiddà dui jatti,
            Vi so’ dui caltheddi in italianu e bo, cumenti a L’Aliera vi so’ in algaresu, o in Sitziria in albanesu, nudd’althru. E soramenti in un paggiu di biddi in lu gorru di l’Isthria sutta a Capudistria.
            Già si andi a Pula vi nn’è di mancu, e a Rijeka (Fiume) mancu pa nudda.
            E in ugna casu, no è lu matessi casu di lu cossu, nemancu chisthu. Eddi, dui jatti, aiani a saivvà l’italianu, l’sitroveneto è molthu è sipulthaddu.
            Ma voiasthri abeddi a saivvà lu cossu!!!! a no lu vedi chi no è lu matessi???

            lu casu gari a chiddu di la Còssiga, ti l’aggiu posthu eu: la Galitzia.
            Eddi eja chi hani saivvaddu lu galitzianu, e cumenti!!!!
            e pa saivvallu, hani USADDU LU GALITZIANU E BO, LASSENDI PALDHÌ LU POLTHUGHESU!!!!
            CHISTHU EJA CHI È LU CASU ZENTU PA ZENTU CUMENTI A LU CASU DI LA CÒSSIGA, E IN CÒSSIGA TOCCA A FA LU MATESSI, A USÀ LU COSSU E BO!!!!

            e no è veru chi chistha gosa no ha pulthaddu nudda, cumenti se’ dizendi tu: abeddi lu cossu in l’ischoli, in l’universiddai, in la linga ischritta.
            Abeddi più cosi di calesissia dialettu o linga italiana, althru chi.
            Si lu fabiddeddi in pogghi, è pa gosa in Còssiga seddi in pogghi, a zi ni vo’!
            ma si useddi l’italianu invezi di lu cossu, tandu si chi lu cossu si ni mori.

            lu veneto, bergamaschu, sitzilianu, finzamenta napolitanu, cumenti se’dizzendi tu, so linghi, ma li italiani li giàmani dialetti.
            No hani nisciuna uffitzialiddai, so posthi ind’unu cuzoni, so boni soramenti pa dì dui cazzaddi, sigundu li italiani eh, migga sigundu me!!!!!!!!!
            Prestigiu sotziali??? sutta zeru.
            Usu in li mezzi di comunicatzioni??? sutta zeru.
            Usu in l’ischoli??? sutta sutta zeru.
            È chisthu chi vureddi pa lu cossu???? tandu l’abeddi a dì, ca sinnò, sempri pa usà modi di dì italiani, abeddi “la coda di paglia”.
            È ridiculu chi mi fabeddi di lu napolitanu, candu è l’esempiu ciaru di lu chi so’dizendi eu: LU NAPOLITANU PUDIA ASSÈ UNA LINGA CUN L’IMPULTANTZIA DI LU CATALANU (!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!), SI L’ITALIA FUSSIA ISTHADDA CUMENTI A L’ISHPAGNA (e li napolitani cumenti a li catalani, ok), INVEZI È RIDOTTU A UNA SUTTASPETZIA DI DIALETTU DI QUART’ORDINI, SENTZA MANCU UN ISHTRAZZU DI USU UFFITZIARI. beddu soru a fa ridè la jenti.
            PA LI ITALIANI, EH, MIGGA PA A ME!!!!!!!!!!!!!!!!!
            pa li italiani, li napolitani so’ passoni suttaculthuraddi chi mancu sani fabiddà bè italianu, e lu napolitanu è una suttaspezia di dialettu impresentabiri.
            E SI NO MI CREDI E NO HAI “la coda di paglia” TANDU ANDA IN GIRU A ROMA, A MILANU, A FIRENZE, E PREGUNTA UN POCAREDDU A LA JENTI LU CHI PENSANI DI LU NAPOLITANU, PREGUNTA….a vidè lu chi ti dizzini.

            LU NAPOLITANU IN ITALIA HA PIÙ POGGU PRESTIGIU DI CALESISSIA LINGA IN UN ALTRHU ISTHADDU, la tristi viriddai è chistha.
            In tutti l’isthaddi abà si so’ turraddi a iscidà cun li linghi, ma in Italia mancu priguntani si unu è fabbiddendi in napolitanu, o sitzirianu, etc…dizini “dialetto” pa tutti ganti, e bo.

            In Frantza la situatzioni nemancu è cumenti in Ishpagna, ok, ma alumancu in Frantza v’è più interessu, vi so’ più pubblicatzioni.
            Soggu andaddu da poggu a Parizi, in una libreria di linghi a presu di la ziddai universitaria, e vari edituriali, par esempiu ASSIMIL, hani fattu libri e guidi in tutti li linghi di Frantza, COSSU, BRITANNU, BASCHU, ALSATZIANU, finzamenta MARSIGLIESU, OTZITANU, PRUVENTZALI, etc etc etc….

            T’ISFIDU A AGATTAMMI UNA COSA CUSSÌ IN ITALIA!!!!!!!!!!

            vi so più cosi di la linga SALDHA in tedeschu chi no in italianu, a no lu sabeddi chi lu saldhu s’insegna in divessi ischoli in Alemannia e in Austria, e finzamenta a Brno in Tzekia, e a l’universiddai di Isthoccarda puru??????
            In Italia, zeru virgula zeru.

            Pa chissu e pa un bè di cosi ancora, una oltha di più, RINGRATZIEDDI DI ASSÈ LUNTANI DA L’ITALIA E DA L’ITALIANU, CHISTHA È LA SAIVEZZA DI LU COSSU, ca sinnò era isthaddu molthu e sipulthaddu da un bè.

          5. Prima mi dici di comprarmi un vocabolario di italiano perché non lo capisco, poi che sono italiano. A chi non ha argomenti, non rimane che urlare, come stai facendo tu 🙂

            “lu veneto, bergamaschu, sitzilianu, finzamenta napolitanu, cumenti se’dizzendi tu, so linghi, ma li italiani li giàmani dialetti.No hani nisciuna uffitzialiddai, so posthi ind’unu cuzoni, so boni soramenti pa dì dui cazzaddi, sigundu li italiani eh, migga sigundu me!!!!!!!!!” Dunque… ci sono molti siciliani, bergamaschi e napoletani che chiamano “dialetto” la propria parlata, ma non per questo non lo parlano. Anzi. Molti “dialetti” sono in miglior salute di alcune “lingue”, vedi in ladino. La co-ufficialità senza la trasmissione familiare non può nulla. E in Corsica le persone non trasmettono più la lingua ai figli. Questo è un fatto.

            “RINGRATZIEDDI DI ASSÈ LUNTANI DA L’ITALIA E DA L’ITALIANU, CHISTHA È LA SAIVEZZA DI LU COSSU”. E infatti si vede quale salvezza è stata. Una lingua chi si ne more, imbullicata di parolle francese.

            Se una strategia non funziona, si può continuare a seguirla o tentare strade nuove. Che magari vuol dire semplicemente ripercorrere le vecchie.

          6. ma va va, tu hai dimusthraddu di no cumprindì bè l’italianu pa gosa hai usaddu aggiettivi a disora, puntu, daboi voiasthri seddi una congretzatzioni di simil-pseudo-irredentisti, dunca siguramenti vi sarà calchi italianu infilthraddu.

            Daboi, se’ tu chi no sai più gosa dì, e pa ghissu ciambi li gosi, tipica gosa di chi no sa gosa dì, appuntu.

            Ciambi la rialiddai, no sai di gosa se’ fabiddendi, né gos’è lu galitzianu, né gos’è lu ladinu, ma pa piatzeri.
            Lu dizi tu chi lu ladinu è in mara saruddi, ma va va, anda a fa un giru, intantu è una linga ricunniscidda, e anda puru bè, pa gosa edda è in SUDTIROL. È si v’è una regioni chi s’è disthantziadda da l’isthaddu italianu, edda è appuntu lu SUDTIROL.
            Infatti, li sudtirulesi no so’ migga iscemi, l’hani posthu li gosi ciari a l’isthaddu italianu: o feddi cumenti dimmu noi, o zi nn’andemmu.
            E l’isthaddu italianu hà imbasciaddu lu gabbu, e eu soggu un bè cuntentu pa li sudtirulesi, chi alumancu hani uttiniddu lu chi li saldhi no poni o no sani uttinì.

            E tu avveru hai l’occi “foderati a prosciutto” pa pinsà chi si trasmetti megliu li bergamaschu o li sitzirianu di lu ladinu!!!!

            Ma vi se’ andaddu a Como, o a Bergamo??? ma hai intesu a pitzinni fabiddendi “dialettu”??? ma hai visthu ischritti in “dialettu”???? MA SI NO V’HÀ MANCU JENTI MANNA CHI LU FABEDDA, LU “DIALETTU”, È TOTALMENTI FORA DI OGNA CUNVERSATZIONI, ESATTAMENTI CUMENTI IN GUASI TUTTI LI PALTHI DI L’ITALIA.

            torru a dì un althra oltha: l’ITALIA SI RI MAGNA A LI LINGHI E A LI CULTURI. Ringrazieddi un bè d’assè luntani.

            In Lumbardia li dialetti so’ molthi, sipulthaddi, l’hani fattu l’interru e l’hani posthu chisgina puru, in lu baulu.
            Mancu un miraguru li po’ turrà a iscidà.

            Voiasthri in Còssiga abeddi una trasmissioni siguramenti un bè più folthi di chidda chi v’è in Lumbardia, e no zi ni vo’ assai, pa gosa in Lumbardia è gari a zeru.

            E rispettu a la Sitziria, lu matessi: a Palemmu intra poggu lu palermitanu sarà ishpariddu, cumenti a Sassari lu sassaresu.
            E ti lu diggu eu chi cunnosciu un bè bè la Sitziria puru.
            A Palemmu a fabiddà sitzirianu è cunsiderraddu “grezzo”, gaggio dimmu in Sassari, e CHISTHU LU PENSANI LI PALERMITANI, MIGGA EU!!!!
            È chisthu chi vureddi pa lu gossu???? ma tandu l’abeddi a dì e bo.
            In li biddi, in Sitziria, vi n’è ancora, di sitzirianu, ma prestigiu sotziari gari a zeru virgula zeru, la Còssiga in cunrontu è la Catalunya!!!!!

            E daboi è tuttu lu cuntrariu di lu chi se’ ditzendi tu, ma tu o no ni sai nudda di linghi, o sei in mara fedi:
            UNA LINGA PO’ ANDÀ A DANANTZI ANCORA CUN (RELATIVAMENTI) POGGHI CHI LA FABEDDANI, SI È UFFITZIARI E IMPARADDA IN L’ISCHOLI.
            Chisthu è lu casu di lu baschu, di lu cossu, di lu GAELICU, chi si puru la fabeddani ancora più pogghi di lu cossu, è finzamenta UFFITZIARI in l’Unioni Europea.

            A lu contrariu, si una linga è dialettizzadda, no po’ fa nudda; DANANTZI O DABOI, hà da ISCHUMPARÌ.

            E chisthu chi vureddi pa lu gossu?
            althru chi amigghi, voi seddi inimigghi manni di la linga cossa, e v’aggradaria l’italianu in Còssiga, ma chissu no ha a sutzidì mai, seddi dui jatti, no v’è mancu un cossu chi vi poni menti.

            Eu isthimmu a lu sitzirianu e a l’althri linghi italiani più di gantu fani li sitziriani matessi, pa a me lu sitziarianu aia d’assè uffitziari, appalthi chi lu cumprendu bè.
            E inogghi v’è finzamenta una guida SITZIRIANU-ALEMANNU, ah, v’è puru COSSU-ALEMANNU, vi la cunsigliu ; )

            L’ha ischritta PASCAL MARCHETTI, Kuaderwelsch, Korsisch Wort für Wort, ma siguramenti Marchetti è un inimiggu vosthru, pa gosa a eddu no li nn’affutti di l’italianu e pensa a lu COSSU E BO, daboi eddu è professori puru a l’universiddai di Parizi.

            Ebè, chisthi guidi Kauderwelsch vi so’ puru pa lu saldhu e appuntu pa lu sitzirianu, e lu sabeddi chi l’ha ischritta pa lu sitzirianu?????
            UN ALEMANNU!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

            e t’ishfidu a m’agattà una guida cussì pa lu bergamaschu o l’alhri linghi chi se’ fabiddendi a disora e chi no n’attacca né a janna né a muru.

            A assè un dialettu dishprezziaddu da li abitanti matessi, è una vagogna manna, pa gosa chisthu arregga a l’immentigu e a l’ishparitzioni.
            Si è chisthu chi vureddi pa lu gossu, l’abeddi a dì.

            Eu vivvu in Austria, e inogghi no semmu in Itaglia, inogghi sì chi li dialetti hani cunsideratzioni manna, vi so’ libri in viennesu, ischritti in viennesu in la pubbliziddai, tutti fabeddani in viennesu, si voi campà inogghi hai da sabè un pocareddu lu viennesu puru.
            Ma chisthu è inogghi. In Itaglia migga è cussì.
            Migga pa campà in Milanu hai da sabè lu milanesu!!!!!
            Inogghi fabeddani tutti ganti in viennesu, in Milanu mancu un cucciucciu in milanesu! mancu unu a gasu, si se’ andaddu alumancu una ‘oltha a Milanu l’hai da sabè.

            Inogghi eja chi v’è la trasmissioni orali familiari chi se’ dizzendi tu!! ma INOGGHI IN AUSTRIA, migga in Italia!!!
            In Italia no v’è lu resthu di nudda, lu modellu italianu è totalitariu e ammazza-linghi, e chiddi di l’Italia so linghi, attenzioni, dialetti li ciamaddi voiasthri pa disprezzalli, ma chiddi so LINGHI!!!
            Inogghi so’dialetti. L’austriacu e l’alemannu so la matessi gosa, atzentu e calchi paraula a palthi.
            Ma lu milanesu e l’italianu, so’ dui mondi a palthi, lu milanesu è una linga gallo-italica, pa dì.

            Dunca, eu resthu sempri di la matessi opinioni: LU PIÙ PUSSIBIRI FORA DA L’ITALIA E DA LU TALIANU È L’UNICA SAIVVEZZA PA LA LINGA COSSA

          7. No, nessun irredentista. Neanche simil o pseudo 🙂 Ripeto, se non ti sta simpatico lo Stato italiano fatti tuoi, liberissimo. A noi non interessa la repubblica italiana ma la lingua italiana, la lingua in cui il generale Paoli scrisse la Costituzione della Repubblica corsa, in cui era scritta quella del Regno anglo-corso, la lingua in cui si insegnava all’Università di Corsica, la lingua che accanto alle varie parlate del corso, era usata in tutta l’isola. Per tutto l’800 i Corsi si ritennero francesi di lingua e cultura italiane (che non c’entra nulla con l’appartenenza politica all’Italia), mentre poi iniziò un processo che li porta oggi a sentirsi di lingua e cultura corse. Dopo l’occupazione del 42 i legami con la Penisola e la sua cultura si sono definitivamente spezzati. Negli anni 70 le parlate corse sono state riunite nella lingua corsa, dotata di grammatica, di un’ortografia (in cui Geronimi e Marchetti inserirono volutamente delle trappole ortografiche come ‘è’ per ‘e’ ed ‘hè’ per ‘è’ che prima non esistevano). Nella Corsophonie dell’83 Marchetti ritrattò, dicendo che era necessario un riaggancio all’italiano, come ribadì in un dibattito sulla rivista A Messagera nel 97 e nella prefazione all’Usu corsu del 2001. È un filone di pensiero non maggioritario ma comunque diffuso, e crediamo che vada rispettato, senza insulti o accuse assurde.

