La Corsica non è un’isola

By Paul Colombani Dic 30, 2017

Regolarmente si riscopre l’acqua calda e tale scoperta viene spacciata come una grande novità. Intendo alludere alla vexata quaestio di decidere se il còrso sia lingua o dialetto e se sia italiano o meno e si conclude trionfalmente asserendo che il còrso non è un dialetto italiano (come si sentiva dire in passato anche da Còrsi) ma una lingua a sé stante direttamente derivata dal latino (ed è ciò che vogliono sentirsi dire i Còrsi). Infatti ho già trattato lungamente l’argomento e chi è interessato potrà consultare il sito di A Viva Voce. Sembra però che sia necessario ribadire alcuni concetti noti da tutti gli specialisti ma che confondono le idee del grande pubblico.

Prima di tutto, il termine « lingua » è ambiguo, esso può indicare una lingua con una ortografia e una grammatica standard, un vocabolario ampio e ben definito. Le lingue che appartengono a questo primo gruppo sono di solito lingue ufficiali e vengono utilizzate in pubblico e insegnate nelle scuole : per esempio il francese, l’italiano ecc.
Oppure il termine « lingua » serve ad indicare un insieme di varietà linguistiche molto vicine che condividono molte strutture comuni tanto da poter essere considerate come una sola lingua, nettamente diversa dalle altre lingue. Ora le lingue derivate dal latino costituiscono l’insieme della lingue romanze. Questo insieme viene diviso in più aree, rumena, lingua d’oïl (francese e le sue varianti), lingua d’oc (provenzale e le sue varianti), italo-romanza, sarda, ecc. In questo secondo senso si parla spesso di « francese » per accennare all’area di lingua d’oïl, e di « italiano » per accennare all’area italo-romanza. Spesso tra queste parlate una variante viene eretta in lingua del primo tipo con ortografia, grammatica e vocabolario standardizzati e abbiamo così il francese e l’italiano delle scuole della radio, della televisione ecc.

Anche la parola dialetto è ambigua. Il linguista Marcellesi nel suo Dictionnaire de linguistique et de sciences du langage1 ne dà due definizioni, secondo la prima il termine serve a indicare una tra le parlate appartenenti ad una stessa famiglia linguistica. Ormai spesso si evita di usare la parola « dialetto » in questo senso (si parla piuttosto di lingua) e si preferisce adoperarla nel secondo senso segnalato dal Marcellesi, cioè una tra le varie parlate locali derivanti da una stessa lingua.
Il còrso fa parte di una famiglia linguistica, quella delle parlate italo-romanze che comprende tutte le parlate dell’Italia centrale e poi giù fino al siciliano (compreso) e al sardo gallurese (ma non il sardo vero e proprio che costituisce un gruppo a sé stante, una « lingua » nel secondo senso della parola « lingua). Il gallurese infatti si può considerare come una variante del còrso meridionale. Nessun linguista serio ha mai sostenuto il contrario e sarebbe difficile farlo perché il còrso è proprio vicino al centro di questa famiglia e, detto per inciso, è molto più vicino alla lingua italiana (nel primo significato della parola, vedi sopra) della stragrande maggioranza delle parlate di quest’area. Ovviamente quando alcuni hanno detto e scritto che il còrso era « italiano » facevano riferimento al secondo significato della parola.2 Particolarmente gl’Italiani, che sanno benissimo che il napoletano (tanto per dare un esempio) non deriva dall’italiano e usano la parola « italiano » nel secondo senso, per questo si stupiscono quando sentono alcuni Còrsi negare tale evidenza. Non riescono a capacitarsi che i Còrsi siano a questo punto ignoranti della collocazione linguistica della loro isola.

Ma il problema sottostante è quello dell’originalità del còrso e del suo statuto. Riguardo ad un presunto isolamento secolare e ad una grande originalità rispetto all’ambiente continentale (come credono alcuni Còrsi), in questo caso, ovviamente, continente vuol dire Italia, è illuminante questa citazione della professoressa Dalbera Stefanaggi, docente presso l’Università di Corte:
«Qualcuno potrebbe credere che la Corsica è un’isola. Non è vero, almeno dal punto di vista linguistico, e le grandi linee d’evoluzione che ritmano lo spazio italo-romanzo e che possiamo materializzare con alcune isoglossi fondamentali, si prolungano nell’isola ».3
Essa ricorda che le evoluzioni fonetiche, ma anche morfologiche e lessicali possono essere raffigurate da linee che, senza interruzioni, nonostante la presenza del mare, prolungano le principali frontiere dialettali italiane nello spazio linguistico còrso.
Infatti, le varie parlate di questi insiemi interagiscono tra di loro. Nel caso del còrso è sbagliato credere che si sia evoluto dal latino con poche interferenze esterne. Come è altrettanto sbagliato credere che la lingua italiana, lingua storica della Corsica, anche dopo la fine della dominazione genovese (d’altronde il genovese è molto meno « italiano » del còrso), abbia avuto soltanto un’azione marginale.
Tuttavia niente impedisce, dice la linguistica, che si possa tentare di creare una lingua standard sulla base del còrso nonostante la prossimità con l’italiano, il ceco e lo slovacco, o il serbo e il croato insegnano. Però ciò che sembra possibile in teoria risulta molto difficile in pratica, il còrso tutti questi ultimi anni ha continuato a regredire nonostante gli sforzi compiuti. Una delle difficoltà incontrate dai difensori della lingua è da ravvisarsi nell’esiguità del bacino d’utenza della lingua. L’italiano che peraltro è stato per secoli la lingua tradizionale della Corsica, non soltanto la lingua della cultura, della Chiesa, dell’amministrazione, ma anche la lingua scritta dell’uso comune (si scriveva in italiano si imparava a leggere, a scrivere a contare in italiano), dei canti, che conviveva con il còrso, lo nutriva ed ha contribuito a plasmarlo.

