Per Talamoni nella storia culturale di Corsica corsofonia e francofonia, ma non l’italiano

Venerdì è stata una giornata storica nelle relazioni tra Corsica e Sardegna, perché le istituzioni delle due isole si sono impegnate formalmente a collaborare, grazie all’istituzione del Consiglio permanente Corso-Sardo.

I presidenti dell’Assemblea di Corsica e del suo omologo sardo, il Consiglio regionale della regione autonoma di Sardegna, hanno pronunciato discorsi per salutare questa nuova fase storica.

Il discorso pronunciato da Jean-Guy Talamoni parte dalla recente Brexit per spiegare come le regioni e i popoli possano contribuire a rifondare l’Europa “dal basso” e con radici più solide. Tra queste radici, dice Talamoni, devono esserci quelle culturali. E traccia subito dopo una breve storia della cultura còrsa.

Proprio su quest’ultima parte del suo discorso vorremmo soffermarci.

U prugettu chè no purtemu cù a Sardegna vole fà di e nostre sfarenze e nostre forze. A francisazione di a Corsica ci hà fattu perde una parte di u nostru capitale culturale ma ci hà apertu dinù à l’inseme di a francufunia. L’integrazione di a literatura corsa à u campu literariu francese, stu pass’è veni trà e duie lingue hà struppiatu, quant’ellu hà liberatu, l’autori di u primu riacquistu, centu anni fà, angusciati ch’elli eranu in a scelta di a so lingua di spressione, è in i temi ch’elli pudianu accustà, in a scelta d’una lingua vista cum’è patrimuniale, materna, ristretta à e piccule libertà d’un soprasè inventatu da a diglussia cù una lingua acquista è cunquista. Di sta ferita, ne femu avà una fiertà è un attrazzu per a nostra literatura cum’è per i nostri scrivani, capaci ch’elli sò à passà d’una lingua à l’altra per scrive ciò chè no simu o ciò chè no sunniemu.

Chi non conosce la storia di Corsica, leggendo queste righe può avere l’impressione che prima della conquista francese del 1768 esistesse una florida letteratura in lingua corsa, i cui scrittori dopo l’arrivo dei francesi si sono ritrovati combattuti tra l’uso della lingua materna e quella della lingua dello straniero, che nei secoli è diventata però uno strumento di apertura a un insieme culturale più ampio, quello della francofonia.

In realtà la lingua corsa è una lingua scritta solo dalla fine dell’800 in poi, quando iniziarono ad essere pubblicate alcune raccolte di poesie e poi alcune riviste. All’epoca dell’annessione alla Francia, così come nei secoli precedenti e fino ai primi anni del 1900, i Corsi scrivevano… in italiano. Sull’isola, come in quasi tutte le parti dell’area geografico-culturale italiana, c’era una diglossia tra lingue locali, usate in ambito familiare o nella vita del paese, e lingua italiana, usata per dialogare con le amministrazioni, nelle cerimonie religiose e negli usi scritti.

Gli scrittori Corsi dunque facevano già parte di un insieme culturale più ampio, quello dell’italofonia. Abbiamo pubblicato qualche tempo fa una rassegna di alcuni scrittori còrsi in lingua italiana, attraverso le varie epoche. Questo non toglie nulla al ruolo che le parlate corse, oggi lingua corsa, hanno avuto e hanno oggi nell’identità dell’isola, e non toglie nulla alle opportunità offerte dalla Francia e dalla francofonia. Ma se si parla di radici storiche e culturali, la storia va raccontata per come è.

Prosegue Talamoni:

u fundamentu di u nostru esse hè a lingua corsa, lingua ponte di a nostra latinità è di a nostra rumanità. U nostru plurilinguisimu, in teuria, ci pò permette d’integrà i nostri campi literari. Hè propiu ciò chè no vulemu fà cù a creazione d’un Gran premiu literariu di u Mediterraniu chè no chjameremu Antigona, di u nome d’unu di i miti i più putenti è famosi di l’Antichità. A creazione d’un imaginariu cumunu serà u fundamentu di a nostra capacità à cuntrastà è à campà inseme.

La “latinità”, la “romanità”, la “mediterraneità” della Corsica sono concetti giusti e veri. Ma perché non dire che per almeno sette secoli la sua area culturale di riferimento è stata quella italiana, che come abbiamo visto era un insieme di tanti piccoli stati uniti da posizione geografica o lingua comuni.

U prugettu chè no purtemu cù a Sardegna vole fà di e nostre sfarenze e nostre forze” diceva Talamoni. Ma perché, se oltre alle differenze ci sono anche punti in comuni, non si possono far diventare anch’essi delle forze? Così come il francese in Corsica, l’italiano in Sardegna è stato introdotto tardi, nel 18° secolo, ma oggi è grazie all’intercomprensione tra còrso e italiano che i rappresentanti delle due isole hanno dialogato tra di loro senza bisogno di traduttori, e hanno potuto rilasciare interviste ai media dell’altra isola senza interpreti, parlando direttamente alla gente.
Anche qui, senza nulla togliere al ruolo che il sardo, il gallurese, il sassarese e le altre parlate, hanno avuto ed hanno in Sardegna.