            Inoltre spiegaci: se la lontananza dall’italiano (che c’è da ormai oltre 70 anni) è la salvezza del corso, come mai il corso sta scomparendo? Non dovrebbe godere di ottima salute?

          8. no v’è nisciun accusa, lu chi è assuldhu pa a me è la teoria vosthra e puntu.
            Voi pudeddi cuntinuà cumenti vureddi, eu soggu cuntentu chi seddi soru dui jatti e chi nisciun cossu vi poni menti.

            Pa gosa eu soggu siguru chi la linga italiana poltha li althi linghi (minoritari o “dialetti”) a la molthi, peggiu di lu frantzesu si è pussibiri, eu soggu siguru chi l’isthaddu itallianu e la linga italiana so’ la cosa piggiori chi v’è in campu linguisticu in tutta Europa (no v’è nisciun isthaddu europeu, o alumancu eu no ni cunnosciu, undi li linghi so cussì dispretziaddi cumenti in Italia), e pa ghissu soggu un bè ma un bè cuntentu chi lu cossu e la Còssiga alumancu so’ fora da chisth’iscempiu.
            E no possu assè cuntentu? si soggu cuntentu, soggu cuntentu.

            Lu cossu no ha nisciuna ottima saruddi, no soggu tzeggu e lu soggu eu puru.
            Ma torru a dì, si era isthaddu cun l’Italia e cun l’italianu, era già molthu: no si saria imparaddu in nisciun’ischola e l’Italia no v’abaria lassaddu punì mancu li caltheddi in cossu.
            Invezi, voi no soru li puniddi in cossu, ma pudeddi puru cantzillà l’innommi in frantzesu ; )
            L’Italia no v’abaria lassaddu fà chissu, pa gosa l’Italia è finzamenta peggiu di la Franza, ma tranzilli, no ha a durà migga in eternu, l’Itaglia ; )

            Dunca, sarrendi, ricuperà cultura e ligami anda bè, sentza immintiggà chi tuttu lu chi se dizendi tu è gosa moltha e sipulthadda: saria cumenti chi in Saldhigna zi punimmu a ricuperà ligami cun lu catalanu!
            E si li cossi si so’distantziaddi da l’Italia, è propiu pa lu chi soggu dizendi eu, pa gosa hani visthu chi no selvhi, e pa a me hani un bè di rasgioni.
            Tuttu chisthu no li selvhi a nudda a la Còssiga abà, si a voi v’interessa l’italianu so’ fatti vosthri, seddi libbari d’isthudiallu, cumenti eu isthudiu lu selbu-croatu, ma a la Còssiga li selvhi soru a fabiddà e a ischrivì in COSSU, migga in althi linghi, cossu supranacciu, suttanacciu o gaddhuresu buru, ma cossu.

          9. e un althra gosa: si è Marchetti chi ha fattu chistha riforma di è/hè tantu megliu, è una di li gosi più giusthi di la linga cossa, chi palhmetti di distinghì intra congiunzioni, artiguru e velhbu.

            E no v’entra nudda si prima no era cussì: la linga ha da assè rifulhmadda, e no v’è bisognu di nisciun italianu.
            In Saldhigna puru abariani a distantzià lu saldhu ancora di più da l’italianu (e si voi vi lamintaddi di parauri frantzesi in lu cossu, cosa pinseddi, ingenui, chi in saldhu no vi nn’ha un bè in italianu?? Ma li linghi s’influentziani: puru l’italianu chi fabeddani li saldhi è influentziaddu da lu saldhu/sassaresu/gaddhuresu).

            La regura è/hè/e è utiri: alumancu sabemmu chi E è artiguru,È congiunzioni e HÈ velbhu.

            Candu vi so’ ghisthi situatzioni, s’ha da fà cussì.
            In polthughesu v’è A chi è artiguru, e tandu candu v’è A+A (prepositzioni più artiguru: A LA saria in ippagnolu) in polthughesu s’iscrivi À.
            Elementari, no? nudda fora di lu mundu, chisthu no po’ fastidià a nisciunu, a no assè chi calchidunu vuria chi lu cossu è gari a l’italianu…

            Bè, chiddu calchidunu ha pessu. Lu cossu si n’è andaddu pa la carrera soja, cumenti è giusthu chi sia.

          10. L’introduzione di
            “è” invece di “e”
            “hè” invece di “è”
            “nò” invece di “no”
            “trà” invece di “tra” o di
            “trè” invece di “tre”
            è stata fatta e permane ancora oggi, dice lo stesso Pascal Marchetti nell’introduzione a “L’Usu corsu” del 2001, per “motivi che linguistici non sono”. Lui ha tentato di tornare indietro, ma ormai l’ortografia del 1971 era stata adottata da tutti ed è difficile ora riformarla, anche volendo. Ma è intellettualmente onesto riconoscere che i motivi di alcune scelte erano politici, non c’era alcuna necessità linguistica.

            Come politici sono i tuoi intenti, come spieghi bene con la tua frase: “L’Italia no v’abaria lassaddu fà chissu, pa gosa l’Italia è finzamenta peggiu di la Franza, ma tranzilli, no ha a durà migga in eternu, l’Itaglia ; )”

            Lasciaci fuori dalle tue lotte politiche personali! Qui si parla d’altro.

            L’italiano era la lingua ufficiale della Corsica indipendente di Pasquale Paoli, e dunque appartiene al nostro patrimonio, senza dover chiedere permesso alla repubblica italiana, così come non lo deve chiedere la Svizzera. Ai Corsi sta la scelta se sfruttare o meno la sua lingua storica, così vicina alla lingua corsa, o se ignorarne le opportunità in un momento in cui il corso rischia di scomparire per sempre.

          11. ma pa piazeri, politichi occulthi seddi voiasthri, filo-taglian-irredentisthi. ma no vi gredi nisciunu, no frigheddi a nisciunu.

            Eu alumancu no mi cuo.
            Eu lu diggu ciaru, lu chi soggu.
            Fabeddu italianu cumenti a linga materna, no aggiu nudda contra a l’Italia, finzamenti l’imparu a l’asthri, la linga italiana.
            Ma, si puru soggu un poggu saldhu, un poggu ipagnolu, m’intendu saldhu, vogliu lu saldhu cumenti a linga di la Saldhigna, imparu lu saldhu puru a la jenti, e m’aggradaria chi lu sassaresu fussia più imparaddu. E mi biazzi lu cossu, e lu cumprendu sentza prublemi, e possu fabiddà gaddhuresu.
            E pa la Saldhigna eu prifireggiu un futuru a ra sora, sentza l’Italia, soggu indipendentistha pa la Saldhigna, m’aggradaria, e nudda po’ durà in eternu, pa ghissu, primma o daboi, l’Italia puru no sarà cumenti è abà, e la Saldhigna puru no sarà cussì.
            Po’ assè megliu o peggiu, ma no po’ filhmà in eternu cussì.
            È la natura di ri gosi, ciamba tuttu. Po assè in dui anni o in dui securi, ga ru sa?
            Eu isperu chi sia in li prossimi zincuant’ anni, cussì lu possu vidè eu buru, fendi li gorri ; )

            E dunca, cosa diauru voi, dittu ciaru ciaru? no è lu matessi chi vureddi voiasthri, l’indipendentzia da ra Frantza???
            E allora gos’è, si è da la Frantza anda bè, si è da l’Italia no anda bè???
            “Coda di paglia”????

            ma se’ siguru d’assè corsicanu??? No mi pari pussìbiri.
            Tu hai li tipichi idei fissi e posthuri mentali di l’italianu mediu, un corsicanu no rasgiona cussì.
            Un corsicanu saria cuntentu chi asthri s’interessiani pa la linga e la cultura corsicana, invezi tu t’affanni a ribattì, pa gosa hai l’illusioni chi asthri s’interessiani a la to’ mammà Itaglia.
            Ma ti faddi: a nisciunu li nn’affutti di l’Itaglia, in Còssiga, e finzamenta in Saldhigna li nn’affutti un bè più poggu di primma ; )

            In cantu a la leggi orthografica, è un althra paranoia di voiasthri, ma eu, una oltha di più, soggu d’accoldhu cun la maggiorantza di li cossi. la leggi orthografica anda un bè bè, no impoltha si l’hani fatta pa rasgioni linguistichi o politichi, ma anda un bè bè, a Sassari si dizzi è un bè toga, poni li gosi in ciaru in l’orthografia, cussì no si cunfondi e congiuntzioni cun è velbhu né cun e artiguru.
            Vi so’ normi cussì in polthughesu, in italianu puru, nudda d’isthranu!
            E alumancu aggiuda a mantinè la linga cossa un bè indipendenti da chidda italiana, cumenti è e sarà, e cumenti è giusthu chi sia.

          12. Hehe iè, simu di a CIA! 🙂

            Per piacere, non renderti ridicolo. Se conosci politici irredentisti corsi, o anche italiani, facceli conoscere perché non se ne vedono in giro dagli anni 40. E per fortuna!

            Ripetiamo che l’italiano non è proprietà dello stato italiano, è stato l’unica lingua ufficiale della Corsica indipendente, è la lingua in cui è scritto il Dio vi salvi Regina, la Costituzione, parlato e scritto per secoli, accanto alle parlate corse parlate oralmente. Ed è stato abolito dai Francesi nel 1859, visto che era ancora lingua amministrativa 90 anni dopo la conquista, non è stato ripudiato dai Corsi!

            Scrivo cose troppo complicate? Forse giudichi i “corsicani” troppo stupidi per poter scrivere correttamente in italiano o in un’altra lingua? Tutti noi siamo italiani travestiti da Corsi. anche Paul Colombani, anche Urelianu e Lucie Gaspari che hanno realizzato le interviste miste italiano-corso che puoi vedere sulla nostra pagina Facebook. Se un Corso non la pensa come te, è fasullo. Bene.

            Detto questo, per piacere rispondi all’altro commento e facci sapere le tue proposte alternative per la salvezza della lingua corsa.

          13. e cumenti si vi nn’hà di italiani irredentisthi chi vuriani addareddu l’Isthria, undi no v’è più nisciun italianu e chi è pessa pa sempri.

            Invezi, so’ eddi chi hani da turrà addareddu lu Sudtirol, chi è tarra austiaca usulhpadda, populadda da lu 65% di tirulesi,

            Lu fattu chi l’italianu è isthadda linga in Còssiga no v’entra nudda, lu catalanu e l’ishpagnolu puru èrani linghi di Saldhigna, ebè???
            l’italianu era linga di Maltha, ebè???
            Lu frantzesu era linga di Val d’Aostha, ebè???
            l’ipagnolu era linga di li Filippini, ebè???
            lu selbhu-croatu era linga di Matzedonia, ebè???
            Cumenti vedi, chisthu fattu chi seddi nendi dogna voltha a tipu “mantra” voaisthri, no v’entra nudda, no li nn’affutti a niscinu, no n’attacca né a gianna né a muri, e no ha nisciuna impulhtantzia.

            Lu se’dizendi puru du: l’italianu ni l’hani bugaddu in lu 1859 da la Còssiga, azzz, arimani se’dizendi!!!
            In lu 1859, daprimma di nascì l’Italia!!! ma ti nn’abbizzi???
            Si no vi vureddi giamà irredentisthi, giameddivi cumenti v’aggrada, ma chisthu vivì in lu passaddu è una gosa fora di ogna rasgioni.
            Ma lasseddi paldhì, ciambeddi carrera, è logicu chi nisciun cossu vi po’ puni menti!!!!
            Seddi fora d’ogna epoca.
            E gos’è, andeddi in giru visthiddi cumenti a Pasquari Paoli puru??? ; )

            Ancora vi dorri cun chistha isthoria, se’ duru eh, ti torru a dì chi no mi nn’affutti nudda si voasthri impareddi l’italianu, ma gosa mi ni po’ affuttì??? Medaglia vureddi??
            chi daboi no è chi sia cussì divessu da lu cossu pa a dì chi abeddi fattu chissà gari ischobeltha, imparendi l’italianu ; )
            Dognunu po’ imparà la linga chi vori, t’aggiu dittu chi eu ni soggu una dezina…e migga tutti fàtziri…, zi mancaria si voashtri no pudeddi isthudià l’italianu. E daboi di l’italianu, eu vi diria di passà a lu catalanu, pa esempiu ; )

            Lu puntu è un asthru: a me mi biazi lu COSSU in Còssiga, migga l’italianu, pa ghissu soggu cuntentu chi no vi poni menti nisciunu, e eu vogliu chi in Còssiga continueggi a assè isthudiaddu e fabiddaddu lu COSSU, cun l’ischritti, li letzioni e li siti internet e li ditzionari in COSSU.
            Italianu vi nn’è già abbastantza in Italia, la Còssiga ha lu cossu, pa fulthuna.

            Pa ghissu, tzelthi frasi chi abeddi ischriddu voiasthri mi parini propiu di italiani. Ma poggu mi nn’affutti.

            A me si era pussìbiri mi piaziria chi intra Gaddhura e Còssiga suttana si fussia fabiddadda la matessi linga, ischritta, urali, offitziari e codificadda.

          14. La situazione dell’Istria è completamente diversa. E’ stata anche quella italofona praticamente dalla fine della presenza romana fino alla seconda guerra mondiale (anche sotto gli Austriaci l’italiano era ufficiale), mentre nel 1947 è passata alla Jugoslavia e la stragrande maggioranza degli italofoni (anche molti slavi) sono stati uccisi o indotti alla fuga. Tuttavia il bilinguismo italiano croato/sloveno è stato ripristinato e dagli anni ’90 è in espansione, con circa 50.000 italiani su 300.000 residenti nella regione. I siti ufficiali sono bilingui http://www.istra-istria.hr/index.php?id=2337 ed esiste l’Unione Italiana, con rappresentanti nei due parlamenti, lo Stato italiano fornisce sussidi, esiste stampa in lingua italiana, come http://www.editfiume.com/lavoce/ ed esistono scuole in lingua italiana di ogni ordine e grado. Nonostante tutto questo non esistono politici né cittadini (se non pochi individui) che vogliano un ritorno politico dei comuni istriani alla Repubblica italiana.

            Come ti dicevo dedicheremo presto un articolo al tema del bilinguismo in Istria, mentre abbiamo già trattato quello della Valle d’Aosta, del Friuli e dell’Alto Adige/Sud Tirolo.

            Il Sud Tirolo è stato annesso all’Italia per motivi di difendibilità dei confini, militari e strategici, non linguistici e culturali, dato che da secoli quelle terre erano germanofone in assoluta maggioranza (meno del 3% era costituito da italofoni).

            L’italiano ha il ruolo storico che ebbe il francese in Valle d’Aosta. Ma mentre nella valle, per motivi storici, è stato mantenuto, in Corsica ciò non è stato fatto ed è oggi impossibile. Nessun Corso si batterebbe per la co-ufficialità dell’italiano. Invece ilò 90% si dice favorevole al bilinguismo ufficiale corso-francese, anche se solo il 3% trasmette il corso ai figli. Ma tutto questo non vuol dire che la lingua italiana debba per forza continuare a non avere alcun ruolo nell’ecologia linguistica dell’isola, soprattutto in un contesto di pericolo di estinzione per il corso e di integrazione europea (che supporta il plurilinguismo, le lingue minoritarie e la creazione di euroregioni).

