Come prova, i numerosi alloggi già riservati da coloro che convergeranno domani sera verso la chiesa di Sainte-Marie per assistere all’apertura delle porte, verso le 21, e all’uscita del penitente.
Si attendono molti visitatori, ma come ricorda Michel Roure, membro della Compagnia del Santissimo Sacramento ed ex priore, “il Catinacciu non è uno spettacolo. La processione rimane un atto di fede che ognuno vive secondo la propria sensibilità e convinzione. Un momento forte, solenne e indimenticabile”.
La tradizione della processione fu importata sull’isola dai francescani nel XIII secolo, poi rafforzata dalla nascita delle confraternite dei penitenti nel XV secolo. Il Catinacciu si riferisce, lungo un percorso che si estende per due chilometri, al Calvario di Cristo e alla salita al Golgota che vede il penitente cadere tre volte per le strade acciottolate della città.
Vuole espiare le sue colpe? Esprimere la sua fede il più vicino possibile ai fondamenti del cristianesimo? Per fare un bilancio della sua vita, per purificare un’esperienza familiare dolorosa in comunione con Cristo? Fare un voto o affrontare una malattia? Un mistero. Solo il parroco del paese, padre Bertoni, conosce la sua identità. Chiunque abbia frequentato il Catinecciu almeno una volta nella sua vita ne ha un ricordo struggente.
Volto nascosto da una cuffia, piedi nudi incatenati e una pesante croce sulle spalle, quando il penitente vestito di rosso esce dalla chiesa di Santa Maria, c’è silenzio nella piazza della Porta. Quando inizia la processione, il suono delle catene sull’acciottolato risuona nel cuore degli uomini e ricorda loro il calvario di Cristo…
La croce del penitente pesa 33 kg, una figura simbolica che ricorda l’età di Cristo, e le catene 14 kg, per le 14 stazioni della Via Crucis”, spiega Nicolas de Peretti, professore universitario e confratello. I penitenti rossi e bianchi possono rappresentare Gesù e Simone di Cirene, ma questa non è una rievocazione, è una processione para-liturgica, fanno la loro penitenza in modo anonimo. Gli otto penitenti neri, anch’essi anonimi, spesso dimenticati, sono alla fine altrettanto importanti: essi rappresentano non la fratellanza della morte, ma I ghjudeii, il popolo ebraico.
I confratelli della Compagnia del Santissimo Sacramento, il cui priore è François-Dominique de Peretti, accompagnano la processione con il canto e sono i custodi della tradizione da quasi 500 anni.
—
Copertina: wikimedia – Fonte: Corse-Matin