La sua vittoria alle elezioni in Irlanda del Nord è considerata potenzialmente storica perché è la prima volta che una formazione nazionalista diventa il più grande partito nordirlandese. Il Sinn Féin, peraltro, è secondo i sondaggi il partito con più consensi anche in Irlanda, dove le prossime elezioni politiche sono previste per il 2025 (anche se ovviamente molte cose potrebbero cambiare in due anni e mezzo). A quel punto lo stesso partito, con la stessa leadership, si troverebbe al governo su tutta l’Irlanda per la prima volta da oltre un secolo.
Questo non significa che automaticamente l’Irlanda tornerà unita.
Mary Lou McDonald, a capo del partito dal 2018, ha detto di ritenere che un referendum sulla riunificazione potrebbe avvenire nell’arco di cinque anni. In altri discorsi, ha detto che cambiamenti importanti potrebbero avvenire «in questo decennio».
Il fatto è che non spetta alle autorità nordirlandesi indire un eventuale referendum, ma a quelle britanniche: secondo gli accordi del Venerdì Santo, al segretario britannico per l’Irlanda del Nord, cioè un membro del governo britannico, spetta il compito di indire un referendum se «gli sembrerà probabile che una maggioranza degli elettori potrebbe esprimere il desiderio che l’Irlanda del Nord smettesse di far parte del Regno Unito». In pratica, un referendum sarebbe possibile soltanto se il sostegno popolare nei confronti della riunificazione diventasse così forte da essere impossibile da ignorare. Attualmente questo sostegno non c’è: secondo i sondaggi, soltanto un terzo dei nordirlandesi è favorevole alla riunificazione, e una percentuale ancora minore la ritiene una questione politica urgente.
Il nuovo primato del Sinn Féin, però, potrebbe cambiare molte cose, e la sua leadership spera verosimilmente di far cambiare idea alle tantissime persone che ancora si dicono indecise.
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Copertina: Sinn Féin su flickr