            Se vuoi il confronto serio, ci confrontiamo, ma smettila di parlare di questioni politiche italiane, perché – ripetiamo ancora – non ci riguardano e non ci interessano. Ci interessa il ruolo storico, presente e futuro della lingua italiana in interazione con la lingua corsa. Punto.

          15. eu aggiu fabiddaddu di cosi politichi italiani pa dimustrhrà chi l’isthaddu italianu è unu di li più restrittivi d’europa in ambitu linguisthicu, e pa cussì pudè dì chi li corsicani hani tuttu da guadagnà e nudda da paldhì assendi luntani da l’Italia.

            Puntu.

            Lu chi dizi tu di l’Ishtria, dimostra lu chi soggu dizendi eu.

            Finzamenta in Croatzia (!!!) soggu più abbelthi di l’Italia.

            L’istriani italiani, chi in ugna casu so un bè pogghi, difendini la so’linga cumenti li cossi la soja e li saldhi la soja.

            Si eddi hani più cosi, in proporzioni a lu nummaru iscarsu, vori dì chi l’Islovenia (e, in misura minori, la Croatzia), so più palmissivi di l’Italia, cosa chi no è diffitziri: peggiu di l’italia no vi nn’è, diggu sempri eu.

            L’Italia ha un infiniddai di minurantzi, e cuntzedi un bè soru a lu Sudtirol (è obbligadda, sinnò so’ prublemi), e poggu a altrhi gruppi (Valle d’Aostha, Friuli, Albanesi in Sitziria), pogghissimu a althri (a li saldhi, pa dì, lu gruppu più mannu in assolutu, tra li linghi di minorantzia, in Italia), e nudda a tutti l’asthri (a chiddi chi giama, ibbagliendi, “dialetti”).

            Lu soggu bè pa gosa l’hani daddu lu Sudtirol, in ogna gasu è isthadda una catzadda manna.

            “L’italiano ha il ruolo storico che ebbe il francese in Valle d’Aosta. Ma mentre nella valle, per motivi storici, è stato mantenuto, in Corsica ciò non è stato fatto ed è oggi impossibile. Nessun Corso si batterebbe per la co-ufficialità dell’italiano. Invece ilò 90% si dice favorevole al bilinguismo ufficiale corso-francese, anche se solo il 3% trasmette il corso ai figli.”

            Chisthu è, più o mancu, lu chi aggiu dittu eu da un bè.

          16. Che “peggio dell’Italia non ci sia” in termini di rispetto delle minoranze ci lascia perplessi, dato che in Francia qualunque bilinguismo ufficiale è INCOSTITUZIONALE, ma lasciamo perdere, se odi l’Italia libero di farlo e non entriamo nelle tue motivazioni personale.

            Su quanto siano avanzate Slovenia e Croazia forse l’Unione italiana locale ha dei dubbi, ma anche qua sorvoliamo. In Istria la lingua locale degli istriani è l’istroveneto, un dialetto che si sente ancora parlare dagli anziani, ma la lingua per cui si battono è l’italiano, per i motivi storici che abbiamo detto. Lo stesso hanno fatto i Corsi per tutto l’800. Poi, venuto a mancare per varie vicende storiche il legame secolare con la lingua italiana, ci si è dovuti “costruire” una lingua, mettendo assieme le varie parlate.

            Questo esperimento da una parte è riuscito, oggi i Corsi riconoscono l’esistenza di una “lingua corsa”. Dall’altro è ancora in corso (scusa il gioco di parole). Non esiste uno standard, la lingua è stata definita “polinomica” per non dover scegliere una variante dominante sulle altre, come per l’italiano avvenne secoli fa con il fiorentino.
            C’è anche il problema dei neologismi. Lo sai che la città di Bastia invia la bolletta dell’acqua bilinque, con scritto rete “idrolica”, che è la trascrizione di “hydraulique” (scritto come si pronuncia in francese” ? E parole come accuscià hanno sostituito parturisce, servietta ha preso il posto di tuvagliolu e così via.

            Il rapporto con il francese non si può tagliare. Di fronte a questo c’è un numero di Corsi (minoritario ma non i due gatti di cui tu parli) che vorrebbe un riavvicinamento all’italiano. Non una sostituzione al corso, ma nuovi contatti tra le duie lingue surelle.

            NON È quello che tu dici da un pezzo; tu dici invece che la salvezza del corso è rimanere ancora lontano dall’italiano.

            E allora vorremmo sapere quali alternative concrete secondo te si possono mettere in campo per evitare la totale francesizzazione del corso e/o la sua definitiva scomparsa. Perché è questo che sta succedendo e che si compirà entro 20 o 30 anni se non si fa nulla.

          17. ah bo, voi odieddi la Frantza, eu no intru lu vosthru discorsu passonali, ma chi discorsi so?
            ma gant’anni abeddi?
            eu no odiu a nisciunu, voi seddi azzeggaddi cun chistha gosa di l’Italia, ma azzeggaddi mi’, ma eu vi torru a dì: lu cossu, lu britannu, lu baschu so’ ASSAI MA ASSAI MA ASSAI più offitziari la Frantza chi voi odieddi di tutti li linghi e “dialetti” d’Itaglia (ciaramenti esclusi l’alemannu, pa evità prublemi cun l’Austria, l’islovenu, pa evità prublemi cun l’Islovenia, e lu francu-pruventzali, pa evità prublemi cun la Frantza).

            a vi seddi andaddi a Sant-Jean-de-Luz, in la vosthra Frantza???
            loggu beddissimu, vi lu cunsigliu, e cun TUTTI LI CALTHEDDI in BASCHU.
            Eu vuria chissu in Saldhigna, no soggu cumenti dillu, tantu no cumprindeddi.

            Dimmu cussì: si la Frantza è repressiva, cumenti dizzeddi voi, l’Itaglia è una DITTATURA.

            Feddi lu ciambamentu, Frantza-Itaglia, e daboi vidimmu, si vi biazzi, vi l’assiguru eu ; )

            cane che si morde la coda, dizzini li to’ammigghi itagliani, o no??
            l’hai dittu TU, migga eu, chi in Islovenia, in Cruatzia, l’itaglianu è inogghi, l’italianu è ighibi, tandu ti diggu eu, cumenti conseguentzia, chi l’Islovenia e la Cruatzia so un bè più avanzaddi di l’Italia, si pa dui jatti chi fabeddani italianu fani tutti chisthi cosi, abemmu da fà cumplimenti carissimi a li simpatichi cruati e isloveni.
            Infatti, in Saldhigna lu saldu lu fabeddani in UN MILIONI E MEZU DI PASSONI ALUMANCU ISCHUSEDDI SI È POGGU, e li saldhi (e lu saldhu) SO’IN LA MELDHA, a si cumprendi MELDHA???? ipperu chi sia ciaru chistha ‘oltha puru in Còssiga ; )
            E la Saldhigna undi è politicamenti?? in Islovenia?? in Cruatzia??? in la vosthra tantu amadda Frantza?? ma no zitellu, no…la Saldhigna è in ITAGLIA.
            E tandu, undì è l’errori, a mi l’ishpieghi???
            Pa no fabiddà di li althi linghi o dialetti italiani, cumenti napolitanu, sitzirianu, emilianu, lumbardu…Chiddi l’Italia l’ha cussì sipulthaddi, di meldha, chi mancu lu gabbu ni poni iscì.

            “In Istria la lingua locale degli istriani è l’istroveneto, un dialetto
            che si sente ancora parlare dagli anziani, ma la lingua per cui si
            battono è l’italiano, per i motivi storici che abbiamo detto.”

            Appuntu. E vi dorri eh. Lu casu isthrianu è un’althra gosa. La so’linga, ishtroveneto, oramai ha l’eshtrema untzioni.
            Eddi voni l’italianu, e visthu chi l’Islovenia è megliu di l’Italia, l’hani puru.
            Invezi li corsi voni lu CORSU. That’s not the same.

            “Lo stesso hanno fatto i Corsi per tutto l’800. Poi, venuto a mancare
            per varie vicende storiche il legame secolare con la lingua italiana, ci
            si è dovuti “costruire” una lingua, mettendo assieme le varie parlate.Questo esperimento da una parte è riuscito, oggi i Corsi riconoscono l’esistenza di una “lingua corsa”.

            L’italianu no v’entra nudda: no è linga di li corsi né mai lu sarà, invezi lu CORSU è ricunnisciddu in tuttu lu mundu cumenti LINGA e è finzamenta OFFITZIARI. FInzamenta in NOVA CALEDONIA sani cos’è lu corsu! ; )
            dunca, li corsi hani fattu bè lu chi hani fattu: hani mandaddu l’itaglianu a casinu, hani fabiddaddu la so’linga, sentza custruì nisciuna: lu CORSU è la SO’LINGA, e abà la so’linga è ricunniscidda da tutti.
            Cumplimenti a li corsi, eu l’isthimu pa chisthu, e cumenti aggiu dittu, aggiu più isthima di li corsi chi di li saldhi.

            Ma micca di te. Tu cumenti ischrivi no poi assè corsu, o puru no poi assè un veru corsu, no sai più cosa dì e pari chi ti se’ vinduddu lu gori a l’Italia e no hai nisciuna isthima di lu corsu.
            Bè poi sempri andà in Italia a vivì e a trabaglià, nisciunu ti l’impedi, no?????

            Un saldhu chi isthima lu corsu più di li corsi, pari una barzelletta…

            “Non esiste uno standard, la lingua è stata definita “polinomica” per non
            dover scegliere una variante dominante sulle altre, come per l’italiano
            avvenne secoli fa con il fiorentino.”

            Ma anda, si no esisti un ishtandard pa lu corsu, cosa abemmu da dì li saldhi cun dialetti di la linga saldha ancora più divessi e cun VERA DIFFICULDDAI pa fà una linga unidda…
            Ma lu sai cument’è divessu lu saldhu????? Althi linghi cussì no vi nn’è, in Europa otzidentali, ti l’assiguru eu.
            Voi no abeddi micca più difficulddai di li catalani!
            puru eu, sentza mai isthudià nudda eh, m’aggiu imparaddu sentza prublemi li differentzi cismuntincu pumuntincu!! s’imparani in mezza dì.
            Zitellu ziteddu cane cani, pa piazeri!
            Vi so’ un bè più differentzi intra lu sassaresu e lu gaddhuresu!!!
            e no soggu fabiddendi di lu saldhu!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
            Voiasthri abeddi già l’ishtandard, seddi a cabaddu, cumenti dizini l’italiani!!!

            “C’è anche il problema dei neologismi. Lo sai che la città di Bastia
            invia la bolletta dell’acqua bilinque, con scritto rete “idrolica”, che è
            la trascrizione di “hydraulique” (scritto come si pronuncia in
            francese” ? E parole come accuscià hanno sostituito parturisce,
            servietta ha preso il posto di tuvagliolu e così via.”

            Deu meu, in Saldhigna no inviani mancu àliga (ordures-immondezza) bilingue!!!!!!!!!!!!!!!!
            e vi laminteddi?????????????
            lu diggu eu, si erabaddi in Saldhigna….tandu abiaddi visthu…..
            E chisthi gallizismi..ishfoltunadamenti è nurmali.
            Noi n’abemmu peggiu.
            Ma in Catalunya puru n’hani un bè, di ishpagnolismi!
            E puru, la so’ linga è cussì offitziari chi di più no si po’.

            “l rapporto con il francese non si può tagliare. Di fronte a questo
            c’è un numero di Corsi (minoritario ma non i due gatti di cui tu parli)
            che vorrebbe un riavvicinamento all’italiano. Non una sostituzione al
            corso, ma nuovi contatti tra le duie lingue surelle.
            NON È quello che tu dici da un pezzo; tu dici invece che la salvezza del corso è rimanere ancora lontano dall’italiano.
            E
            allora vorremmo sapere quali alternative concrete secondo te si possono
            mettere in campo per evitare la totale francesizzazione del corso e/o
            la sua definitiva scomparsa. Perché è questo che sta succedendo e che si
            compirà entro 20 o 30 anni se non si fa nulla.”

            Oh ma tu se un bè duru avveru-
            Siguramenti seddi dui jatti chi vureddi l’italianu, e chisthu andà bè cussì-
            Si daboi calchidunu vo’imparà l’italianu pa interessu passonali, e ga si lu po’ impidì!!! Dognunu è libbaru.
            Aggiu dittu dui milioni di olthi, chi pur’eu soggu imparendi l’ungaresu, pa dì!

            Sentza nisciun paragoni, ma a me no mi nn’affutti NUDDA si vi so’ corsi chi voni ishudià italianu, e gosa mi ni po’ affuttì???

            No m’hai cumpresu nudda: eu diggu chi la SAIVEZZA di lu corsu è a IMPARÀ, USÀ, ISCHRIVÌ, FABIDDÀ, LIGGÌ E ASCHULTÀ CORSU.
            L’unica saivezza pussibili. Supranacciu, suttanacciu, o puru gaddhuresu.
            CORSU CORSU CORSU E BO.
            Cumenti già seddi fendi, ma megliu e di più.

            Pa a me chistha è l’unica cosa pa evità francesizzatzioni e ischumparsa-
            A fabiddà cun li italiani, in CORSU, anda naturalmenti puru bè, a fabiddà cun tutti anda bè, in CORSU.
            No vi so’ althri segreti.
            E naturalmenti, li istitutzioni puru hani da usà lu corsu, megliu di cumenti chiddu saldhi usani lu saldhu, ipperu.

          18. “No m’hai cumpresu nudda: eu diggu chi la SAIVEZZA di lu corsu è a IMPARÀ, USÀ, ISCHRIVÌ, FABIDDÀ, LIGGÌ E ASCHULTÀ CORSU.”

            I Corsi oggi NON lo fanno. Punto. Come invertire questa tendenza? Le classi bilingui rischiano continuamente la chiusura per mancanza di studenti. Tutti i Corsi sono francofoni ma non tutti sono corsofoni. COME convincere i genitori che il corso oltre a essere la lingua dei loro padri, è una lingua che è utile per il futuro dei loro figli?

