Il discorso di Gianfranco Ganau per l’insediamento del Consiglio Corso-Sardo

Dopo il discorso tenuto da Jean-Guy Talamoni in occasione della nascita ufficiale del Consiglio permanente Corso-Sardo, vi proponiamo quello di Gianfranco Ganau, presidente del consiglio regionale sardo, tenuto senza traduzione davanti agli eletti dell’Assemblea di Corsica.

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Presidente Talamoni, Signori consiglieri dell’Assemblea di Corsica,

è con vera soddisfazione che porto i miei saluti e quelli dell’ intero Consiglio regionale della Sardegna ai lavori di questa Assemblea.

Oggi abbiamo insediato la Consulta inter-istituzionale sardo–corsa ed abbiamo svolto la prima riunione, dando seguito a quegli impegni che abbiamo preso solo pochi mesi fa.

Le nostre isole, da sempre geograficamente vicine, sono state divise da percorsi storici diversi ma vivono oggi condizioni e problemi comuni.

Da una parte le ragioni fortemente identitarie della cultura, della lingua trovano difficoltà ad essere adeguatamente sostenute e a garantire quella continuità e radicamento che vogliamo e che definiscono l’identità di un popolo. Dall’altra le difficoltà legate alla condizione di insularità che comportano diseguaglianze e ritardi nelle opportunità economiche e sociali dei sardi e dei corsi nei confronti del resto di Europa.

Proprio nelle nostre storie, non serve ricordare che qui è nata la prima Costituzione europea e che modelli di autodeterminazione hanno trovato realizzazione sotto la guida di eroi nazionali come Pasquale Paoli e Giovanni Maria Angioi, troviamo riferimenti utili che indicano la strada di una moderna sovranità compatibile con i principi fondanti l’Europa dei popoli e il moderno federalismo democratico.

 

È all’ Europa, oltre che agli Stati nazionali, che dobbiamo guardare per rivendicare e vedere riconosciuti diritti paritari e pari opportunità. In questo, se sapremo bene interpretarla, la neonata Consulta, può essere utile a rafforzare le nostre richieste, sostenendo le motivazioni e cercando un’ interlocuzione anche diretta con gli organismi di rappresentanza europea, in un percorso comune che può portare solo vantaggi ad entrambe le nostre isole.

In questo senso, senza fughe in avanti e con molto realismo, la prospettiva di una macro-regione europea deve essere attentamente valutata e, se condivisa, adeguatamente coltivata. Di questa idea non bisogna aver paura ma va piuttosto curata e coltivata, come uno strumento che accresce opportunità ed amplia diritti di tutti e non di qualcuno a svantaggio di altri.

Questo percorso non può prescindere dal pieno riconoscimento della condizione di insularità e dei necessari meccanismi di compenso che trasformino l’attuale condizione penalizzante in una condizione di pari competitività ed opportunità, dove le peculiarità di eccellenza culturale e ambientale siano pienamente valorizzate. Perché questo sia forte e vincente deve evidentemente cercare la più ampia condivisione con la nostra gente e diventare patrimonio dei più.

Non a caso un argomento trattato oggi ha riguardato la formazione universitaria e la collaborazione tra le nostre università , perché crediamo fermamente che un migliore futuro dipenda da una migliore qualità della formazione dei nostri giovani, da una futura classe dirigente consapevole della propria cultura e pronta a cogliere le opportunità che l’Europa può offrire.

Oggi è un bel giorno per il popolo corso e per il popolo sardo, sento tutta la responsabilità del ruolo che ci siamo dati. Abbiamo in mano uno strumento ma soprattutto una nuova forte volontà per scrivere una storia e definire prospettive diverse per le nostre isole e per i nostri popoli.
Buon lavoro a tutti.

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3 thoughts on “Il discorso di Gianfranco Ganau per l’insediamento del Consiglio Corso-Sardo”
  1. Interessante il discorso di Ganau, in particolar modo il richiamo a Giovanni Maria Angioi come eroe nazionale, considerato che fa pur sempre parte di una giunta costituita perlopiù da quei partiti centrali che, da Roma, procedono verso lo smantellamento delle autonomie locali (inclusa quella sarda). Ugualmente interessante il discorso radicale di Pietro Pittalis, rinvenibile nell’articolo “Tutto ciò che c’è da sapere sullo storico patto tra Corsica e Sardegna”, in quanto presidente di… Forza Italia in Sardegna!

    Non ci si deve sorprendere, però, più di tanto; ciò si inscrive in una strategia consolidata di lungo termine, inaugurata da tempo, da parte delle sezioni locali dei partiti romani volte a fagocitare almeno una frazione dell’elettorato sardista/indipendentista, disperso in una miriade di sigle debolmente strutturate, rivolgendo un appello multipartitico a quei gruppi sardisti che attualmente fanno parte della coalizione di governo regionale in modo da cementarne i legami. Classica strategia che parte dal livello esterno per irrobustire i rapporti di potere interni.

    In Sardegna infatti, a differenza della Corsica dove sussistono delle differenze tra i cosiddetti nazionalisti moderati (autonomisti, come Gilles Simeoni) e radicali (indipendentisti, come Talamoni), gli attori politici regionalisti sardi sono solo del secondo tipo, ponendo allo stato italiano degli ovvi problemi nel gestire la mole di consenso ad essi eventualmente tributabile nel caso (remoto, nelle circostanze attuali) in cui riuscissero a formare un’alternativa almeno relativamente unitaria di governo.

    1. Sapessi quanti indipendentisti hanno tifato frementi la nazionale questi giorni ….

      1. Probabile, le ricerche statistiche (Identità e autonomia in Sardegna e Scozia, 2013, Maggioli Editore) hanno messo in evidenza come molti sardi (41%) che pur appoggiano le istanze indipendentiste non necessariamente prendono le distanze dall’identità italiana costruita nel processo ottocentesco di state building (laddove un 26% si sente infatti sardo e non italiano, la maggioranza si sente più o meno italiana, con un 37% che si reputa più sardo che italiano, un 31% che si ritiene tanto sardo quanto italiano, un 5% che si sente più italiano che sardo e l’1% che si considera italiano e non sardo). Certe questioni sono più complesse di quanto possono sembrare in superficie, a testimonianza di come le richieste di autogoverno non sempre combacino e derivino interamente dalla percezione di un’identità distinta (sebbene ciò sia patrimonio comune dei partiti sardisti). A ciò si aggiunge che il calcio, pur essendo certamente un fenomeno culturale connotato politicamente, non è l’unico “identity marker” presente per valutare la percezione che una comunità ha di se. Soprattutto considerando che, non esistendo in alternativa una “squadra nazionale sarda” nel mondo calcistico, quanto di più vicino abbiamo in Sardegna a essa sarebbe forse il Cagliari, che pur è una squadra locale.

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