Cos’è il “dialetto” in Italia?

Negli articoli sull’Italia pubblicati da Corsica Oggi, e nei commenti che ne seguono, capita di leggere la parola “dialetto”. E molti lettori, soprattutto Corsi, tendono a vedere questa parola come offensiva, un qualcosa che sminuisce l’idioma a cui si riferisce. Quando poi si usa il termine “dialetto italiano” allora subito si crede a una parlata che è derivata dall’italiano, magari corrompendolo… un italiano parlato male, insomma.

Ma più semplicemente, la maggior parte degli italiani con il termine “dialetto” intende la propria… lingua regionale. Esatto, la lingua locale. Che, come l’italiano, è derivata dal latino. Anzi, l’italiano stesso era un dialetto, un dialetto toscano che “ha fatto carriera”, diffondendosi attraverso la letteratura (Dante, Petrarca, Boccaccio, Manzoni…), la Chiesa, poi l’uso amministrativo e scolastico, l’uso scientifico (Galileo…) e così via. Senza mai cancellare le parlate locali, quelle che nell’Italia di oggi la maggior parte della gente chiama “il mio dialetto”, senza alcun intento dispregiativo.

Infatti ciò che distingue una lingua da un dialetto è il ruolo sociolinguistico. Nella versione originale della fortunata serie televisiva “Gomorra”, i personaggi parlano tra loro in napoletano, come in effetti accade a Napoli (e in molte altre zone d’Italia) e non solo in ambienti degradati, ma in famiglie di tutte le classi sociali. Ma quando si tratta di scrivere un SMS su un telefono cellulare, anche i personaggi di Gomorra lo scrivono… in italiano. Il napoletano per il parlato, ma l’italiano per lo scritto.

Il napoletano è dunque un dialetto, inferiore a una “lingua”? Beh, se pensiamo alla sua diffusione (oltre 5 milioni di madrelingua), alla sua letteratura di prosa, di teatro e di poesia, al successo della musica napoletana nel mondo, credo che possiamo dire che il napoletano ha un prestigio molto superiore a molti idiomi classificati come lingua, come per esempio – senza offesa – il maltese o l’islandese. Lo stesso si può dire per molti altri “dialetti italiani”.

Tutti gli italiani usano quindi il termine “dialetto” per la loro parlata locale? Non sempre. Si sente parlare di lingua sarda, di lingua veneta, per esempio. Ma non ho mai sentito nessuno parlare di lingua bergamasca, lingua milanese, lingua bolognese, lingua salentina. Tutto dipende dal ruolo che, per i suoi parlanti, la parlata locale ha. Quando le si riconosce, o si ambisce a riconoscerle, un ruolo sociolinguistico superiore all’ambito locale e familiare, si tende ad usare il termine “lingua”. Spesso infatti questo avviene in contesti di rivendicazione, anche politica, di maggiore autonomia per gli enti locali della zona interessata, e la lingua diventa simbolo di identità e di emancipazione rispetto all’amministrazione centrale e al resto del Paese.

Il compianto linguista Tullio De Mauro parlava così dell’importanza della funzione dei dialetti:

 

Le identità locali, e quindi anche i dialetti che ne sono un’espressione, sono ancora molto vivi e vitali in Italia, ad eccezione forse di alcune zone del nord-ovest del paese, anche a causa di una massiccia immigrazione da altre parti del Paese negli anni 1960-70. L’Italia stessa, ricordiamolo, è uno Stato da 156 anni. Ma è un’entità culturale e “nazionale” da diversi secoli. Un’unione di diversità. Una gamma di suoni che cambiano mano a mano che si scivola lungo la Penisola, fino al “salto” sull’isola di Sardegna, dove il continuum si spezza, segno di uno sviluppo più autonomo e isolato della lingua lungo la storia.

Rende l’idea della varietà dei suoni delle lingue della penisola questo sketch del comico Enrico Brignano:

 

Quindi, quando leggete di “lingua italiana” e di “dialetti italiani”, state tranquilli. La maggior parte di chi quei dialetti li parla tutti i giorni, non ha alcun problema a chiamarli così. Per distinguerne il ruolo, non certo per sminuirne l’importanza.

 

 


Altre fonti:

https://galdomara.wordpress.com/2014/10/12/i-dialetti-ditalia/

Giorgio Cantoni

Nato nell'82 da genitori originari della città lombarda di Crema, di cui conosce e ama il dialetto, è appassionato di linguistica e di informatica. Vive vicino a Milano, dove lavora nel mondo della comunicazione digitale. Si è innamorato della Corsica e della sua cultura nel 2008, e sette anni dopo è stato tra i fondatori di Corsica Oggi.

By Giorgio Cantoni

Nato nell'82 da genitori originari della città lombarda di Crema, di cui conosce e ama il dialetto, è appassionato di linguistica e di informatica. Vive vicino a Milano, dove lavora nel mondo della comunicazione digitale. Si è innamorato della Corsica e della sua cultura nel 2008, e sette anni dopo è stato tra i fondatori di Corsica Oggi.

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