          19. Non condivido i toni usati da Juan Puerta (che ha però sfoggiato un sassarese davvero impeccabile, complimenti sinceri!), ma confermo agli autori dell’articolo (presumibilmente còrsi) quanto dice sull’ABISSO che intercorre fra la “cultural awareness” francese e italiana riguardante le lingue minoritarie. In Italia, fra le dodici comunità linguistiche di minoranza (includendo il sardo), le uniche cui è davvero stato riconosciuto il bilinguismo perfetto sono solo quelle cui l’Italia è stata COSTRETTA malvolentieri a concederlo per via di accordi internazionali, che altrimenti le avrebbero procurato sanzioni: il francese in Valle d’Aosta, lo sloveno in Friuli e il tedesco nel Tirolo meridionale. Tutte le altre lingue minoritarie *riconosciute* (senza parlare di altre che non lo sono), al di là di un mero contentino formale (sostanzialmente vuoto), versano in stato di generale decadimento e abbandono e sono votate all’estinzione in tempi ormai brevi, nell’indifferenza più generale (se non disprezzo, essendo considerate dai tempi del fascismo niente più che “malerba dialettale”). E fu così che, ad esempio, con una nota del 1976 il Ministero della pubblica istruzione italiano aveva esortato i capi d’istituto locali a schedare i docenti sardi che si adoperassero per insegnare la lingua, laddove il còrso è (sia pur con delle difficoltà pratiche, immagino) tranquillamente previsto nei banchi di scuola, nelle università sarde la lingua è considerata argomento tabù (a differenza del còrso in quella di Corsica) e, dulcis in fundo, nel 2013 (stiamo parlando di due anni fa) il Ministero delle Infrastrutture aveva ingiunto agli amministratori locali di rimuovere la cartellonistica bilingue nei centri abitati, lasciando solo quella in italiano. Insomma, la Francia sarà pure “chiusa” nei confronti delle proprie lingue minoritarie, ma ciò (e qui mi tocca dare ragione a Juan, al 100%) è davvero NIENTE in confronto all’atteggiamento repressivo manifestato ieri e oggi in Italia (paese, mi preme sottolineare, di tradizione tendenzialmente illiberale e intollerante nei confronti di TUTTE le minoranze, non solo quelle linguistiche). Per il resto, penso che la vostra opera di recupero della tradizione linguistica sia encomiabile. Saluti e bonas auras a tottus.

          20. “Cultural awareness” o meno, non occorre un libro (Assimil o Pour les Nuls che sia) a chi nasce e cresce a Napoli per imparare il napoletano, o nel Veneto per imparare il veneto. Che lo si chiami lingua o dialetto. Juan citava la presenza di libri per studiare le lingue regionali come attenzione verso le minoranze, mentre gli stessi componenti di quelle minoranze di Francia vedono morire le proprie parlate ogni giorno di più. Inutile innalzare lo status di una lingua locale creandone libri e grammatiche mentre sul territorio, nell’uso quotidiano, la li lascia scomparire. L’ufficialità spesso non è l’unico modo per mantenere viva una lingua, anzi. Ma non vogliamo proseguire oltre in discorsi politici, come abbiamo detto il nostro obiettivo è dare un’opportunità di riscoperta culturale delle proprie radici ai Corsi – che saranno liberi poi di considerarle e sfruttarle o meno – e della cultura di Corsica agli Italiani, e agli italofoni in generale. Non siamo dunque affatto convinti, come dice Juan, che il segreto della rinascita della lingua corsa sia stare “il più lontano possibile dall’italiano e dall’Italia”. Le due lingue hanno convissuto per secoli sull’isola, mentre meno di 150 anni di sola presenza del francese come lingua ufficiale hanno causato un degrado linguistico che sta portando il corso all’estinzione. E non basta dire “parlate e scrivete corso”. Intanto perché molte persone, soprattutto giovani, non sono in grado di farlo. E poi perché per ricominciare a usare la lingua bisogna impignassi, occorre sforzo, soprattutto con una lingua giovane come il corso che solo da quarant’anni è stata concepita come una lingua che potrebbe essere usata per scopi amministrativi, letterari e didattici. I Corsi sono persone in carne ed ossa, vivono come tutti le loro giornate, con il lavoro, i problemi, la famiglia, il tempo che non basta mai. I bambini parlano tra loro in francese, in francese guardano i disegni animati in tv. Occorrono motivazioni forti per usare una lingua di cui non c’è necessità reale (nel senso che il francese è una lingua nazionale e internazionale che funziona benissimo). Questa è la nostra opinione, con tutto il rispetto per le opinioni altrui, di corsi, italiani o di altrove. Ma è necessario lasciar da parte la teoria e calarsi nella pratica, se si vogliono ipotizzare soluzioni a disposizione dei Corsi che vogliano portare avanti la propria peculiarità culturale e linguistica.

          21. anda bé si voiasthri crideddi ki è megliu avvizzinassi a l’italianu e eu ki è megliu a illagrassi,voi cun lu osthru,eu cun lu meiu. Ma no pudeddi fà esempi di linghi o dialetti d’Italia pa gosa chisthi esempi sò FALSI: tutti li linghi in Italia si ni morini,pa gosa l’isthaddu italianu è peggiu di lu frantzesu,più repressivu e fascista,e a palthi chiddi tre minuranzi protetti,l’asthri so’affussaddi,e chisthu lu po’cunfirmà ogna appalthenenti a chisthi minuranzi. Li linghi in Italia so ind’una situatzioni miserabili,e ind’ogna casu una linga sentza ischrittura è destinadda a ishparì. L’ischrittura e li libbri so’impultantissimi,pa gosa dani dignitai a la linga. Senza ischrittura la linga è moltha,disonoradda. Voi no vureddi chisthu pa lu cossu,no? Siguramenti no,immaggineddivi la differentzia: voi abeddi siti internet in cossu,

          22. ma lassalos in paghe, no l’ana a biere issos ite faghere? E segundu me faghen bene a si ligare a s’italianu, assumancu tenene unu istandard a riferimentu, no!?

          23. sos de noghe sunt corsicanos cantu cappellacci est samughesu,e faeddant sa limba issoro cantu pigliaru su bittichesu,e pois ite ti nd’intrat a tie?su corsicanu s’istandard ddu tenet giai,mi ki s’imparat in s’universidade puru,si non ti nde ses acatau,e a seguru puru non tenent bisonzu de bator mamutzones cun s’itaglianu

          24. La proposta di politica linguistica di questo blog, quindi la sua
            linea politica, è in sostanza quella che in prospettiva l’italiano
            diventi la lingua ufficiale della Corsica e non il corso. Il corso
            rimarrebbe come un dialetto locale.

            Anzi si ritiene che solo attraverso la scelta italianista, si salverebbe il corso.

            Ora è evidente che chi perora il corso come lingua ufficiale della Corsica, passando oggi per un bilinguismo paritetico ancora da conquistare, da per scontato la caratterizzazione dei corsi come parte di una nazione a se stante e diversa e distinta dalla nazione italiana.

            Da ciò discenderebbe il diritto all’autodecisione nazionale e quindi all’indipendenza e la rinascita della Repubblica di Corsica, passando per una attuale fase autonomistica.

            Per quanto molto legato il corso all’italiano è ritenuto un volgare neolatino tutto autonomo come lo è il sardo ad esempio.
            La proposta invece di dare spazio all’italiano, così come è argomentato dagli autori di questo blog, chiaramente fa capire che siano convinti che i corsi facciano parte della nazione italiana e non di quella corsa.

            Tutto ciò basta e avanza per poter dire che questo blog sia gestito da irredentisti filoitaliani ( o da italiani ? ) che si riallacciano al filone irredentista tanto attivo prima della seconda guerra mondiale.

            Che poi sia scritto in italiano è anche utile, perchè cerca di dare notizie della Corsica , come se fosse scritto in inglese o in spagnolo, cioe in una lingua straniera.

            Quindi detto questo l’analisi andrebbe fatta sui contenuti. Sarebbe anche utile per trasparenza che fosse
            pubblicato l’elenco integrale della redazione dando la possibilità di capire dai nomi e dalle biografie di che cosa veramente si tratta.

          25. Buonasera, cercheremo di rispondere alle sue osservazioni, per quanto sia un compito difficile, dato che tutte le sue premesse sono sbagliate. Vogliamo credere che siano sbagliate non per un suo pregiudizio “politico”, ma in buonafede, per una nostra mancanza nello spiegare le motivazioni del nostro lavoro.

            In breve: NON siamo irredentisti, siamo un gruppo composto sia da Corsi che da Italiani, NON perseguiamo l’ufficialità dell’italiano in Corsica, il còrso NON ha una sua derivazione autonoma dal latino come invece il sardo, ma è una lingua italoromanza, l’italiano è stato ufficiale in Corsica per sette secoli fino al 1859 (90 anni dopo l’annessione alla Francia e prima dell’Unità d’Italia). Non si devono confondere le lingue con le nazioni e gli Stati.

            Più in dettaglio:

            1) Questo sito non ha scopi “politici”, nel senso che non persegue alcuno scopo che richieda decisioni prese da uomini politici, assemblee o altri organi istituzionali. Ciò che cerchiamo di fare quotidianamente è ricreare un contatto tra lingua corsa e lingua italiana (contatto che vi è stato per 700 anni, durante i quali tra l’altro lo Stato italiano non esisteva) e tra Corsica ed Italia. Del resto, la lingua ufficiale della Repubblica Corsa della cui “rinascita” lei parla, era l’italiano.
            Lo scopo del rinnovato contatto è ridare alla lingua corsa un appoggio a cui attingere possibili neologismi , se necessario, e una motivazione in più per studiare ed utilizzare la lingua corsa, quello dell’intercomprensione con gli oltre 60 milioni di italofoni.

            2) Era già previsto e arriverà al più presto un elenco degli autori degli articoli con una breve biografia. Nel frattempo diciamo che Corsica Oggi è stato fondato da Paul Colombani (còrso, di Bastia, professore universitario di lingua e cultura italiana a Nantes, ora in pensione) e Giorgio Cantoni (italiano di Milano, esperto di comunicazione e web, appassionato di linguistica e curioso della storia di Corsica), aiutati da Urelianu Colombani (còrso, attualmente studente universitario a Roma).
            Di seguito un elenco degli autori degli articoli pubblicati fino ad ora.
            ITALIANI: Giorgio Cantoni, Andrea Meloni (professore di geografia di Genova e appassionato di calcio), Giuseppe Vitolo (linguista), Roberto Moggi e Marco Bucci (appassionati di storia e di geografia).
            CORSI: Paul Colombani, Urelianu Colombani, Olivier Durand (linguista), Pierre-Louis Alessandri (giornalista di Radio France Corse), Guillaume Bereni (giornalista freelance), Fabien Landron (professore di italiano all’Università di Corsica) e i suoi studenti: Dominique Calcara, Emma Grisoni, Laura Maresca, Lucie Gaspari, Lydie Chavazas, Marie Benedetto, Melanie Emanuelli, Oriane Sabatini, Serena Carpentier, Serena Rosselli.

            Da alcune settimane abbiamo cominciato a pubblicare anche degli articoli in còrso.

            3) Le parlate corse, che oggi sono diventate ciò che si definisce la lingua polinomica corsa, non hanno derivazione diretta dal latino (a differenza di quelle sarde) ma sono lingue italoromanze. Questo è appurato presso tutti i linguisti a livello internazionale (e riportato ad esempio da Wikipedia in inglese, francese, italiano ed altre lingue). Gli unici a sostenere, senza prove scientifiche, una derivazione autonoma dal latino (ossia senza influenze dall’ambiente italoromanzo in cui si è sviluppata) sono solo alcuni tra i linguisti corsi.

            Per secoli la Corsica è stata un’isola di lingua e cultura italiane, oggi è un’isola di lingua e cultura còrsa e francese. La lingua corsa però, difesa a parole dal 90% degli isolani, è a rischio di estinzione, la si sente parlare sempre meno, e la trasmissione familiare è crollata dal 98% del 1915 al 3% del 2015. L’intercomprensione con la lingua italiana da parte di un corsofono è pressocché perfetta. Per noi questa è una risorsa da sfruttare. E per farlo non occorre né che la Corsica divenga indipendente né che l’italiano abbia alcuno status di ufficialità, e neppure il corso. Se la coufficialità francese-corso arriverà, ciò potrà certamente giovare. Ma un ritrovato rapporto della lingua corsa con il mondo dell’italofonia si può fare da subito, e riteniamo non possa che giovarle.

          26. L’italiano è una lingua meravigliosa, la lingua del bel canto e della musica alta.

          27. Mi intrometto (con qualche mese di ritardo) in questa discussione, con la speranza che qualcuno di voi possa leggere questo mio commento. Preciso che sono italiano, di Genova, e sono uno studente di Lingue e letterature straniere all’Università di Genova. Sono arrivato qui per caso, dovendo dare a settembre l’esame di linguistica italiana, ero interessato a fare alcune ricerche sul corso (inserito nel programma d’esame). Be’ devo dire che non posso che concordare con Corsicaoggi, e spiego il perché. Nessuno dice che i Corsi debbano sentirsi italiani, nel senso più stretto e moderno del termine (d’altronde moltissimi italiani non si sentono italiani – ma questo è un altro discorso), però è innegabile il legame a doppio filo che la Corsica ha con l’Italia, legame storico, culturale e non ultimo, linguistico. Io stesso, essendo di Genova, ho sempre sentito la Corsica come parte dell’Italia, non in senso politico, ma nel senso più largo del termine. D’altronde l’Italia è uno stato unitario solo sulla corta, è un esperimento in via di costruzione. Solo negli ultimi anni si sta iniziando ad avvertire un maggior senso nazionale unitario. Gli italiani si sentono prima di tutto: liguri, piemontesi, lombardo-veneti, friuliani, toscani, romani, campani, calabresi, siciliani, pugliesi e sardi. E mi permetto di controbattere a Juan Puerta, che rinnega con forza il legame della sua terra con l’Italia. Be’ ha commesso alcuni errori: in primis, i dialetti in Italia sono molto più vivi di quanto lei non pensi (dimostrando chiaramente di conoscere la realtà italiana ben poco). I dialetti (e in alcuni casi – come il sardo o il friuliano – le lingue) sono è vero in regresso, ma questo è un fattore (purtroppo fisiologico) che si sta verificando in tutta Europa, e in Italia si sta verificando molto meno che in altri paesi. Se va in Campania, Sicilia, Puglia o in Veneto o nelle vallate montane della Lombardia e del Piemonte vedrà lei stesso come il dialetto è vivo, diffuso – anche tra i più giovani. Meno nelle grandi città, ma questo è anche normale. Poi il fatto che lei rinneghi il legame con l’Italia è paradossale. Io, italiano (e genovese) ho capito perfettamente il 99% dei suoi commenti scritti in corso, lingua che io prima di oggi non avevo mai letto (se non in qualche cartello stradale durante le mie vacanze in Corsica). Avendo studiato 8 anni francese, ed essendo studente di Lingue e linguistica, so bene che un francese non sarebbe in grado di capire neanche il 10% di quello che lei ha scritto. Inoltre le ricordo che se la Corsica fosse all’interno dello Stato Italiano, le cose (almeno linguisticamente – culturalmente) andrebbero decisamente meglio per voi. Per il semplice fatto che l’Italia è attivamente impegnata nel riconoscere e promuovere le realtà territoriali (vedi le regioni a statuto speciale – come il Friuli – oppure il Sudtirol, dove il tedesco/austriaco è lingua ufficiale – o la Valle d’Aosta, dove il francese o franco-provenzale è lingua ufficiale – o la Sardegna). Per rimanere nel contesto sardo, lei si sbaglia quando dice che in Sardegna, il Sardo versa in condizioni poco buone. Il sardo è attivamente parlato (io stesso ho amici di origini sarde, nati a Genova, che parlano benissimo il sardo). D’altro canto, le posso assicurare che il sardo è molto più distante come lingua all’italiano, di quanto non lo sia il corso (io ho capito meglio il corso – che il sardo). Evidentemente lei sta meglio in Francia, dove qualsiasi entità non puramente francese (vedi la fine che hanno fatto gli Alsaziani e l’Alsaziano) viene repressa e viene negata qualsiasi forma di autonomia e riconoscibilità.
            Concludo con l’augurio a tutti i corsi di riappropriarsi attivamente della loro lingua e possibilmente di riallacciare quel rapporto storico e naturale (basti pensare che noi Liguri, nelle giornate di bel tempo e tramontana vediamo la punta della costa corsa) che ha con l’Italia (nella convinzione che comunque la Corsica non è Italia – è vada riconosciuta la sua specificità), che è sicuramente meglio predisposta alla cooperazione di quanto non lo sia (evidentemente) la Francia.

