Giacimenti sottomarini all’origine dell’accordo confinario Italia-Francia?

By Redazione Mar 14, 2016 #italia

Siamo stati primi tra i media còrsi a parlare della vicenda confinaria tra Francia e Italia, iniziata con il sequestro del peschereccio ligure Mina a gennaio, proseguita a febbraio con le proteste sarde e approdata a marzo al Parlamento e alle Corti di giustizia italiane. Oggi anche CorseNetInfos riprende la notizia, che dalla stampa regionale ligure sarda e toscana ha raggiunto i media nazionali italiani.

Il deputato sardo al parlamento di Roma Mauro Pili – che non ha ancora iniziato la discussione per la ratifica del trattato che cambia i confini marittimi già approvato da Parigi – ha indirizzato al governo un’interrogazione che potete vedere nel video qui sotto:

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Sabato il governo ha tenuto una riunione per spiegare che le zone di pesca tradizionali potranno continuare ad essere sfruttate dai pescatori italiani anche in caso di ratifica del trattato, ma Pili e i detrattori del trattato non ritengono sufficienti queste garanzie. Il deputato sardo ha annunciato di aver depositato esposti alle Procure di Sassari e Tempio sulle cessione del tratto di mare del Nord Sardegna alla Francia e alla Procura di Roma e successivamente a quella Genova: “E’ fin troppo evidente che dopo le risposte parlamentari alle interrogazioni emerge con grave rilievo l’assenza di qualsiasi vantaggio per l’interesse nazionale a fronte di un gravissimo danno per la sovranità, l’economia e le ricadute sociali”.

Francia e Italia hanno dichiarato di aver raggiunto con questo trattato un accordo sui confini che di fatto non c’era, essendo le acque (ad eccezione dello stretto delle Bocche di Bonifacio) regolate ancora da un accordo di pesca del 1892. Ed è proprio la pesca la materia del contendere principale in questi giorni, anche se non se ne vedono buone ragioni, dato che la possibilità di impedire la pesca entro le proprie acque territoriali da parte di pescherecci di Paesi Ue cadrà entro il 2022, come si può leggere chiaramente sul sito dell’Unione.

La risposta è probabilmente da ricercarsi nel fatto che il trattato parla anche di giacimenti di risorse naturali (petrolio e gas metano per esempio). Per Pili questa è comunque una possibile ulteriore fonti di danni, anche a seguito del fatto che le trivellazioni in mare saranno oggetto il prossimo 17 aprile di un referendum in Italia che potrebbe porre blocchi a questo tipo di attività.

 

 

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