Opinioni

La Svolta Vitale

Articolo di Pascal Marchetti scritto nel 1997 ma sempre valido

 
Or volge il quarto anno di A Viva Voce, e non sarà inutile ricordare i tributi di simpatia che da più parti le furono rivolti. Nonostante la scarsa diffusione di questo modesto trimestrale, dovuta anzitutto alla dilagata ignoranza della lingua storica della Corsica, la « lingua patria » per dirla con Salvatore Viale. E qui sta appunto la fonte, anche se non sempre avvertita, della perma,e,te insoddisfazione linguistica, periodicamente conclamata con invariati accenti e rincari successivi della rivendicazione.

 

Da quasi trent’anni, ormai, appaiono infatti nella stampa isolana comunic ti di partiti e sodalizi varî a deplorare che alla «langue corse» non vengano concessi i mezzi atti a mettere in oper a quelle che si ritiene debbano essere le sue prerogative.

 

Un ingenuo osservatore potebbe quindi interloquire : « forse i trentennali richiami, gli argomenti instancabilmente ribaditi, le esigenze portate avanti con l’ausilio di un completo armamentario politico, sono naufragatiin un mare d’incomprensione ? ». Le cose in verità, sono andate in tutt’ ltro modo.

 

E’ risaputo che furono presi opportuni provvedimenti ed erogati mezzi ingenti a favore della «langue corse», tanto in sede statale e regionale, quanto in campo europeo. Fra l’ altro e pro memoria : un Istituto universitario con folto stuolo di docenti e apposita laurea, un concorso di abilitazione per le medie e i licei, con relativo cospicuo contingente di insegnanti, che ogni anno si va incrementando, una cellula specifica nell’Amministrazione scolastica, facente capo ad una diffusa rete territoriale di ispettori e consiglieri, con frequenti sedute di formazione ed aggiornamento per i maestri delle elementari, e con permanenti seminari. Si sono altresì aperti larghi spazi nelle trasmissioni radio e televisive, e sono stati elargiti abbondanti crediti all’edizione e alle altre attività culturali o equiparate.

 

Da notare, inoltre, che almeno in un primo tempo, anche se incompleta e non sempre coerente, non era neppure mancata l’adesione popolare.

 

Pur tuttavia, la « langue corse », decantata e perorata da tanti anni (sempre in francese, però) è rimasta bloccata nel vicolo cieco di un « toujours plus ! » che meccanicamente vien tempestando gli uffici e i ministeri. E se, insomma, essa non è approdata ai ridenti lidi della reviviscenza, se invece è andata incontro ad un clamoroso fallimento, regredendo in diretta misura degli sforzi consentiti per farla pogredire, i motivi, ovviamente vanno ricerc ti altrove che nella mancanza di mezzi o l’inadeguatezza dei provvedimenti, via via asserite con disarmante faciloneria.

 

Problema di fondo, quindi, e non di forme legali, amministrative oppure scolastiche. La « langue corse », che si va trascinando la palla di piombo della diversità morfologiche locali, a cui conferendo il pedante appellativo di « polinomia » no si risolve proprio un bel niente, non potrà adeguarsi mai alle mansioni di un idioma a tutti gli effetti, e meno di tutti a quegli ufficiali. Caparbiamente sprovvista del lessico moderno, che ogni giorno in tutti i paesi si va arricchendo, essa rimarrà esclusa non solo dal vastissimo campo delle tecnologie di oggi e di domani, ma anche, fra poco, dal discorso quotidiano.

 

La cosiddetta mondializzazione, ahinoi, non travolge soltanto, costringendoli a cooperazioni e fusioni, i complessi economici e finanziari. Similmente essa impone alle nazioni i riavvicinamenti dettati dalle affinità e dal comune interesse, anche culturale. La battaglia per il posticino della « alngue corse » nell’isola sacca pendente dell’Esàgono francese, sarebbe quindi divenuta vana e irrisoria, anche se già non fosse perduta.

 

Tempo è ormai, sempre che si voglia perpetuare la fisonomia linguistica della Corsica, ché in caso contrario le cose filano perfettamente per il loro verso, di tornare alla ragione con il recupero dei veri e propri fondamenti, senza le esclusioni anticulturali già indotte da accorgimenti opportunistici. Saper bene la lingua patria, praticarla, per dir così, « all’europea », eliminando trafalcioni e sgrammaticature che non ci fanno prendere sul serio, ritrovando con civile correttezza i meccanismi che sono quelli del còrso, e ricorrendo turno turno ad entrambi i registri, a seconda delle circostanze e delle necessità, tale è l’unica via di scampo per il nostro idioma. Il che non esclude il vero bilinguismo, l’esercizio, ormai generale, della lingua dello Stato in cui ci troviamo.

 

Primo passo nella direzione dell’autentico riacquisto è pertanto la fini dell’autolesionistico bando dato alla lingua patria, ancora da certuni considerata alla stregua di altri idiomi che in Corsica mai e poi mai furono articolati. Gravissima e irresponsabile confusione è al riguardo quella specie di mediterraneismo indistinto, il quale ignorando storia e geografia, grammatica e pratica, pareggia nelle componenti dell’identità nostrana i più distanti e diversi usi, tacendo talvolta dei più vicini o addirittura simili in tutto !

 

Alle soglie del Duemila, coloro che giustamente ancora si preoccupano della permanenza culturale della nostra terra, e sappiamo che sono in tanti, non potranno più prescindere, come a lungo e con danno molti fecero, delle incombenti e lampanti realtà.