          28. Volevo contribuire con i miei “due centesimi”, a proposito di: “L’Italia no v’abaria lassaddu fà chissu, pa gosa l’Italia è finzamenta peggiu di la Franza, ma tranzilli, no ha a durà migga in eternu, l’Itaglia ; )”
            Vorrei ricordare che l’Italia, contrariamente alla Francia, non solo vi avrebbe concesso in tutto, e per tutto, l’uso del corso come lingua, ma essendo automaticamente protetta per diritto costituzionale, avreste anche ricevuto fondi pubblici per poter salvare la vostra lingua e farla conoscere. Aggiungo anche che, essendo la Corsica un’isola, sarebbe a statuto speciale il che significa che non solo la vostra lingua sarebbe più che protetta, ma le leggi in casa vostra le fareste voi, e non …Parigi!

          29. “eu soggu cuntentu chi seddi soru dui jatti e chi nisciun cossu vi poni menti.”

            Beh proprio dui gatti no 😛 Ecco nell’immagine le prime città per provenienza dei nostri fan su Facebook. I nostri lettori sono circa per metà italiani e per metà Corsi.

            E gli autori degli articoli sono in maggioranza corsi, tra cui: Urelianu Colombani, studente di Storia, il linguista Olivier Durand, il prof Fabien Landron dell’Università di Corsica con i suoi studenti del laboratorio di scrittura in lingua italiana, con cui abbiamo stretto una collaborazione, e altri ancora.

            Petru Pà de Casabianca, fondatore del celeberrimo blog in lingua corsa A Piazzetta, ha detto in un’intervista che ci ha concesso: “Avemu a furtuna d’avè una lingua surella, hè cusì peccatu d’ùn apprufittanne”. Puoi leggerla qui: http://corsicaoggi.altervista.org/sito/intervista-a-petru-paulu-de-casabianca-ideatore-di-a-piazzetta/

            Sul web si trovano diversi articoli e commenti di corsi che vedono i vantaggi dell’intercomprensione tra corso e italiano. Eccone un paio: http://www.agoravox.it/La-lingua-italiana-in-aiuto-al.html e http://www.apiazzetta.com/forum/a-viva-voce_m69087.html

            Inoltre la trasmissione radio “Mediterradio”, coprodotta da RCFM, Rai Sardegna e Rai Siclia, da anni fa esattamente questo: una trasmissione mista italiano-corso con notizie da Corsica, Sardegna, Sicilia e quest’anno anche da Malta. Mediterradio di ha autorizzato a pubblicare su Corsica Oggi le repliche delle puntate e stiamo pensando ad altre forme di collaborazione.

          30. ma pa piazeri, seddi in ugna casu dui jatti.
            La trasmissioni chi se’ dizendi tu l’aggiu ischulthadda pur’eu una oltha, e lu corsicanu fabedda in COSSU, no in italianu cumenti a lu saldhu e a lu sitzirianu. Anda bè cussì.
            Ciaramenti, lu saldhu no po’ fabiddà in saldhu, sinnò no si cumprindia nudda. Saria cumenti a fabiddà in polthughesu.
            Ma lu sitzirianu EJA chi puderìa fabiddà in sitzirianu. Ma no lu fazi, Dimustratzioni chi a l’italiani di althi linghi no li nn’affutti nudda.
            Ciaramenti mi fazi piazeri chi lu corsicanu fabedda in COSSU e migga in italianu.

            Eu credu chi tu no hai cumpresu propiu nudda di lu chi aggiu dittu eu: si li corsicani, pa cultura, s’interessani a l’italianu, a me no mi nn’affutti nudda. È ciaru dittu in sassaresu, o voui althri linghi? ; )
            E gosa mi ni po’ affuttì!
            Eu m’interessu di tanti linghi, l’aggiu già dittu. Ni fabeddu una dezina…Soggu imparendi selhbu-croatu, mi piazzi un bè l’ungaresu…
            Li cossi si poni interessà a lu chi voni, zi mancaria.

            L0unica cosa chi m’interessa è chi li cossi fabeddiani COSSU, e migga italianu, chi nemancu lu sani, l’italianu, e ischribbiani COSSU, e fumentini lu COSSU, e imparini lu COSSU.

            Oh zitellu! cumenti dizeddi voiasthri. Dimmi tu si no è giusthu chisthu.
            Soggu dizendi COSSU, migga malhtesu.
            L’itaglianu, pa a me a casinu. E pa ghissu, soggu cuntentu chi voi seddi dui jatti chi ischrivini in italianu, e soggu cuntentu chi si fani libri in COSSU, chi s’impara lu COSSU, chi vi so’ li caltheddi in COSSU.
            E nisciunu mi po’ impidì d’assè cuntentu.

            Cossu supranacciu, suttanacciu o gaddhuresu, pa a me è lu matessi.

          31. Ahah dicemu quattru! 😀

            Scherzi a parte, certo che in Mediterradio i corsi parlano in corso e – ripetiamo ancora una volta – nessuno vuole sostituire l’italiano al corso ma creare nuovamente un contatto tra le due lingue. E favorire l’intercomprensione. Anche su CO arriveranno articoli in corso accanto a quelli in italiano, come ti scrivevo. Nella trasmissione si sentono personaggi pubblici e politici intervistati in corso. Il corso è usato più per farsi capire dagli italiani… che dai Corsi! A questo siamo arrivati. Anche i partiti indipendentisti hanno i siti internet con i titoli in corso ma poi quasi tutto scritto in francese, così come parlano francese ai comizi per essere sicuri che tutti capiscano. Siamo a questo punto. E per te la “salvezza” è continuare su questa strada. Geniale!

            Vuoi negare che l’italiano sia stato la lingua della Corsica indipendente e che fosse lingua amministrativa fino a quando la Corte di cassazione francese (e non i Corsi!) l’ha abolito?

            E cosa proponi concretamente? Visto che la lontananza con l’italiano c’è già e la vicinanza col francese anche (e non mi sembra faccia molto bene), cosa dovremmo fare per salvare la nostra lingua che ormai anche molti corsi devono studiare sui libri per poter conoscere? Come convincere le persone a usarla al posto del francese? Se diventasse coufficiale (cosa che speriamo fortemente), come avere programmi del computer, telefoni, film, in corso per non dover usare e guardare quelli in francese?

            Aspettiamo le tue proposte.

          32. Si si fabedda lu cossu cun l’italiani, tzelthu chi anda bè, no vedu nisciuna rasgioni pa no andà bè. D’altha palthi, pa pruvvà a fabiddà mari in italianu, un bè megliu fabiddà bè in la so’linga.

            Ma gosa ti pensi chi in Saldhigna è divessu?

            in Saldhigna puru li siti internet, cumenti chiddu di la regioni o althi, hani soramenti una frasi in saldhu, e daboi tuttu in italianu.

            Lu matessi pa li palthiddi pulitichi, e tutti ganti.

            Pa no fabiddà di lu gaddhuresu e soprattuttu di lu sassaresu, chi hani una situatzioni finza un bè piggiori, sentza guasi nisciuna presentzia né ischritta né fabiddadda.

            E noi no abemmu li caltheddi bilingui, nemancu. Soramenti chiddi di entradda in li biddi, fatti a contu di li biddi matessi, sentza nisciuna uniformiddai. E tzelthi macchi hani prutesthaddu finzamenta pa ghissi.

            Mentra voiasthri, li cantzilladdi in frantzesu, e nisciunu vi dizzi nudda. L’Italia è più repressiva di la Frantza, puntu.

            Daboi, pa dì, in chisthu computer eu aggiu lu cossu puru, in l’impusthatzioni di la linga. Migga v’è lu saldhu!

            E no è pa gosa nisciunu vori fà nudda. Eu una oltha aia ischrittu puru a Google, pa dumandà si pudia fà la pazina in saldhu, e m’aiani dittu chi no si pudia.

            Assimil è un editoriali frantzesa, migga corsicana, e ha fattu un paggiu di libri beddi pa lu cossu. In Italia no fazi nudda nisciunu.

            L’aggiu dittu già: lu saldhu è più uffitziari in Alemannia chi no in Saldhigna! ; )

            “Vuoi negare che l’italiano sia stato la lingua della Corsica indipendente e che fosse lingua amministrativa fino a quando la Corte di cassazione francese (e non i Corsi!) l’ha abolito?”

            No, no vogliu nigà nudda, no mi nn’affutti lu resthu di nudda, e cussì lu matessi a li corsi. Pa a me chisthu ha impulthantzia mancu di zeru.

            Eu pensu chi semplitzementi abeddi da andà a danantzi cumenti seddi fendi, pussibilmenti migliurendi.
            No andeddi pa nudda cussì mari, seddi più a danantzi di althri.
            La linga corsa è in periguru pa gosa v’è pogga jenti in Còssiga, e siguramenti pa gosa si tramanda mari, tzelthu.
            Cumenti in Saldhigna puru.
            Lu saldhu è più poggu in periguru, par’abà, pa gosa vi so’ più passoni, ma si no ciamba calchi gosa, sarà lu matessi.
            E lu sassaresu, è più in periguru di lu cossu.

            Isthudià la linga in li libbri anda un bè bè. S’hani da urganitzà corsi di cossu, fintzamenta a gratis.
            Si po’ piglià cuntattu cun universiddai isthragni pa prupunì lu gossu cumenti linga.
            Eu inogghi imparu divessi linghi, e m’hani daddu un corsu di saldhu, ma migga in l’universiddai, chissu è un bè diffìtziri, s’hani da abè incotzi.
            Si unu ha gana, e talentu, ha da ischribì calchi gosa.
            E poi, più presentzia in li carreri, ma voi n’abeddi già un poggu, cun li caltheddi in corsu.
            M’ammentu di li sacchi di lu supermelchaddu puru, chissi cun l’ischritta in corsu…in Saldhigna no vi nn’ha nudda di cosi cussì, la presentzia di lu saldhu in li carreri è guasi a zeru…In li biddhi abemmu soramenti tzelthi carreri bilingui, ma so’ detzisioni di li biddhi, nisciun prugettu.
            Chissi no vi so’ mancu in Còssiga, alumancu eu no n’aggiu visthu: tocca a punilli.

            E pa li prugrammi: aggiu dittu chi alumancu chiddu di lu computer, l’opzioni di la tastatura, v’è già.
            Film tocca a falli. In chisth’ashpettu, in Saldigna n’abemmu calchidunu, ma sempri pogghi.

          33. “Ripeto, se non ti sta simpatico lo Stato italiano fatti tuoi, liberissimo. A noi non interessa la repubblica italiana ma la lingua italiana, la lingua in cui il generale Paoli scrisse la Costituzione della Repubblica corsa, in cui era scritta quella del Regno anglo-corso, la lingua in cui si insegnava all’Università di Corsica, la lingua che accanto alle varie parlate del corso, era usata in tutta l’isola” – Vaglielo a far capire a codesti capoccioni teste di legno!

          34. Sei riuscito a mettere insieme delle sciocchezze spaventose. Non ho neppure finito di leggere. Prima di rinunciare a proseguire ho letto che in Italia i dialetti non sarebbero parlati, rassegnati perché sono parlati diffusamente come lingua familiare e di uso comune, mentre usiamo l’italiano come lingua ufficiale e culturale. Gli altotesini-sudtirolesi se ne andrebbero, dove? Non possono e a loro non conviene hanno il bilinguismo, perché parlano tedesco e italiano. La Francia consente ai corsi di utilizzare liberamente il corso nei documenti ufficiali? Di questo passo andate dritti dritti verso la morte culturale, che per voi sarà la totale ed esclusiva francesizzazione. Non abbiate paura, gli italiani non vi vogliono, abbiamo abbastanza poveri pezzenti nostri per prenderci anche gli scartati dai francesi!

          35. Se posso permettermi di intervenire, quanto meno per illustrare – da italiano che è italofono dalla nascita – un po’ il rapporto lingua italiana / dialetti o lingue locali. La definizione di dialetto o lingua è una definizione che ha sempre scontentanto gli specialisti, e si è sempre piegata alle necessità del potere. Occorre, a mio parere, sganciarsi da queste definizioni, perché altrimenti perdiamo solo tempo in litigi poco utili. Il fatto è che il gran numero di dialetti (li chiamo così, per comodità: conto sulla vostra comprensione) diffusi in Italia nasce dalla situazione politica ed economica dei secoli passati: gran parte della popolazione era contadina, ed era già molto se partecipava a due o tre mercati l’anno, o qualche processione, nei paesini vicini. In queste condizioni non si ha la necessità di parlare una “lingua”, e la scarsità di scambi fa sì che la parlata locale si differenzi lentamente da quelle poco distanti. Invasioni, apporti linguistici dall’esterno possono accelerare questo processo. La necessità di una “lingua” era però più sentita da chi, per necessità politiche o professionali, viaggiava: dal medico al militare, dall’artista al notaio… Se fino al 1200 la lingua era il latino, l’enorme capacità espressiva dell’italiano che stava nascendo (e che per molti versi era nato già “adulto”, grazie al latino e grazie a Dante e agli altri toscani) consentiva a quest’ultimo di “proporsi” come lingua delle corti della penisola, e delle professioni alte, anche grazie alla sua speciale equidistanza fra le varie parlate della penisola. Questo ha però consentito che l’italiano non “rimpiazzasse” la lingua locale o il dialetto, ma si affiancasse, spesso con un reciproco arricchimento. Va da sé che quando la popolazione ha cominciato a muoversi di più, ad avere necessità di comunicare oltre il confine del paesello o della regione, con un’aumentata necessità culturale, la parlata locale non poteva più essere sufficiente: e istintivamente, ogni individuo parla la lingua che più gli fa comodo in quel dato momento.
            Che fare allora, oggi? Personalmente penso che interventi “artificiali” per tenere in vita una lingua molto difficilmente hanno successo, se non si tiene conto di tutti i fattori che la tengono in vita di suo: parlarla in casa, per esempio; essere pronti però anche a adattarla alla vita moderna; ma anche – come ricordato dagli interventi qui sopra – la necessità di incrementare gli scambi. E’ vero che il còrso è similissimo all’italiano, e capisco le “resistenze” di chi si preoccupa per questa eccessiva similitudine. Ma è anche probabile che una maggiore conoscenza di una lingua vicina, non solo geograficamente, possa dare quegli apporti che occorrono a uno stimolo per l’uso quotidiano del còrso. Senza dimenticare che una lingua “ufficiale”, generalmente,non è mai così immediata, ricca e bella da parlarsi in famiglia e tra amici, quanto una lingua più locale.

