Bilinguismi a confronto /4: Istria

Con questo articolo continua, dopo una lunga pausa, il nostro viaggio alla scoperta dei bilinguismi (e plurilinguismi) ufficiali di diversi Paesi, per raffrontarli con la situazione della Corsica e poterne trarre spunti e modelli utili all’isola.

Siamo convinti che il primo e più importante modo per mantenere viva una lingua sia utilizzarla e trasmetterla alle generazioni successive. Ma siamo altrettanto convinti che le leggi e le politiche dei governi possano fare molto in favore (o a sfavore) di una lingua e della cultura che essa porta con sé. Soprattutto in un mondo globalizzato come quello di oggi.

Oggi ci occupiamo dell’Istria, una piccola penisola di forma triangolare situata ad est della penisola italiana, nell’adriatico orientale settentrionale. I suoi abitanti sono circa 300.000.

La particolarità rispetto alle regioni che abbiamo visto negli scorsi articoli di questa serie, è che l’Istria è attualmente divisa tra tre Stati: la Croazia, la Slovenia, e in minima parte anche l’Italia. L’Istria italiana fa parte della regione Friuli Venezia-Giulia di cui abbiamo  già trattato.

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Cenni storici

IstriaitLa storia recente di queste terre vede la presenza della Repubblica di Venezia, dell’impero Austro-Ungarico, dell’Italia, poi della Jugoslavia, per poi giungere ai confini attuali.

La massima estensione della sovranità veneziana sulla penisola istriana fu raggiunta in seguito all’esito del lodo arbitrale di Trento del 1535. Da quel momento, Venezia conservò la sovranità su buona parte dell’Istria fino alla dissoluzione del suo Stato per opera di Napoleone nel 1797.

Nel 1335 gli Asburgo acquisirono il possesso della Carinzia e della Carniola, venendo così in contatto con i territori dei conti di Gorizia. A seguito del trattato di Campoformio del 1797 l’Istria assieme a tutto il territorio della Repubblica di Venezia fu ceduta agli Asburgo d’Austria. Dal 1805 al 1813 cadde sotto la dominazione francese. Nel 1814 l’Istria tornò sotto gli Asburgo. Nel 1825 venne costituita la provincia istriana unendo il territorio già veneziano al territorio già austriaco, con l’aggiunta delle isole quarnerine di Cherso,Lussino e Veglia.
Pubblicato sotto l Austria-Ungheria, 35 anni prima dell annessione all Italia foto: Marco Quaglia)
Pubblicato sotto l’Austria-Ungheria, 36 anni prima dell annessione all’Italia (foto: Marco Quaglia)
Carta geografica austriaca del 1880: i nomi delle località sono in italiano
Carta geografica austriaca del 1880
A seguito della vittoria dell’Italia nella prima guerra mondiale con il trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919) e il trattato di Rapallo (1920), l’Istria divenne parte del Regno d’Italia. La popolazione dell’Istria era plurietnica e plurilingue, con prevalenza dell’elemento culturale e lingustico italiano sulla zona costiera e di quello slavo (sloveno e serbo-croato) nell’entroterra.
Nel 1946, in seguito alla sconfitta italiana nella seconda guerra mondiale, la maggior parte dell’Istria, così come il Quarnaro, dove si trova la città di Fiume, vennero assegnate alla neonata repubblica di Jugoslavia. La maggior parte della popolazione di lingua e cultura italiana decise di emigrare, spinta anche da numerosi attentati che – probabilmente incoraggiati dal governo jugoslavo – fecero loro capire che per gli italiani rimasti sarebbero arrivati tempi duri. La città di Pola vide la partenza di 28.000 persone (su 31.000 abitanti totoali!) Questo fenomeno è conosciuto come “Esodo Istriano”. Solo i comuni di San Dorligo della Valle e di Muggia restarono all’Italia.
Nonostante questo, l’elemento culturale italiano resistette, grazie anche alla costituzione delle “Comunità degli italiani”, gruppi di cittadini che lottarono per il mantenimento della propria identità e per i propri diritti. Tra il 1991 e il 1993, con la guerra che portò alla dissoluzione dello Stato jugoslavo, l’Istria si trovò divisa tra Repubblica di Slovenia e Repubblica di Croazia.

 

Situazione attuale

Oggi sia nella parte slovena che in quella croata vige a vari livelli il bilinguismo tra lingua nazionale e lingua italiana.

Trilingual_traffic_sign_on_A1_near_KoperIn Slovenia l’italiano è co-ufficiale nei comuni costieri di Ancarano, Isola, Portorose, Pirano e Capodistria. In questi comuni esistono scuole di lingua slovena, in cui è obbligatorio lo studio della lingua italiana come lingua straniera, e scuole dove l’insegnamento è in italiano con l’obbligo dello studio della lingua slovena. L’Università del Litorale tiene alcuni corsi anche in lingua italiana. La segnaletica stradale e la toponomastica sono bilingui e in alcuni casi trilingui (sloveno, croato, italiano). Anche a livello di amministrazione pubblica la minoranza italiana è garantita. Le concessioni da parte dello stato centrale verso la minoranza italiana sono state agevolate dall’esiguità numerica degli sloveni-italiani, circa 3000 persone, che diventano 6000 considerando gli italofoni in generale.

