L’autonomia è tornata in servizio nelle notizie dell’isola. Dopo la scomparsa di Papa Francesco, che aveva compiuto una delle sue ultime visite pastorali proprio sull’isola, le interminabili discussioni per la pace in Ucraina sono state rinviate per un po’ e il problema dell’autonomia è riemerso.
Un tema che torna come a colmare un vuoto nelle cronache dell’isola. Una sorta di luce lampeggiante che si spegne e si riaccende al mutare di un’atmosfera sociopolitica. Il ministro responsabile dei territori, François Rebsamen, sembra determinato a completare il suo dossier entro la fine dell’anno. Riuscirà a farlo? Nulla è meno certo. Ma dimostra la sua determinazione, come hanno fatto i suoi predecessori. Come se fosse necessario sbarazzarsi della Corsica il più rapidamente possibile. Non si sa mai! In questo pezzo di Francia che galleggia nel Mediterraneo occidentale, che tende il braccio verso la Francia e dà le spalle all’Italia, le reazioni violente non sono mai lontane. E questo è l’intero problema. Perché è la violenza che ha riportato alla luce l’autonomia. Nessuno ne chiedeva l’attuazione, gli autonomisti stessi erano molto più preoccupati per la loro difficile gestione della Collettività di Corsica che hanno conquistato dal 2015, che per entrare in un processo di autonomia. Certo, questa è una richiesta che tengono in fondo alla loro memoria politica, ma forse il momento non era ancora arrivato. L’allora ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, bisognoso di una risposta alle violenze dei sostenitori dell’assassino del prefetto Erignac, Yvan Colonna, a sua volta ucciso in carcere da un detenuto, trovò la soluzione dell’autonomia. La sua preoccupazione era che questa violenza non avrebbe messo in pericolo la rielezione di Emmanuel Macron. Per la Corsica, l’autonomia in queste circostanze è stata gettata via come un osso da rosicchiare. La procedura che si stava avviando era distorta, viziata da una mancanza di costruzione politica preparata e ponderata, ma dettata da una reazione di paura.
Si tratta di una differenza rispetto agli altri status che hanno già avviato competenze più ampie per la Corsica. Quello del 1982 annunciato da François Mitterand durante la sua campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 1981 e attuato poco dopo la sua elezione, quello del ministro dell’Interno Joxe nel 1991 e infine quello di Lionel Jospin, primo ministro socialista nel 2002. Tutti hanno conferito alla Corsica ampi poteri, di cui sarebbe sbagliato non fare un inventario. Ma alcuni difensori nazionali dell’autonomia non sembrano avere molte convinzioni approfondite, e la loro conoscenza della situazione corsa sembra succinta. Il loro atteggiamento tende a dimostrarlo. È il caso di LFI (La France Insoumise). Ecco un partito che è il più giacobino della sinistra francese e che aderisce con sospettosa empatia all’attuazione della completa autonomia. Durante la visita in Corsica di uno dei leader del movimento, il deputato Eric Coquerel, presidente della commissione finanze dell’Assemblea Nazionale, si è parlato nelle discussioni con gli attivisti di cancellare la parola “France” per il nome “La France insoumise” per la Corsica. Una proposta che è stata abbandonata. Una curiosa inversione di tendenza, ricordiamo la posizione del candidato alla presidenza di LFI, Jean Luc Melanchon, che non voleva bandiere corse sul podio durante il suo incontro a Bastia. Accettò solo su insistenza dei comunisti. Perché ci sono due modi per interessarsi a un problema: ignorarlo completamente o farlo proprio in modo esagerato. Quest’ultima posizione sembra piuttosto sospetta per un partito come LFI, che si potrebbe pensare sembri più interessato ai voti dei nazionalisti e alle firme dei suoi rappresentanti eletti per il suo possibile candidato alle prossime elezioni presidenziali, che al futuro della Corsica. Una riflessione che potremmo ricordare, quella di uno dei grandi pensatori del Novecento, il filosofo e matematico, di origine corsa, Jean Toussaint Desanti. In un’intervista a Corse-Matin nel 1998, ha dichiarato: “l’autonomia è il prendersi cura dell’abbandono”.
SOCIALISTI, STA SCOPPIANDO
Infine, nelle ultime settimane, un dato importante è intervenuto nel dibattito sull’autonomia. I socialisti non parlano più con una sola voce in difesa del progetto. Una quarantina di eletti hanno reso nota la loro disapprovazione. Per questi socialisti, l’autonomia costituirebbe “un attacco all’unità della Repubblica, una rottura dell’uguaglianza tra i cittadini e una sorta di istituzionalizzazione del comunitarismo“. Sebbene questa posizione sia in minoranza, rompe con una sorta di unanimità portata finora dal partito che per primo ha attribuito alla Corsica competenze specifiche. Una posizione assunta nella prospettiva del prossimo congresso del partito a giugno. È certo che, se questa posizione diventasse maggioritaria, l’autonomia per la Corsica sarebbe finita. Tuttavia, oggi il futuro della Corsica si gioca solo tra le strutture politiche o partigiane, la maggioranza nazionalista, i gruppi politici dell’assemblea corsa, alcuni eletti locali, il parlamento, il governo e questo è tutto. Un interesse personale poco democratico. Sono esclusi i partiti politici non rappresentati nell’Assemblea corsa, nonché i sindacati e le grandi associazioni. Tutta questa società civile che compone anche la Corsica di oggi. Dovremo interrogare il popolo corso che alla fine dovrà dire “sì” o “no” all’autonomia, come ha detto “no” alla Collettività Unica nel 2003.
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Petru Luigi Alessandri
Petru Luigi Alessandri
Giornalista radiofonico di RCFM, si occupa tra l'altro anche della trasmissione Mediterradio, che mette in contatto gli ascoltatori di Corsica, Sardegna, Sicilia, e occasionalmente Malta e altre terre mediterranee. Per Corsica Oggi scrive in lingua corsa o, in traduzione, in italiano.