          36. Messieurs, parlez, parlez , chantez et pensez en francais (avec cedille) et serez des vrais corses!

          37. Un esempio di convivenza tra Italiano e Lingua Regionale sarebbe il Friulano In Friuli. La sopravvivenza dei “dialetti” in Italia è dovuto principalmente alla Lingua comune Italiana, sembra un paradosso ma è proprio così. Un parlante da sempre siciliano (come me) non fa nessuna fatica a imparare a parlare, leggere e scrivere in Italiano. Oggi io parlo (come quasi tutti i siciliani) sia l’Italiano che il Siciliano. Io non faccio nessuna fatica a capire quello che scrivi in Corso al contrario del Francese che non capisco per nulla. Per quanto riguarda l’Istria, questa non fa testo… purtroppo dopo la seconda guerra mondiale la quasi totalità italiana della popolazione fu costretta ad emigrare, per questo non esistono quasi più l’istroveneto, l’istrorumeno e persino l’Italiano.
            Fai attenzione a questa frase:
            “Sugnu sicuru che capisci chiddu chi staiu scrivennu”… ho imparato il Corso? No è Siciliano, non ti suona familiare?
            P.S. L’Italia riconosce (tra molte altre) il Sardo e il Friulano come Lingue ufficiali a fianco dell’Italiano, mentre Il siciliano e il Napoletano sono riconosciute per ora solo dall’Unesco.

          38. Ciao Juan, io sono Siciliano, volevo solo fare due osservazioni: 1 in Italia, la costituzione garantisce tutte le minoranze linguistiche, se di fatto tante delle molte lingue parlate in Italia, non trovano “applicazioni ufficiali” credo sia più per demerito delle popolazioni locali che non si adoperano per dare lustro alla propria lingua, visto che la legge protegge le minoranze linguistiche; 2 se vai in giro per Milano Firenze Roma, e qualcuno ti parla dei Napoletani come dei sottosviluppati, evidentemente stai parlando con degli ignoranti, ma quelli li trovi sia a Milano che a Napoli ed in tutto il mondo.

          39. Io penso che lui abbia ragione.
            Da troppo tempo tutti c’hanno da mette bocca sui corsi. Francia o Italia, italiano o francese.
            In corsica ci sono i corsi e chi ama il corso. basta. se l’identità e la cultura rimarranno forti nulla verrà perduto; anche se uno stato ci prova

            Diciamo che negli ultimi anni sono piuttosto le grandi maggioranze linguistiche ad avere delle forti crisi di identità. Tutti parlano uguali tutti pensano uguali, tutti ascoltano la stessa musica tutti si vestono a cazzo nella setssa maniera ogni estate.
            Viva le differenze per dio! lasciate stare i corsi a casa loro. Io mi sorprendo di come accanto al mio paese si usino parole o espressioni diverse e si parla di distanze di centinaia di metri eh… che palle
            Per capirsi nessuno pretenda nulla da nessuno. Quando si vuole parlare in qualche modo ci si capisce tra corsi italiano bergamaschi catalani sardi e via discorrendo.
            Io sono stato felicissimo di leggere il corso e capire quello che hai scritto e non ti chiederei mai di scrivermi e parlarmi italiano.
            Se vengo magari a casa tua e non capisco quando mi parli, ma ho interesse a comunicare al massimo ti dico” eh?” insomma qualche modo si trova. l’importante è che mi inviti a pranzo.
            Ciao

          40. Hai ragione da vendere, ma finché si confonde lingua e civiltà italiana con Stato italiano non farete un passo avanti ma dieci passi indietro verso la totale francesizzazione.

        2. Su galiziano/portoghese c’è anche chi, in Galizia, la pensa diversamente.

          “L’attuale governo regionale dellaGalizia e la maggior parte della popolazione appoggia una varietà del galiziano che lo distanzia dal portoghese e lo rende più simile allo spagnolo. Tuttavia esiste un altro modello, usato da alcuni circoli politici e università, che considerano il galiziano come un dialetto portoghese con piccole differenze. I linguisti hanno sempre riconosciuto l’unità di queste varietàlinguistiche (tra gli altri per esempio, Coromines, Lindley Cintra, Coriseu), che prima erano un’unica lingua, ed entrambe sono varietà relativamente conservate. Al giorno d’oggi però, sono trattate, la maggior parte delle volte, come lingue differenti da entrambe le popolazioni principalmente a causa di fattori sociolinguistici, nelle quali opere in galiziano vengono tradotte in portoghese e viceversa. Durante il Medioevo, il galiziano e il portoghese erano, senza dubbio, un’unica lingua, chiamata al giorno d’oggi galaico-portoghese, una lingua usata in poesia anche in Castiglia. Uno dei sei deputati galiziani al parlamento dell’Unione europea, Camilo Nogueira, ritiene che la sua lingua madre sia già ufficiale nel parlamento continentale, perché è rappresentata ottimamente dal portoghese.”

          Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_gallega

          “Jeanne Pereira: «O galego é português e o português é galego» ”
          Fonte: http://pglingua.org/agal/agal-hoje/3847-jeanne-pereira-lo-galego-e-portugues-e-o-portugues-e-galegor

          Espressioni galiziane sono dal 2008 nel dizionario portoghese di Porto Editora: http://academiagalega.org/academia/info-atualidade/115-aglp-e-porto-editora-assinam-protocolo-de-coopera.html

          http://www.pglingua.org/especiais/aglp/1336-lexico-da-galiza-e-incluido-nos-vocabularios-ortograficos-da-lingua-portuguesa

    1. Il sassarese è un idioma sardo-corso come il gallurese, non trovo ragioni per cui debba preferire il secondo al primo, se scrivere in quest’ultimo gli garba di più.

    2. ma anda in bonora,primmu di tuttu possu ischriví in roba di dezi linghi,ma si mi biazi in sassaresu ischrivu in sassaresu e bo,e daboi mi bari ki tu no se’ischrivendi né in gadduresu né in sussincu ma in itaglianu e dunca nudda da dí z’hai

  9. Dopo aver letto questo fiume di commenti,vorrei solo dire con umiltà il mio,essendomi già espresso in altri commenti,certo forse non ho la preparazione di alcuni scriventi ma io credo che non bisogni far confusione tra l’essere italofono e appartenere politicamente all’Italia.Son d’accordissimo che il corso abbia solo da guadagnare riavvicinandosi all’italiano e alla sua cultura storica.Ho già detto che la diversità è ricchezza.Oggi si ragiona ed agisce(quasi) in termini di Europa unita,quindi mettiamoci in testa che andremo tutti in un’unica cordata.La storia non si fa con i se ed i ma,tuttavia io sarei prudente nel dire che oggi il popolo corso non si senta italiano, perlomeno in termini di appartenenza storico-culturale.Chissà se veramente venisse fornito uno strumento di libera autodeterminazine (fantasia?)cosa mai ne verrebbe fuori!Tutelare le proprie radici anche linguistiche non è un male,nell’attuale conesto europeo può essere solo utile.Io personalmente vi sento,amati corsi,come fratelli diciamo della “ventunesima regione”. Auguri di prosperità!

    1. eccu lu tipicu pinsamentu itaglianu di ga’cunsidereggia a li althri “amigghi e frateddi”,peró soru si li po’immaginá cumenti possessioni,la so”vintunesima regioni”,appuntu. T’ibagli unbé:la Còssiga no è mai isthadda italiana né mai lu sarà,grazia a Deu è isthadda liberadda da chisthu trummentu,pa gosa l’isthaddu itaglianu è peggiu di chiddu franzesu,più fascista. Si faziani un referendum,mancu un cani in Còssiga votaria pa andà cun l’Itaglia,ma chisthu referendum mancu in sognu si po’fà,pa gosa l’Italia mancu ha li mezzi pa annessionà San Marinu,althru ki,e ha da turrà li terri ki no l’appaltenini,cumenti Süd Tirol e Saldhigna.Li referendum s’hani da fá,ma pa andassini da l’Itaglia. E a propositu,voiasthri italiani seddi puru simpatichi e tuttu gantu,ma la Saldhigna NO É la osthra vintesima regioni. La Saldhigna é Saldhigna e l’Italia é Italia.Voi seddi italiani e noi saldhi,e bo. Cóssiga e Saldhigna indipendenti umpari e saruddi da l’Àustria

  10. Fratelli Corsi. Vi chiedo cortesemente, da sardo, di non annoverare tra i dialetti dell’italiano la nostra lingua sarda, appunto, così lontana e così distinta. A nos bider liberos!

    1. Sappiamo bene e sulla nostra pelle quanto il tema della lingua si intrecci con quello della vita e della militanza politica di ciascuno, ma chiediamo a tutti uno sforzo per calare i nostri articoli nel giusto contesto. Il sardo – che lo si chiami lingua o dialetto – ha avuto una derivazione autonoma dal latino, il còrso no. Ma è una lingua regionale parlata in una regione dello Stato italiano (piaccia o no oggi la Sardegna è un’isola facente parte dell’Italia, la Corsica della Francia). Si intende quindi sottolineare proprio la vicinanza che le parlate corse hanno con l’italiano standard, vicinanza superiore anche a certe lingue parlate sul territorio della Repubblica italiana, come il genovese, il napoletano, il milanese, o appunto il sardo. Non intendiamo con questo recare offesa a nessuno.

  11. Sono entrato per caso in questo sito e, solo leggendo i commenti, ho imparato tantissime cose sul còrso! Sono sardo quindi ho capito anche i commenti in còrso senza particolari difficoltà.
    Volevo solo dire un paio di cose, riferendomi a frasi lette qua e là. Prima di tutto, leggo he “il sardo non è un dialetto italiano” come invece accade per le altre regioni. Già è stato detto che in linguistica non si fa distinzione fra dialetto e lingua così come nella lingua parlata. Il dialetto è una lingua parlata in una regione ristretta, che quindi non ha valenza politica di lingua nazionale. La differenza sta tutta qua. Dire che il sardo non è un dialetto italiano come gli altri, è comunque sbagliato, dato che l’italiano è un dialetto, quello toscano, eletto a lingua nazionale (e poi ovviamente evoluto e mutato). Il napoletano non è un dialetto italiano, non ha nulla a che fare con il fiorentino! E così il modenese, il siciliano, ecc. La vicinanza all’italiano è dovuta alla comune derivazione dal latino, e ovviamente a influenze reciproche con la lingua nazionale. Il sardo, è vero, forse è fra le lingue più distanti dall’italiano, ma questo potrebbe dipendere molto anche dalla grossa influenza spagnola (quattro secoli di denominazione si fanno sentire attraverso la lingua!).
    Seconda cosa, la mia ragazza è gallega e io parlo quella lingua. È vero che la norma della Real academia Galega ha standardizzato la grafia castigliana, allontanando il gallego dal portoghese (ll in luogo di lh, ñ in luogo di nh) però innanzitutto si parla praticamente solo di grafia e non di lessico o sintassi, in secondo luogo io credo che una norma debba stabilire uno standard per l’uso quotidiano e vivo di una lingua, non cristallizzarla in una situazione storica che non esiste più: è vero che gallego e portoghese erano una lingua sola nel medioevo, ma si sono poi allontanate e non certo per imposizione statale ma per evoluzione naturale. Le influenze castigliane sono storiche e storicizzate tanto quanto la parentela con il portoghese, e creare una norma che le ignori totalmente, anche se con intenzioni puriste, potrebbe creare un falso storico e una lingua più artificiale. D’altra parte, ci sono casi anche di letterati galleghi che, scrivendo nella lingua pre-norma, usavano forme mutuate da altre parlate (Rosalia de Castro, la poetessa più importante della Galizia, usava la congiunzione “i” anziché “e”, molto più vicina al catalano (e al castigliano) che al gallego e al portoghese.
    Resto comunque del parere che credo che un accostamento dell’italiano al còrso (non una sostituzione, di cui mi pare CO non parli) potrebbe effettivamente “depurare” la vostra lingua dai fracesismi dell’ultima ora (come “tovagliolu” con “servietta”, spero di aver scritto bene!).
    Chiedo scusa per essere stato prolisso, un saluto dalla Sardegna!

    Salvatore

    1. Grazie del tuo commento, Salvatore. Il termine “italiano” (come del resto anche “francese”) crea confusione perché può essere riferito a cose diverse. Il senso del testo di questa pagina è che la lingua corsa è molto più simile all’italiano standard rispetto a molte lingue (o dialetti che dir si voglia) italiani, nel senso di parlato sul territorio della Repubblica italiana, in cui l’italiano è lingua ufficiale.

      CO vuole essere semplicemente uno strumento di presenza della lingua italiana in Corsica e della lingua e delle vicende còrse in Italia, uno strumento che ciascuno sarà libero di utilizzare o meno.

      Nessuno in realtà vuole sostituire l’italiano al còrso, neanche chi – ad. esempio i proff. Marchetti, Colombani, Durand – sarebbero favorevoli a uno statuto di ufficialità dell’italiano in Corsica. Si tratterebbe di un trilinguismo francese-corso-italiano, insomma. Ad oggi comunque, i Corsi sarebbero in larga maggioranza contrari a qualsiasi forma di ufficialità dell’italiano, mentre appoggiano (sondaggio del 2012) la coufficialità corso-francese.

      Un contatto rinnovato e costante tra lingua corsa e italiana porterebbe non solo un freno dei “francesismi” ma creerebbe soprattutto un nuovo spazio di utilizzo del còrso, come lingua per comunicare con gli italiani. E’ interessante notare come Gilles Simeoni, in visita in Sardegna a febbraio, abbia usato un “còrso adattato” per parlare con i giornalisti durante le interviste: http://corsicaoggi.altervista.org/sito/prove-pratiche-di-intercomprensione-simeoni-e-il-suo-corso-adattato/

      E’ un paradosso, ma un corsofono per parlare con altri Corsi può usare il francese, con gli italiani invece dovrebbe usare il còrso. Con gli italofoni – e con nessun altro se non i corsofoni che sono però tutti anche francofoni – il corso è uno strumento utile e anzi necessario di comunicazione. Perché non trarre benefici da questo semplice fatto?

    2. Ciao Salvatore, solo per segnalarti che abbiamo appena pubblicato un articolo su un’associazione che in Galizia vuole spingere per il contatto e l’intercomprensione tra lingua galega e portoghese, sottolineando anche i vantaggi economici che da questo derivano. Similmente – con le opportune differenze – a chi in Corsica vede nel contatto con l’italiano un’opportunità per la lingua corsa e non un pericolo. Eccolo: http://corsicaoggi.altervista.org/sito/galego-unha-chave-para-acceder-ao-mundo-lusofono/

  12. Secondo me, se ci fosse un giorno un referendum in corsica, non dovrebbe essere uno che propone l’indipendenza ma magari uno che propone di raggiungere l’Italia. Perche io credo che una Corsica indipendente avrebbe molte difficolta economiche e la belleza delle coste e spiagge della Corsica sarebbe distrutta affin di sviluppare il turismo. La Mafia sarebbe anche ancora piu forte. E cosa penso almeno, sono francese, io rispetto il popolo Corso ed sua coltura che secondo me e infatti piu simile a quella dell’Italia, pero per me se il popolo corso verra un giorno confrontato a questa scelta, ci sono un sacco di cose da prendere in conto.

    1. Merci Pierre, grazie per il tuo commento, espresso in un italiano praticamente perfetto 🙂 Dai sondaggi che sono stati fatti in passato, è probabile che la maggior parte dei Corsi non voterebbe per l’indipendenza, e quasi nessuno voterebbe per fare parte dell’Italia. Ma anche rimanendo parte della Francia, la cultura Corsa – e la sua vicinanza a quella italiana – potrebbero essere valorizzate. Certo, un atteggiamento diverso da parte di Parigi aiuterebbe, ma già oggi i Corsi potrebbero decidere di studiare la lingua còrsa e di riabituarsi a leggere e sentire l’italiano. Potrebbero incentivare i turisti italiani a parlare la loro lingua e sentirsi rispondere in còrso. La cultura francese, quella còrsa, quella italiana, e le rispettive lingua, possono convivere sull’isola e arricchirla. Tante cose si potrebbero già fare con gli strumenti disponibili oggi. Un caro saluto e grazie ancora per il tuo amore per la Corsica e la sua cultura.