P7291269-okSono invece circa 30.000 i Croati-Italiani, 40.000 considerando gli italofoni e non solo le persone che si dichiarano di etnia italiana. Nell’Istria croata – la parte di territorio più estesa delle tre – vige il bilinguismo a livello regionale e a livello comunale in alcuni dei comuni, tra cui Umago, Cittanova, Rovigno, Parenzo e Pola, il capoluogo della regione. Anche qui la segnaletica stradale è completamente bilingue, sia nei comuni interessati che sulle arterie autostradali che attraversano la regione.

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L’italiano è considerata “lingua sociale” ed il suo uso è quindi permesso e incoraggiato in ogni ambito pubblico e privato. Anche qui come in Slovenia esistono scuole dove l’insegnamento avviene in italiano e altri in lingua croata (dove l’italiano però non è obbligatorio).

Nell’ultima immagine qui sopra si nota la riproduzione di un disegno originale del 1700 che reca la scritta “Cittadella” di Pola, qualcosa che suona certamente familiare a tutti i Corsi.

La minoranza di lingua e cultura italiana in Slovenia e Croazia è rappresentata dall’Unione Italiana, nata nel 1991, che riunisce le Comunità degli Italiani presenti nelle varie località e gode di un seggio al parlamento croato e di uno in quello sloveno. L’Unione, con sede a Fiume, è anche proprietaria della casa editrice Edit, che realizza testi scolastici, libri, riviste e che edita il quotidiano in lingua italiana La Voce del Popolo.

Considerazioni

La regione da secoli vede la presenza di una forte componente slava accanto a una forte componente italiana, ma dopo la seconda guerra mondiale quest’ultima si è fortemente ridotta fino a diventare marginale. Gli sforzi degli italiani e degli italofoni locali, uniti al mutare delle condizioni politiche e all’appoggio finanziario dell’Italia hanno lentamento fatto fiorire e cresce il bilinguismo. Senz’altro un fatto positivo per la varietà culturale della regione, che però in gran parte è ancora sulla carta.

Le leggi infatti stabiliscono e tutelano il bilinguismo in molte città e paesi dell’Istria, ma spesso non sono applicate o sono applicate parzialmente. L’esiguità numerica degli italofoni locali è un limite all’attuazione di un vero bilinguismo. Il turismo e i contatti economici con l’Italia sono una strada che l’Unione Italiana sta cercando di percorrere. Ed è una strada che potrebbe ssere tentata anche per supportare la rinascita e lo sviluppo della lingua còrsa nella nostra isola.

Senz’altro il caso istriano ci può suggerire che la coufficialità e le leggi sono importanti, ma altrettanto importante è il prestigio e l’utilità sociale che i parlanti sapranno costruire intorno alla propria lingua e alla propria cultura.

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5 thoughts on “Bilinguismi a confronto /4: Istria”
  1. La vicinanza dell’Istria al resto d’Italia costituisce per la penisola un indiscutibile vantaggio in termini di accoglienza turistica grazie anche all’uso ed alla conoscenza dell’Italiano.

  2. Dopo i chiari articoli, iniziati nell’aprile del 2015, esaminando le situazioni delle tre regioni italiane considerate, e dell’Istria ora , appare evidente come in Corsica si voglia, per varie ragioni perseguire una politica sui generis sulla coufficialità linguistica,ammesso che l’art. 2 della costituzione lo consenta,in quanto MAI balugina all’orrizzonte l’idea d’inserire la lingua italiana riferimento naturale del corso,come diversamente avviene nei casi esposti.Ribadisco il mio pensiero di un futuro breve per la lingua corsa se continuerà ad insistere a volere riferirsi al francese solo,questa è una evidenza che piaccia o no,storica e culturale.Occorre una scelta dettata dal coraggio e dall’amore alla verità.

  3. A corollario del vostro articolo, aggiungo che di fianco al bilinguismo ufficiale croato/italiano e sloveno/italiano, in Istria – o almeno in numerosi comuni della regione – sono orgogliosamente valorizzati e quotidianamente utilizzati i locali dialetti autoctoni, sia romanzi: l’istroveneto, l’istrioto e l’istroromeno (anche se quest’ultimo è ormai desolatamente destinato ad una rapida estinzione), sia slavi: il ciacavo istriano o istrociacavo, il kaicavo istriano, il savrino, lo stocavo di Peroi.
    Buona parte degli italofoni locali, sopratutto le persone con una certa istruzione e formazione, passano agevolmente e continuamente dal registro dialettale (istroveneto, istrioto) a quello della lingua standard (italiano), con notevole spontaneità. Dimostrando una significativa padronanza di entrambi i registri, che vengono percepiti in pari misura come manifestazioni e pilastri della propria italofonia, e della propria cultura ed identità istriana.
    Oltre a ciò, quasi tutti padroneggiano anche il croato o lo sloveno, e spesso pure i loro dialetti locali.
    Un plurilinguismo fondato su vari livelli e registri che non ha potuto che giovare e portare benefici alla regione ed al senso d’identità e cultura di una importante quota dei suoi abitanti.

    1. Grazie del commento molto completo e interessante. Abbiamo già pubblicato (e pubblicheremo ancora) degli articoli che parlano dell’istroveneto http://corsicaoggi.altervista.org/sito/?s=istroveneto e dell’istrioto. Al di là dell’italiano standard, siamo molto interessati alle parlate locali, essendo la lingua corsa stessa nata dal sentimento collettivo di rendere un insieme di parlate (che avevano l’italiano come lingua-tetto) una lingua in grado di esprimere il mondo.

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