Perché, se la francofonia ha aperto 250 anni fa la Corsica a un mondo culturale e sociale più ampio, la lingua italiana non può tornare a farlo oggi?

 

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10 thoughts on “Per Talamoni nella storia culturale di Corsica corsofonia e francofonia, ma non l’italiano”
  1. Già, voi ponete giusti interrogativi, bisognerebbe capire cosa c’è nella mente di Talamoni, e poi l’uso dell’italiano già patrimonio corso più che dei sardi darebbe il via ad una intercomprensione ancora più immediata.Infatti i sardi non usano la lingua sarda pur essendo patrimonio della Sardegna ma liberamente l’italiano.Mah….!

    1. L’italiano “volgare” è arrivato in Sardegna con Pisani e Genovesi già dall’anno mille circa ed a parte il gallurese (di derivazione corsa) anche il logudorese ed il campidanese sono impregnati di Italianismi già da quel periodo…

  2. Teniamo bene in chiaro che Talamoni è un politico.
    Non un intelletuale, nè uno studioso, nè un idealista.
    E come la larghissima parte dei politici ed amministratori, agisce secondo schemi mentali per lo più utilitaristici e d’interesse.
    Contrapporsi troppo e sempre alla Francia, evidentemente non gli conviene.
    Quindi dopo la “sberla” con la vittoria delle elezioni e tutti i pomposi proclami che ne sono seguiti, ecco qui il tempo della “leccata” ai galletti continentali.
    Senza rendersi forse nemmeno conto che, dicendo quanto ha detto, di fatto avvalla e conferma, o almeno giustifica, il ‘diritto’ francese a governare l’isola. Ma per contro, si contraddice inevitabilmente, sconfessando e privando in buona sostanza di fondamento le posizioni sepatatiste ed indipendentiste dei corsi che lui stesso cavalca e di cui si era fatto portavoce…
    Un notevole equilibrismo.
    Contento lui…

  3. Confermo il mio apprezzamento per il progetto di Corsica Oggi, che cerca di tenere in vita un legame culturale tra la Corsica e l’Italia e la lingua italiana. Una perseveranza ammirevole tanto quanto quei giardinieri ostinati che cercano di salvare le radici di una pianta oramai inaridita che neppure ai proprietari del giardino interessa ormai salvare. Sono d’accordo con il commento di Epulo. Se si volesse fare dietrologia, e non mi meraviglierei se fosse proprio così, si potrebbe pensare che dietro a tutto questo ci sia la regia della Francia. Anche nelle pompose dichiarazioni di Talamoni, che poi se si vanno a leggere nei contenuti sono cosette da poco. Con un governo regionale in mano a un unico partito indipendentista (ma è proprio giusto chiamarlo così mi chiedo) si è raggiunto un unico scopo. Calmare le poche spinte autonomiste rimaste e regimentare in un un’arena politica le poche istanze dei còrsi che ancora sentono un’identità propria. Ma ancora di più, affondare definitivamente quel poco che restava di legame culturale con l’Italia continentale. Riguardo l’incontro che c’è stato e che ha istituito questo nuovo e mi permetto curioso organismo (che poi nei fatti vedremo a cosa porterà), è sufficiente confrontare le due dichiarazioni, quella di Talamoni e quella del presidente del consiglio regionale sardo, per comprendere chi tra i due ha parlato con meno demagogia, da politico ben conscio di cosa si può e non si può realizzare e quali sono i veri legami storici e culturali che legano le due isole alle altre regioni del mediterraneo. Si perché la differenza tra Italia e Francia è molto semplice ed è tutta qui. Nel concetto stesso di nazione. Il nostro paese pieno zeppo di difetti, è comunque una nazione di regioni e localismi con proprie e ben definite caratteristiche storico culturali e a volte sociologiche. La Francia no. Stop. Comunque se ai còrsi va bene così, va bene a tutti. Resta comunque una bella isola francese dell’arcipelago tirrenico a due passi dalla Toscana con la quale confina (forse come estensione in chilometri molto ma molto di più che con la Sardegna, basta guardare una qualsiasi mappa geografica, mappa rigorosamente italiana però) e farci un salto per goderne il paesaggio e lo splendido mare. Ciao e grazie per l’ospitalità.