    2. Da toscano penso che la soluzione potrebbe essere un protettorato Vaticano con il benestare della Francia.
      Dopo gli sbagli di Genova e di Mussolini questa sarebbe una soluzione che potrebbe accontentare anche i non corsi che ormai sono maggioranza sull isola.

  13. Un so’ micca una spezialista di u corsu nè di u talianu ma ùn credu micca chi un’avvicinanza à a lingua taliana sia un soprapiù per salvà a lingua corsa. S’ellu si dice più vulenteri avà “servietta” che “tuvagliolu” ghjé per via d’un’influenza leghjitima di a lingua francese e ghjé nurmale, ghjé cusi ch’una lingua viva si move e evolueghja ind’è i seculi. Pensu veramente chi sia quessa a ricchezza di una lingua, una vera differenza, una nutevule dinstinzione fra una lingua o l’altra impurtata da u culunialisimu. Di sicura, sia ind’è a storia che ind’è e radiche u corsu ghjé assai più vicinu di u talianu che di tutt’altru parlatu, ùn rinnighemu micca ‘ssu fattu ma cume tutte e lingue chi so’ più parlate che scritte (digraziatamente – e ancu malorosamente -), cuntinueremu di francesizzà certe parole finu à quandu no’ seremu russji o americani, quale hé chi sà ?
    Vi prego di cusare gli eventuali errori che ho potuto fare scrivendo in corso che sfortunatamente no ho studiato. La lingua italiana è davvero una lingua meravigliosa ma il corso ha la sua entità propria, la sua propria vita e gliela auguro lunghissima.

    1. Grazie pè u tò cummentu, Marie Anne. Scrivi bè u corsu è u talianu dinù ! 🙂

      Quello che dici è vero, ed è normale che il corso moderno sia influenzato dal francese (il linguista Olivier Durand l’ha definito “neocòrso”). Ma la realtà è che il còrso si sta evolvendo… nel francese. Il punto vero è chi oggi parla corsu? E con chi? Girando per le strade di Bastia o di Aiacciu, è molto raro sentir parlare corsu, la lingua di comuncazione itra Corsi è il francese, e nei villaggi la situazione sta andando nella stessa direzione. La trasmissione ai figli oggi è attorno al 3% (cent’anni fa era al 98%).

      Ai Corsi il corsu non “serve”. Possono usare invece il francese, essendo tutti francofoni. Invece il corsu sarebbe utilissimo per comunicare con le migliaia di turisti e visitatori italiani che ogni anno vengono nell’isola, o ci vivono. Che invece usano il francese o l’inglese per comunicare con i Corsi. Su questo bisognerebbe secondo noi ragionare. Il corsu può trovare un modo di utilizzo in più, e questo può dare una vera spinta per mantenerlo vivo e svilupparlo. Cosa ne pensi, Marie Anne ?

      1. Grazie per le congratulazioni. Per rispondere a questa domanda, occorre prendere in conto che molti negozianti (ristoranti, alberghi, ecc.) sono stranieri (almeno foresteri, diciamo “pinzuti”), che ne sanno loro dell’italiano ? Parlano un po’ (almeno lo credono) l’inglese, qualche volta il tedesco o qualche bricciola di spagnolo. Ma abbiamo anche inglesi, neozelandesi che fanno negozio essenzialmente turistico (ma non solo).

        Chi parla corso ? Molta gente, fuori, evidentemente, questi stessi stranieri ed altri magrebini o africani di ogni paese.
        Nel quartiere della mia infanzian a Bastia, dove torno abbastanza spesso per vedere mia madre, la gente che incontro e che ho sempre consciuta mi parla in corso, non ci vienne spontaneamente di parlare francese insieme, affatto.
        Sono stupita di leggere che i turisti italiani debbano parlare inglese per farsi capire da noi (francese mi sembra normale visto che siamo in Francia, almeno oggi). Ma come mai gli italiani parlano inglese ? Sono andata molte volte in Italia e poca gente mi è sembrata parlare altro che l’italiano, anche – per non dire sopratutto – a Roma dove sono rimasta per quasi due mesi. A Milano, certo, è stato meglio. Peraltro non credo che l’italiano sia l’esempio perfetto del poliglotta accertato.
        Ma il debattito non è questo.
        Avete un discorsu interessante e intelligente ma chi sfida un identità insularia. Un po’ esse cuncepevule d’imaghjinà che a lingua corsa rinasca ind’è e so’ sole origini taliane ancu se quest’ultime so’ e più marcanti. Mi dispiace ma ùn putemu esse d’accordu, u corsu ghjé, à parè meu, una lingua sana chi puteria campà da per ella senza nisun’ aiutu s’ell’hé imparata ind’è e scole cume n’importa quale lingua. Ghjé un patrimoniu impurtante chi ci vole à prutegge cume u bretone per esempiu… E ancu, un so’ micca insulani elli.
        P.S. Un dite micca à un alsazianu di avvicinassi d’i tedeschi per salvà à so’ lingua, un credu micca ch’ellu li piaci non più. E purtantu … (purtroppu ?)
        A me mi piace ‘ssu corsu cù è so’ francisazioni.

        1. Marie Anne, non sappiamo quanti anni hai (e certo non te lo chiederemo :-)) ma chi si ricorda della situazione 20 o 30 anni fa, sa che il corso era molto più parlato. Non è più così, e tutti lo dicono chiaramente. Non sappiamo in quale quartiere abiti, ma l’uso del corso è in calo costante. Questo è un fatto.

          Dagli anni 1970 in avanti, si è cercato di portare la lingua corsa in quegli ambiti dove non è mai stato usato (il corso è sempre stato parlato, mentre gli usi scritti, la lingua per l’istruzione, la giustizia, l’amministrazione, sono stati prima l’italiano per 700 anni, poi il francese per 250). Ma mentre si cercava di fare questo, il cambiamento della società, l’immigrazione di cui parli anche tu, i mezzi di comunicazione, hanno fatto calare di molto l’uso del corsu, che l’UNESCO ha inserito nelle “lingue a rischio di estinzione”.

          Il corso, da 50 anni a questa parte, è sempre stato usato per comunicare con gli italiani, sia i lavoratori stagionali che ancora c’erano negli anni 1960, che con i turisti. Oggi gli italiani – che in Italia giustamente parlano italiano – all’estero parlano in inglese (non sempre bene, certo), come i tedeschi, gli olandesi, e così via. Oppure parlano francese, ma in Italia il francese non si studia se non in alcune scuole ad indirizzo linguistico, o con corsi privati. Non è una lingua conosciuta.

          Ora, se tu dici che il corso non è in pericolo, sta bene così. Ma dato che la maggioranza degli isolani e dei linguisti dice che non è così, ci tocca a cercare altre soluzioni. L’uso del corso con i turisti che parlano italiano (già si fa nei pannelli con le spiegazioni dei monumenti) può essere una delle strade (non l’unica) per ridare spinta all’uso del corso. Che si può studiare dalla materna all’università (anche se opzionale e a volte ostacolato) ma che troppo pochi scelgono di imparare e ancora meno poi usano nella vita reale. La lingua non si può mettere in un cassetto dicendo “se tra 10 anni vorrò usarla la tirerò fuori”: se non la si usa, la si perde, e su 300.000 abitanti bastano poche persone che non la usano più per rischiare di perderla per sempre.

          1. ragazzi mi intrometto nel discorso… mi sa che qualcuno non ha assolutamente idea di come vengano affrontate le minoranze linguistiche in francia germania slovenia croazia ed italia. semplice, si cerca di dare più risalto alla lingua ufficiale FORTE, poi c’è chi parla di italia poco avvezza a riconoscere le minoranze linguistiche. in realtà la francia ad ora non ne riconosce nessuna, ed anzi l’italiano in costa azzurra prevalentemente italofona fu estirpato a forza nel 1800. poi se a voi corsi vi piace farvi prendere per il culo da un amministrazione centrale che di benefici non ne da fate pure, ma non venite a dire che la francia tutela meglio le minoranze che l ‘italia perchè è una cazzata immane.

            ps: io della lingua corsa ho capito tutto, senza aver mai studiato il corso. provate invece a far leggere un francofono il corso.

        2. Marie Anne, mi permetto di complimentarmi per il modo civile e cortese con cui esprimi le tue idee, anche quando sei in disaccordo con i tuoi interlocutori.
          Detto questo, vorrei proporti due considerazioni e una riflessione.
          Prima considerazione: può benissimo essere che la lingua corsa ce la possa fare da sola a sopravvivere, senza nessun aiuto da parte dell’italiano. Malgrado i dati non esaltanti che sembrino dimostrare il declino del còrso, nessuno può prevedere con certezza il futuro: chi vivrà, vedrà.
          Seconda considerazione: può anche darsi che la progressiva francesizzazione del lessico non sia la cosa più tremenda che può capitare alla vostra bella lingua; dal mio punto di vista, potete benissimo usare “sciarcutteria” invece di “salameria” (come si diceva un tempo) benché suoni strano, esotico e – scusami – un po’ buffo, alle orecchie di un italiano. Forse, qualche volta tale processo è stato inevitabile: quando la rivoluzione industriale ha fatto sentire la sua eco anche in Corsica, l’isola era già francese e probabilmente è stato normale che il termine corso per “fabbrica” sia diventato “usìna” (se ricordo bene) – ma questa è solo una mia supposizione.
          Fatte salve le considerazioni, ti propongo di riflettere su questo: piuttosto che studiare una lingua ex-novo, senza collegamenti con altri contesti, non credi che sia più appassionante, utile e soddisfacente imparare una lingua conoscendone le radici, potendo confrontare il lessico con una lingua dotata di evidenti affinità? Per esempio, non credi sia emozionante cercare le parole del corso d’oggi nell’italiano dei secoli passati e ritrovarle nelle terzine della Divina Commedia? Quand’è tù dici “avà”, o “avale”, soca ellu ùn hè maravigliosu u scopre chì oghje ‘ssa parulla ùn s’utilizeghja micca in lingua taliana, ma ella ci hè stata ind’è u toscanu di u medioevu? Per me è stato emozionante scoprire che “nimu” per dire “nessuno”, parola che sembra tratta direttamente dal latino, si utilizza ancora (anche se sempre meno…) in certe zone delle provincie di Lucca e Pisa (là si dice “nimo”)!
          Questi collegamenti mi hanno spinto a interessarmi della lingua corsa, ma così facendo, ovviamente, ho anche approfondito sempre più la conoscenza della mia lingua, l’italiano. Una cosa analoga, credo, potrebbe accadere a chi dovesse studiare la lingua corsa confrontandola con l’italiano: tante differenze certo, ma le somiglianze sono innumerevoli. Prova ne sia che corsofoni e italofoni si capiscono, con uno sforzo minimo, senza aver mai studiato la lingua dell’interlocutore.

          In sintesi: sei sicura che, pur di affermare che il còrso è una lingua sana (“sana” nel senso còrso di “intera, compiuta”), sia così utile spiccarla del tutto dalle sue radici? La mia idea è che sarebbe una perdita per tutti se le profonde affinità che innegabilmente legano le nostre lingue e, più in generale, le nostre culture finissero per essere sottaciute o dimenticate.

          Un abbraccio dal Piemonte. Ch’ella campi a lingua corsa!

          1. Fab, le discussioni sono fatte per capirsi e non per littigare. Credo che malgrado tutti gli argomenti logici e perfettamente giustificati, nel mio sentimento profondo non posso cambiare idea.
            Quello che stai dicendo sull’influenza del italiano (toscano in particolare) sul corso vale altrettanto nel fondo per tutte le altre lingue del mondo che trovano la loro etimologia linguistica in diverse radici (latine, celtiche, ecc.). Questo non lo contesto ed è vero che aiuta molto a capire ed a scrivere qualsiasi lingua. Sono anche convinta che possa essere affascinante di scoprire tutte le somiglianze paragonando una lingua figlia e una lingua madre.
            Credo purtoppo che pochissima gente sia decisa a spartire questa passione.
            Comme l’ho indicato indietro, i corsi che non parlano affatto corso, sono di origini molto lontane dalle nostre, per questi basta il francese visto che è la lingua nazionale. E i “corsi veri” (almeno quei che credono di esserlo), penso che rissentano come me, il bisogno di insistere sulla propria indentità per sopravvivere senza rinegare nessuna influenza ma senza sentirsi rinchiusi nel amalgamo. Mi permetterei di aggiungere che basandosi troppo sulla lingua italiana, si prende il rischio di suscitare molti errori nel parlare e scrivere corso. Certo, questo è solo il mio parere ma ho visto tante volte nel passato amici miei, che studiavano l’italiano e lo spagnolo nel contempo, confonderle mostuosamente.
            E lingue regiunali so’ malorosamente (francisazione) tuccate da a supranità di e lingue naziunali, ghjé un fattu averatu, ma avemu forza e speranza ind’è u core e tantu amore per à nostra terra chi vogliu crede in dumane. Bonasera di Bastia.

          2. Capisco le tue riserve, Marie Anne. Del resto, in molte occasioni, la vostra identità di Còrsi è stata disprezzata a tal punto che oggi è più che normale sentire il bisogno di ribadirla con forza.
            Se di identità si parla, tuttavia, non posso fare a meno di constatare, con un po’ di tristezza, che molti Còrsi sembrano aver dimenticato che la lingua italiana è stata per secoli parte integrante e primaria della propria identità nazionale. Parlare e scrivere italiano non significava certo essere stranieri e neppure perdere la propria lingua materna: basta leggere (in originale) le lettere di Pasquale Paoli per convincersene. Insomma, essere Còrsi significava ovviamente saper parlare còrso e, se uno aveva anche avuto la fortuna di poter studiare un minimo, conoscere pure l’italiano.
            Certo, se la lingua italiana è stata parte integrante della cultura isolana sino al XIX secolo, non è detto che oggi debba per forza essere la stessa cosa. Le cose cambiano col tempo. Si può benissimo decidere di proseguire un viaggio (diciamo: la riscossa della lingua còrsa) lasciando dietro di sé alcuni bagagli (diciamo: la lingua italiana). È una vostra scelta insindacabile, che però personalmente mi spiace, non posso negarlo.
            Comunque, mille sinceri auguri, voglio credere insieme a te in un domani in cui la Corsica abbia mantenuto il più possibile salde e vive le sue peculiari caratteristiche culturali.

          3. Grazie di capire il fondo delle mie convizioni anche se ti spiaciono.
            Ho scritto molte volte qui che non rinnego affatto l’influenza della lingua italiana e neppure che abbiamo una lunga parte di storia commune con voi.
            L’Italiano è, a parer mio, la più bella lingua del mondo, seno’, non l’avrei studiata e non saprei oggi frami capire da te (anche se col tempo ho dimenticato molto).
            Ma il più grande voto di un essere, chiunque sia, è la libertà.
            Ricordo il primo (ed unico) romanzo corso che ho letto quando ero ragazza : “Pesciu Anguilla” scritto nel 1929 da Sebastianu Dalzeto, l’atmosfera di una Bastia che non ho conosciuta ma che mia nonna mi ha discritta perfettamente, essa conosceva quasi ogni protagonista del libro e mi dava commenti e specificazioni che rendevano la storia sempre più emozionante per la bambina che ero.

