Gallifa, il villaggio catalano dove l’indipendenza è già realtà

Poco più di 200 abitanti nell’area di Barcellona. È il piccolo comune di Gallifa, in Catalogna. Nelle ore in cui i primi exit poll danno i partiti indipendentisti vincitori nelle elezioni catalane, in questo villaggio si vive da qualche anno come se lo Stato spagnolo non esistesse. «La nostra sovranità di nazione ce la siamo proclamata da soli», dice il sindaco Jordi Fornas. E vorrebbe certo convincere tutti gli altri catalani a fare lo stesso.

Il 28 settembre 2012 con una seduta dell’ajuntament, il comune ha dichiarato la sovranità fiscale: i 1600 euro di servizi che il villaggio deve allo Stato centrale, ogni tre mesi vengono affidati direttamente all’Agenzia catalana delle imposte perché siano spesi in Catalogna. Sulla piazza del municipio, le bandiere sono state tutte tolte per evitare possibili guai giudiziari, ma fino a poco tempo fa su quei pennoni sventolavano solo la bandiera della Catalogna e quella raffigurante lo stemma del villaggio.

Secondo Fornas, se la coalizione indipendentista Junts pel Sì e CUP fossero in grado di avere la maggioranza assoluta dei seggi nel parlamento locale, con una vittoria netta e schiacciante, l’indipendenza potrebbe essere proclamata unilateralmente anche prima dei 18 mesi di cui parlava il presidente uscente Artur Mas.

Il voto è senz’altro importante e molto sentito in tutta la Spagna, tanto che il quotidiano El Mundo l’ha definito il voto più importante dalla morte di Franco.

L’autoproclamazione dell’indipendenza sarebbe uno strappo illegale e contro la Costituzione, avverte il primo ministro spagnolo Rajoy. Per la Spagna la Catalogna certo ha un peso politico, demografico ed economico importante: rappresenta il 19% del PIL (PIB), il 25% dell’export, un decimo del territorio con 826 km di coste, sette milioni e mezzo di persone mediamente ricche come danesi e finlandesi, ma anche un debito pubblico di 66 miliardi. La Banca di Spagna minaccia il blocco dei conti, prevede un’uscita catalana dall’eurozona, perché l’adesione a Bruxelles sarebbe tutta da rinegoziare. Da Obama alla Merkel, da Cameron a Sarkozy, gli appelli all’unità nazionale sono arrivati anche da fuori, mentre il premier italiano Renzi per ora si è mantenuto più cauto.

La piattaforma degli indipendentisti Junts pel Sí, sinistra e destra unite, apre un negoziato parallelo con Madrid e intanto elenca le possibili tappe da qui a marzo 2017: una nuova costituzione, forse un referendum, quindi una banca nazionale e un esercito, infine la dichiarazione d’indipendenza.

Staremo a vedere da domani mattina. Per il momento a Gallifa, la loro piccola indipendenza se la sono già presa.

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Fonte: Corriere della Sera

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