    1. Nessuna regia da parte francese (almeno, estremamente improbabile a parer mio). Molto semplicemente, Talamoni ricopre la posizione di presidente dell’assemblea corsa come leader di un partito le cui intenzioni (indipendenza tout court) non sono generalmente condivise dalla maggioranza dell’elettorato, orientato invece all’ottenimento di maggiori garanzie di autonomia in seno alla Francia. Quest’ultima posizione è piuttosto espressa da Simeoni (presidente del consiglio dell’esecutivo), la cui frangia autonomista ha egemonizzato la lista pensata come alleanza strategica per il secondo turno delle elezioni territoriali (regionali). Tant’è vero che infatti si può considerare indipendentista soltanto una frazione del vincitore “Pè a Corsica” a vocazione minoritaria rispetto a quella maggioritaria che esprime istanze autonomiste. In tal senso si inseriscono dichiarazioni come quella della Francia “pays ami” e questa sulla francofonia. Aggiungiamo pure che, solitamente, il soggetto (tanto individuale quanto partitico) politico che riesce a ottenere l’accesso alle istituzioni, una volta inserito nel circuito rappresentativo tende a moderare le proprie posizioni magari inizialmente radicali (esistono tanti esempi di tale comportamento, comunque normale).

      1. Ringraziamo Graziano Lori e Ansoni Isu per i commenti, entrambi interessanti. In effetti Talamoni esprime, all’interno della coalizione Pè a Corsica, una minoranza. Il leader, e presidente dell’esecutivo, è l’autonomista Simeoni, e nel patto di coalizione è chiarito che per due legislature non si parlerà di indipendenza.

        Dietro li attuali rapporti tra corsofonia e italofonia e tra Corsica e Italia ci sono 250 anni di Storia. Con interessi francesi, certo, ma anche con atteggiamenti italiani e reazioni dei Corsi verso fenomeni che ancora oggi viviamo (i lavoratori italiani che vengono a “mendicare” il lavoro nell’isola, per esempio, che ha creato uno stereotipo negativo.

        Sulla pianta quasi secca.. beh… in realtà mai come in questo momento storico ci sono possibilità di farla reinverdire 🙂 Si pensi a questa nuova relazione tra Corsica e Sardegna, che potrebbe estendersi a Liguria, Toscana e Lazio. Alle possibilità offerte dal web che porta, ad esempio, Corsica Oggi sugli smartphones di molti Corsi ogni giorno, così come di molti italiani. Il terreno è tornato fertile.. chi vuole seminare.. non ha che da farsi avanti!

  4. Mia modesta risposta al quesito con cui si conclude l’articolo… Perchè la francofonia si estende ben oltre il mediterraneo e l’Europa. Il francese è una lingua internazionale mentre l’italiano (senza toccare o avere da ridire sul suo valore culturale) in fin dei conti è parlato dai proverbiali 4 gatti, anche includendo studiosi della lingua stranieri e parlanti espatriati. Non credo si possa sinceramente fare un paragone.

    1. Vero che il bacino non è paragonabile, è però anche vero che i madrelingua francesi nel mondo sono meno di 80 milioni (quelli italiani per intenderci sono 65 milioni). La grossa differenza è la conoscenza come seconda lingua, legata al passato coloniale e soprattutto all’investimento che la Francia fa per mantenere l’uso della lingua nei paesi africani dell’ex “Francafrique” (alcuni dei quali tuttavia hanno già migrato all’inglese la lingua dell’istruzione scolastica) e per favorirne l’insegnamento all’estero. L’OIF riceve dallo Stato francese finanziamenti annui nell’ordine di centinaia di milioni di euro, la Società Dante Alighieri riceve dal governo italiano circa 600.000 euro annui. L’italofonia in realtà ha la grande risorsa della diaspora italiana (seconda per numero solo a quella cinese) e al prestigio culturale che, in un mondo dove l’inglese è ormai l’unica lingua che “bisogna” sapere, è una carta importante.

      La domanda finale dell’articolo però non riguardava una scelta tra francofonia ed italofonia. Ma la possibilità, per dei bilingui francofoni-corsofoni di sfruttare la lingua corsa per comunicare con chi parla italiano. Considerando il fatto che la maggior parte degli scambi (per commercio e turismo) i Corsi non li hanno con cittadini del Mali o del Québec, ma con continentali francesi e italiani e con i vicini sardi.

  5. la verità è che i corsi di Italiano non ne vogliono sentir parlare, se l’Italia fosse un paese più ricco ed efficiente della Francia credo che i Corsi avrebbero meno difficoltà ad accettare la loro origine (essendo la loro lingua derivata dalle migrazioni dei continentali italiani nei secoli), purtroppo lo sciovinismo di matrice francese ha di fatto contagiato profondamente anche la Corsica, e questo discorso di TALAMONI’ ne è il risultato (pur accettando la Romanità e la latinità che sempre Italia sono)

    1. ed aggiungo che le azioni in merito alla ricerca di collaborazioni ed interscambi avviati oltre che con la Sardegna anche con Liguria e Toscana proprio per ragioni storiche e culturali, oltre che geografiche, portano e comunque sempre verso il nostro paese.

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