            E’ a questa epoca che sono attaccata, quando lo stato francese si preoccupava poco di noi, del nostro parlato.
            Un periodo corto nel quale eravamo quasi autonomi nel linguaggio.
            Se l’Italia non avesse ceduto la Corsica (che non gli riportava più niente e di cui la popolazione, ostile ed abituata alla libertà non avrebbe mai accettato di tornare sotto il giogo ligure) alla Francia nel 1769, la storia sarebbe stata diversa.

            Spero anch’io che ce la caveremo, per adesso ho fiducia.

        3. Vengo da molti anni in ferie da codeste parti e da toscano quale sono, trovo del tutto naturale la contiguità linguistica, culturale, somatica, culinaria, territoriale e chi più ne ha ne metta, tra noi. La geografia e la storia ci uniscono; sarebbe assai sorprendente se così non fosse. Basta guardare su google maps o se siete intraprendenti, leggere la storia di Corsica su Wikipedia per farsene una ragione.
          Nella mia piccola esperienza vacanziera mai ho avuto problemi a scambiare due chiacchiere con la gente comune per strada, nei negozi e anche, ahimè, con un simpatico dentista di Ajaccio 🙂 . Piuttosto nel locali pubblici per villeggianti si. Lì spesso si trovano giovani continentali francesi a fare la stagione o, più tristemente, giovani corsi che evidentemente poco sanno della storia e di tutto quello di cui si discute qui.
          Quando sono a Firenze mi ascolto Mediterradio, guardo Corsica prima e sorrido e volo sentendovi parlare, per quell’uso che fate di molte parole ormai qui desuete e che, al tempo stesso, spolverano ricordi di infanzia, di parlate antiche, toscane occidentali, liguri, sarde ormai sparite dalle nostre orecchie in favore di stereotipati vezzi da pubblicitari milanesi, senza offesa per entrambi.
          Credo che sia molto importante in quest’epoca di sovraesposizione alla cultura di massa preconfezionata, mantenere, anzi migliorare e potenziare, i nostri rapporti interculturali e attuare una vera politica glocal (scusate il neologismo orribile), per riconoscere la nostra identità con gesti semplici a cui tutti possiamo contribuire. Non per bieco istinto conservativo, viceversa per una sana propensione al miglioramento. Un po’ come succede nella finanza: ci si unisce per non sparire, perché abbiamo tanta bellezza e tanta esperienza da condividere col mondo intero. Siamo ad armi pari perché anche l’italiano avrebbe da beneficiare in questo percorso. Perché negarcelo? La nostra amata lingua infatti, a differenza del francese, ha pochi corrispondenti nel mondo coi quali confrontarsi e inoltre come il corso sta avendo un repentino processo di modernizzazione, qui in favore dei fin troppi inglesismi mal masticati, tanto che l’accademia della crusca fa fatica a seguirli. Nulla di male ben inteso, la mia posizione di fronte a tutto questo è di mediazione tra le spinte culturali che ci circondano, non di contrapposizione. Per questo lodo il vostro proponimento e in prospettiva auspico che tutti considerino obsoleta e fittizia la divisione culturale tra le due sponde del Tirreno, voluta da avi miopi e fanatici, perpetuata da politiche che tirano a campare, e di cui possiamo benissimo farne a meno, in favore di un più ampio e consapevole multiculturalismo europeo. Un caro saluto a tutti i partecipanti.

        4. A Bastia l’influenza toscana e fortissima anche se siete stati tra i primi a importare i francesismi
          Per esempio dite lapinu anziché il tradizionale cuniglu o cunighjulu.
          A volte però quelli che alcuni di voi considerano francesismi sono stati importati dal toscano del nord.
          In Corsica alcuni dicono cenera e altri cendera ma ti possono assicurare che anche nel nord della Toscana i vecchietti dicono cendera.
          Ho trovato a Bastia molte parole che sentivo in bocca alla mia binonna Felicina (Filì) quando ero bambino a parte la U finale che da noi è U
          Fole
          Zinzale
          Gocchja e filza
          Lochi
          Strinta
          Casgio
          Prova ad ascoltare questo dialetto e dimmi se rassomiglia al corso più o meno del firentino
          https://youtu.be/G8SLwnopTMw

  14. Capisco e condivido la sua preoccupazione per la scomparsa della lingua/dialetto Corso signor Chiorboli, anche in Italia c’è , in parte, questo problema. Non per quello che riguarda l’identità locale, perché anche i giovani si divertono a parlare nel dialetto della loro città /regione. Per esempio il teatro dialettale va sempre fortissimo, dappertutto (da voi come va?). i In alcune regioni tale abitudine è poi così forte che si fa fatica a comunicare. Per esempio ho due amici di Vicenza, due giovani che abbiamo conosciuto in vacanza qualche anno fa e che continuiamo a rivedere visto che ogni hanno vengono in vacanza a Gabicce Mare, con cui è quasi faticoso parlare a causa della loro abitudine di comunicare in dialetto Vicentino, cosa comune a molti Veneti, anche giovani. Questo avviene in una regione come il Veneto dove non c’è traccia di bilinguismo, a conferma che non è un “formale” bilinguismo a salvare i dialetti locali. Lo stesso si potrebbe dire per i Napoletani, Pugliesi, ecc. Quello che invece si sta perdendo a mio avviso è l’uso di vocaboli (dialettali) legati alla tradizione contadina (i contadini sono i veri custodi del dialetto), perché tendono a sparire i contadini e soprattutto gli strumenti e le abitudini che si usavano in campagna. Le auguro ogni fortuna nella sua fatica di fare capire ai suoi conterranei la differenza che c’è fra l’Italiano, come lingua e l’Italia come nazione.

  15. La Corsica è una terra che parla un idioma appartenente al gruppo italiano centro-meridionale ed è di tradizione culturale italiana.

  16. Buongiorno,

    mi inserisco in questa conversazione solo per esprimere la soddisfazione per il solo fatto che una diatriba sulla conoscenza e l’uso della lingua italiana in Corsica esista in tutte le sue sfaccettature. Credo che l’avvicinamento culturale dei Corsi alla lingua e alla cultura della penisola gioverebbe non solo a loro stessi ma anche alla ricomposizione dell’intera identità italica al di là dei confini politici, e alla visione di un quadro più ampio della travagliata storia italiana ed europea.

    Provo molto interesse a conoscere meglio la cultura e l’identità dell’Isola che si stende al largo del Tirreno e della quale, volando fra Roma e Milano o Torino, si intravedono le coste o le cime innevate. Ma della Corsica, escluso l’aspetto più superficialmente turistico, in Italia si conosce poco. Sono riuscito a trovare in rete ascolti del meraviglioso patrimonio musicale che la collega ad altre culture mediterranee e al canto tradizionale di vari popoli italici. Ho trovato materiale interessante sulla lingua e la storia corsa ma poco o nulla ho trovato, ad esempio, sulla letteratura o sulle arti.

    Speciale merito di questo sito sarebbe quindi quello di far conoscere i vari aspetti della cultura corsa e promuovere, se ancora non è stato fatto, la traduzione in italiano di autori e letteratura corsi. Se, a quest’ultimo proposito, qualcuno ha qualche indicazione da darmi sarà molto ben accetta.
    Auguro buon lavoro a tutti!

  17. Io penso che ormai dobbiamo svegliarci prima che sia troppo tardi. La Corsica è italiana. Io sono crescuta in Francia, e devo dire che mi sento di più a casa in Italia che in Corsica. Occorre un’ “unificazione” tardiva !
    La Corsica e la Francia sono due paesi molto diversi, sia al livello politico che culturale, e non credo sia giusto continuare a far finta di niente. Non è mai troppo tardi per “diventare noi”.

    Una buona serata a tutti.

  18. Complimenti, veramente bravo l’autore di questo articolo, mi rallegro e felicito con lui! Sì, sto leggendo il còrso (u corsu) durettamente su Wikipedia ed anche su Corsica Oggi, un bel giornale corso in lingua italiana, senz’alcuna difficoltà, e lo trovo straordinariamente rassomigliante sia all’italiano che e soprattutto ad una moltitudine di dialetti italiani, sia del centro che del sud Italia. Ha proprio ragione l’autore a dire che il corso è addirittura più italiano e comprensibile di molti dialetti italiani, specie del sud e del nord del Paese. A dire il vero è così simile al mio dialetto marchigiano (della Regione Marche, città e provincia di Fermo), da non aver bisogno affatto di cercare né tradurre un bel nulla, sì proprio niente, che a volte rimango sorpreso e stupito! Grazie comunque alla vostra rivista! Io parlo anche correntemente il francese, mia seconda passione dopo la lingua italiana! Ma trovare le affinità con il corso, che sono parecchie, che deriva sì dal latino, ma principalmente attraverso la mediazione del toscano, mi fa accapponare la pelle. E mi fa sentire a Firenze dove ho studiato. Ciao

  19. Salve, Volevo aggiungere un paio di cose, io sono di Livorno, Praticamente vivo di “rimpetto” a voi…La prima è che piu della lingua, che puo essere un fatto occasionale, ci legano I cognomi, ovvero la nostra discendenza, non si tratta solo di cultura ma di sangue.
    LA seconda è in merito al pericolo “francesizzazione” del corso, se puo farvi stare meglio anche in toscana si usa il termine “sarviette” anche se lo si lega al fazzoletto o tovagliolo di carta e si dice “sortire” (dal francese “sortir”) al posto di “uscire” …

  20. Da milanese che purtroppo ha dovuto studiare la lingua di Bonvesin de la Riva e Carlo Porta sulle grammatiche vi dico che il rapporto con l’italiano è pericoloso tanto quanto lo è quello col francese. Ciò per via del fenomeno della convergenza. Per esempio, “scuola” nel milanese antico era “scoeura”, in quello settecentesco “scoeula” e in quello ottocentesco fino alla sua scomparsa “scòla”; tutto questo per via dell’influenza del toscano “scuola”.

    Del còrso mi affascina proprio la sua limitata italianizzazione (l’italiano è lingua toscana in bocca romana). Questo è una conseguenza proprio del fatto che la Corsica sia rimasta fuori dal processo di unificazione italiana.

    Sicuramente il còrso per sopravvivere ha bisogno di prestiti dall’italiano.

    Ma tenete presente che l’italiano sta subendo un processo di anglicizzazione sfrenata.

    Penso che la salute del còrso passi dal quadrilinguismo (còrso, francese, italiano e inglese) e che piuttosto che “computer” in còrso vada utilizzato un termine derivante da “ordinateur”.

    Quanto legami con l’Italia, concordo con chi pensa che dobbiamo ragionare in termini di regioni europee, senza confini e col rispetto per piccole “nazioni”.

    Ancora un commento. Da studioso che si occupa (anche) del mondo slavo tenete presente quello che sta accadendo con la lingua ucraina. Molti madrelinguangua russi nell’Ucraina orientale stanno “artificialmente” iniziando a parlare l’ucraino. L’orgoglio còrso non può non passare dall’apprendimento del còrso e la sua canonizzazione (o, per usare un orrendo anglicismo, la sua stardardizzazione) può essere molto aiutata dalla conoscenza dell’italiano ma facendo molta attenzione a non annacquare la “purezza” del corso nella koiné (i termini greci e latini non sono barbarismi….
    ) italiana.

    Con questo, grazie per questo “blog” (datemi un termine italiano!) da un europeo di lingua italiana che ammira la vostra cultura!

  21. W il mondo delle mille culture, delle mille lingue, del rispetto reciproco e della convivenza pacifica. Le differenze sono ricchezza. È ora che molti lo capiscano.

  22. Mi inserisco perché mi chiedo cosa pensino autori e commentatori del recente diniego/proibizione dell’uso del Còrso all’interno delle istituzioni còrse e nelle pubbliche dichiarazioni degli amministratori còrsi.

    Secondo me è una tragedia. Una follia.

    Inoltre voglio aggiungere che, sebbene uno Stato promuova o difenda minoranze linguistiche o dialettali anche nella costituzione, questo non vuol dire che ci sia un REALE interesse nel farlo. Mi spiego meglio: se si crea una società che ridicolizza ciò che è “marginale e minoritario” (barzellette o scenette comiche o popolari vanno bene in lingue/dialetti, ma solo in quelle occasioni altrimenti sembrano fuori luogo); se si definisce una lingua o una cultura “marginale o minoritaria”; se si produce un pensiero che vede “ignorante” chi si esprime in lingua minoritaria (ad esempio nell’ambito “contadino” come spesso si prende ad esempio); se si insegna una forzata italianizzazione (nazione creata a tavolino, non sorta naturalmente, fatto sintetizzabile nella famosa frase “Fatta l’Italia, FACCIAMO gli italiani”. Una cosa folle, imposta, creata ad hoc. Infatti la lingua italiana e la “cultura” italiana sono create appositamente e ciò le fa così deboli che anche le istituzioni sono quelle che meno difendono la lingua italiana e sostituiscono tantissimi termini con l’inglese, quando non è necessario. Basta leggere qualsiasi decreto degli ultimi 10 anni, e ancora peggio nei recenti 3 anni”; se dagli anni ’40/’50 i “maestri di italiano” nelle scuole punivano fisicamente i bambini che si esprimevano in “dialetto”; se pochi anni fa una bambina si è sentita dire da una maestra “non parlare in sardo, è MALEDUCAZIONE” (Non so se capite cosa voglia dire “maleducazione” per una lingua materna. Quindi mia nonna è maleducata e ignorante? Mio zio? Chiunque lo parli? E, badate bene, parlo di un paio di anni fa); se si crea una società con una mitologia linguistico-culturale a tavolino, qualsiasi legge scritta diventa inutile, perché si plasmano delle menti con coercizione indiretta.

    Cari amici Còrsi (da Sardo indipendentista seguo spesso le vicissitudini della vostra terra), concentratevi su voi stessi, abbiate un forte spirito critico e analitico prima di creare ambizioni su premesse fallaci.

    Indipendenza culturale, linguistica, amministrativa, decisionale sono fondamentali per non farsi risucchiare nelle narrazioni corali esterne, per fondare la percezione sociale del “sé” genuina; non vuol dire isolarsi dal mondo, vuol dire far finalmente parte attiva del mondo con la propria cultura, senza il filtro di una “sovracultura nazionale imposta”.

    Lottate per riprendere la Vostra lingua, ma lottate in Còrso!

    (Scrivo in italiano perché mi è stata forzata questa lingua fin da piccolo (la mia lingua è il Sardo Campidanese, ma mi esprimo abbastanza bene anche in Sardo Logudorese dato che vivo in un paese del Logudoro attualmente), inoltre voglio che il messaggio sia facilmente comprensibile a tutti i lettori interessati, còrsi o italici)

    Un saluto,

    Andrìa

  23. Non conoscevo la storia della Corsica ne tantomeno le TV ne hanno mai parlato in maniera diffusa ,ma sin da bambino mi sono sempre chiesta come mai quest’isola non fosse italiana. Io sono Siciliano e posso capire il vostro tentativo di riappropriarvi delle vostre origini. Sono contento di sapere che siamo fratelli e che i nostri destini sono simili anche noi miriamo all’autonomia della nostra identita’ e da secoli lottiamo, quindi sono con voi e voglio al piu’ presto venire nella vostra bella isola.

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