Opinioni

Relativismo

Ambiguità della nozione d’universalismo
Si sente parlare molto oggi di universalismo e sembra quasi che la Francia sia proprietaria del marchio. Non ha fatto due secoli fa una rivoluzione che ha sparso in Europa e in seguito nel mondo princìpi validi per tutta l’umanità ? Non intende ancora oggi assumere un ruolo guida nella diffusione mondiale di tali valori ? Solo che questo universalismo, così come viene talvolta inteso, cioè il diritto per ogni singolo individuo di decidere ovunque secondo i propri comodi, particolarmente in materia di lingua, di educazione, di comportamento, potrebbe essere a doppio taglio e ritorcersi contro gli stessi francesi. Perché ovviamente non intendono lasciare la loro identità dissolversi all’interno di un cosmopolitismo indefinito e sono i primi a protestare contro la supremazia dell’inglese e a combattere a favore della cosiddetta eccezione culturale, del pluralismo delle culture (vedi le recenti sfuriate del presidente Chirac contro la dominazione culturale anglosassone). Quindi l’adozione di leggi protettive della produzione culturale, una politica attiva a difesa della lingua francese, in Francia e all’estero. Non si tratta mai di lasciare giocare la libera concorrenza con i prodotti culturali anglosassoni, tantomeno di porre in concorrenza il francese e l’inglese sul territorio della stessa Francia.
Non si capisce a questo punto l’incomprensione di alcuni francesi (per dire la verità non di tutti) nei confronti delle rivendicazioni linguistiche di culture minori, alle quali, quando fa comodo, vengono opposti gli stessi argomenti che gli anglofoni potrebbere fare ai francesi. Per esempio in Corsica si dice che ognuno può parlare come vuole, che bisogna lasciare andare le cose e che imporre una politica linguistica locale ai nuovi venuti sarebbe contrario ai diritti dell’uomo. A suon di argomenti si tenta di convincere i còrsi che non esistono (è da poco che un prefetto ha dichiarato che non capiva cosa significasse essere còrso). Partendo da queste premesse si può tranquillamente lasciar giocare la libera concorrenza ed è meraviglioso vedere come gente che spesso si scaglia contro il libero mercato è disposta in questo caso a lasciare la libera volpe francofona libera nel libero pollaio còrso. Ma allora perché non lasciare giocare la libera concorrenza tra il francese e l’inglese?
Ci troviamo dunque in presenza di una contraddizione ? Si deve proprio scegliere tra rinunciare all’universalismo o al desiderio di affermare la propria identità ? Ovviamente le due cose sono compatibili, sempre che si dia all’universalismo il suo senso giusto, cioè quello di una uguaglianza di diritti per tutti, individui, nazioni e culture, con le dovute correzioni. Perché i propugnatori dell’universalismo debbono capire che, come in economia, il debole deve essere protetto, anche dal punto di vista culturale e linguistico.
D’altronde esiste nel mondo moderno una tensione tra le tendenze universalistiche e il bisogno altrettanto sentito di mantenere le diversità. Vorrei a questo riguardo citare una frase dello storico (democratico ricordiamolo) Federico Chabod a proposito delle nazioni, ma che vale anche per le regioni e le culture:
« Dire senso di nazionalità, significa dire senso di individualità storica. Si giunge al principio di nazione quando si giugne ad affermare il principio di individualità, cioè ad affermare, contro tendenze generalizzanti ed universalizzanti, il principio del particolare, del singolo ».
Aggiungeremo che ciò vale anche per gli individui : sono io in quanto sono diverso dagli altri, il ché non significa che sono pronto ad accopparli ma che intendo che rispettino la mia personalità quanto io sono pronto a rispettare la loro. E se un giorno avrò a che fare con un gigante di due metri, magari sarà bene introdurre una regola che ponga dei limiti alla sua libertà, non soltanto economica.
Paul Colombani