Ovviamente non si tratta né di sostituire il còrso con l’italiano né di bandire il francese. Nel primo caso si reciderebbero le radici della nostra cultura e l’italiano diventerebbe davvero una lingua straniera (ciò che per i Còrsi nel passato non era) nel secondo sarebbe rinunciare ad una ricchezza. Una Corsica esclusivamente francofona avrebbe rinnegato tutto il suo passato, una Corsica esclusivamente italofona avrebbe ben poco da offrire all’Italia. Compito della Corsica, come delle regioni di frontiera nell’Europa di domani dovrebbe essere di fungere da ponte tra due paesi vicini ma tra i quali sorgono spesso molte incomprensioni, invece di chiudersi in uno sterile e insostenibile isolamente o di dissolversi in un insieme francofono di cui sarebbe soltanto un lontano appendice.

Comunque per acquisire qualche nozione di queste materie consigliamo la lettura degli articoli di Wikipedia in francese e in italiano dedicati a « dialecte », « dialetti », « diasystème », « diasistema » e « Heinz Kloss » e « picard, langue », nonché dei seguenti articoli di A Viva Voce: « L’italiano prima dell’Italia », « Lussemburgo », « L’italiano nelle regioni », « La lingua italiana profilo storico », « La lingua dell’Intendente », « Radici », « Due volte un’isola », « La cortina di ferro », « Polinomia », « Pie illusioni e placidi tramonti », « Rivoluzione culturale », « Lettera dall’America », « Lana caprina », « Qui casca l’asino », « Il Minotauro ». Alcuni di questi articoli esistono anche in traduzione francese.

 

Note

1 Larousse. Paris. 1994.

2 Il «picard» è una lingua romanza tradizionalemente parlata in Francia nella regione Hauts-de-France (anticamente regioni Nord-Pas-de-Calais et Picardie) così come nell’ovest del Belgio di lingua romanza. Il picard è un elemento dell’insieme dialettale tradizionalmente designato come lingua d’oïl. Verrebbe in mente a qualcuno di dire che il «picard» non è francese ? E la Chanson de Roland, scritta in anglo-normanno non fa parte della letteratura francese ? (Tratto dall’articolo Wikipidia « Picard (langue) ».

3 Essais de linguistique corse. Piazzola. Ajaccio. 2001. p.251

 

Paul Colombani

Còrso, linguista, direttore della rivista còrsa in lingua italiana "A Viva Voce".

By Paul Colombani

Còrso, linguista, direttore della rivista còrsa in lingua italiana "A Viva Voce".

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2 thoughts on “La Corsica non è un’isola”
  1. Forse c’e qualche intellettuale corso che pecca un po’ troppo di orgoglio e non ammette certe verita’ storiche che fanno della Corsica una regione Italica . Ho detto italica e non italiana sia ben chiaro . Il popolamento massiccio dell’sola iniziò sotto l’amministrazione pisana quando per lo sviluppo economico di quella terra ,nutrite comunità dell’Italia centro nord si spostarono per fornire la mano d’opera necessaria e dando a luoghi e villaggi lo stesso nome di quelli peninsulari. La popolazione autoctona era dedita essenzialmente alla pastorizia occupata in una vita semplice scevra dalla costruzione di edifici importanti come invece avvenne in modo assai diffuso a partire dall’ epoca dell’amministrazione pisana . I documenti vaticani parlano di 15.000-20.000 anime residenti. E’ evidente che i nuovo arrivati parlavano il vernacolo della regione di provenienza che si soprapponeva e sostituiva il parlare locale. I prodotti dell’isola venivano esportati anche a Livorno dove esisteva un organizzazione di mercanti corsi tra cui un Bartolomei di Centuri a cui fu dedicata anche una piazza nel quartiere di Antignano. L’emigrazione dalla penisola alla Corsica si è manifestata fino al ‘900 quando un numero notevole di boscaioli degli appennini toscani emigrarono nell’isola essenzialmente come carbonai . Non tutti tornavano a fine stagione e molti rimasero nella loro nuova terra . Molti ancora sarebbero gli elementi da citare, dalla cucina agli argomenti poetici e religiosi delle veglie in paese,alle lapidi dei cimiteri , alla completa assenza di una qualsiasi forma di scrittura che non fosse quella italiana. ma credo che cio’ che ho ricordato possa servire a dare un senso obiettivo sull’origine del parlare corso recente.

    1. e vero quello che dice pero rimane il fatto che oggi il corso ahimé e quasi sradicato viene parlato da un numero sempre piu minore di locutori mentre che per il francese e parlato da tutti i legami che esistevano davvero tra la corsica e l’italia legami culturali ed anche linguistici sono quasi scamparsi sarebbe credo un bene di riavicinare le nostre terre perché l”appertura fa del bene a tutti

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