Plastica. Diecimila tonnellate di plastica arrivano nel Mediterraneo dalla Tunisia, quarantamila dall’Italia. La Plastica sia un vero e proprio nemico per tutto il Mediterraneo.
“Il problema dei rifiuti in mare rappresenta una delle sfide più complesse del Mediterraneo – commenta Serena Carpentieri, vicedirettrice di Legambiente – non parliamo solo di un problema ambientale legato agli enormi danni alla biodiversità e all’ecosistema tutto ma anche di un problema economico, che ha ripercussioni sulle attività produttive, dal turismo alla pesca”.
“Per affrontare questa emergenza – aggiunge – è necessario, da un lato, acquisire nuove conoscenze sul fenomeno e, dall’altro, sostenere processi decisionali di prevenzione e gestione sulla terraferma. Per questo, il progetto COMMON si pone l’obiettivo di studiare modelli di governance efficaci in alcune aree pilota, il primo passo per fronteggiare il problema a livello Mediterraneo”.
Il progetto Common (Coastal management and monitoring network for tackling marine litter in Mediterranean sea), finanziato dall’Unione Europea tramite il programma ENI CBC MED con 2.2 milioni di euro, coinvolge Legambiente, l’Università di Siena, l’Istituto nazionale di scienze e tecnologie del mare di Tunisi, l’Istituto agronomico mediterraneo di Bari, l’Ong libanese Amwaj of the environment, l’Università di Sousse r la riserva naturale di Tyre in Libano.
Legambiente ha diffuso gli ultimi dati sui rifiuti galleggianti di Goletta Verde, frutto dei monitoraggi dei rifiuti lungo le coste italiane: «Da luglio ad agosto, per oltre 296 km di navigazione, l’equipaggio tecnico di Goletta Verde ha registrato una media di 230 rifiuti per km2. La percentuale più alta di rifiuti marini si registra nel Tirreno (51,5%) a cui segue l’Adriatico (40,9%) e lo Ionio (7,6%). Oltre il 99% dei rifiuti analizzati è costituito da materiali plastici. I rifiuti più comuni sono pezzi di plastica non identificabili (72%), seguiti da teli e fogli in plastica (7,4%), buste di plastica (6,5%), cassette in polistirolo (5,9%), bottiglie di plastica (2,1%), reti e fili (2,1%), agglomerati di materiale plastico ed organico (1,5%) ed infine tappi e coperchi di plastica (0,9%). Dati preoccupanti, che confermano i risultati dei monitoraggi sui rifiuti galleggianti effettuati dall’Università di Siena nel Santuario Pelagos, area marina protetta fra le coste francesi e italiane fra, in cui la media di rifiuti galleggianti è di 194 per km2».
L’obiettivo comune è la riduzione della spazzatura marina utilizzando i principi della Gestione integrata delle zone costiere (Iczm) in 5 aree pilota (in Italia saranno due, una in Maremma e una in Puglia), pianificando l’uso e il monitoraggio delle risorse e utilizzando un approccio partecipativo che coinvolga le parti interessate e le comunità locali.
L’ambizione è di testare un modello potenzialmente replicabile a tutto il Mediterraneo.
Common non si limiterà al trasferimento di informazioni per migliorare la consapevolezza del fenomeno dei rifiuti marini, ma svilupperà attività di formazione e capacity building indirizzate alle autorità locali e regionali, alle Aree Marine Protette, ai centri di recupero delle tartarughe marine e ai cittadini in generale. Attiverà campagne di sensibilizzazione e progetti di networking, coinvolgerà comunità e operatori economici locali nell’integrazione della gestione e dello smaltimento dei rifiuti marini con l’approccio ICZM.
Una tra le principali ambizioni del progetto Common è la gestione di un Network permanente che punti al coordinamento dei centri di recupero di tartarughe marine per approfondire il problema dei rifiuti in mare, che vede Italia, Tunisia e Libano coinvolti in prima linea.
Inoltre, sulla scorta della direttiva europea per la riduzione della plastica monouso, e con la precedente normativa sul limite di utilizzo delle buste di plastica, il progetto vuole incoraggiare e promuovere il bando dei sacchetti in plastica in tutto il bacino mediterraneo.
Common svilupperà protocolli di monitoraggio per valutare l’impatto del marine litter nelle cinque aree pilota coinvolte nel progetto:
- due in Italia (Maremma e Puglia),
- due in Tunisia (Isole Kuriate e Monastir)
- una in Libano (riserva naturale di Tyre)
Darà il via ad attività a livello costiero per il campionamento di specie ittiche in collaborazione con i pescatori locali, ed eseguirà indagini eco tossicologiche nelle specie commestibili (ingestioni di plastica, contaminanti, biomarcatori). Le attività di monitoraggio faciliteranno l’identificazione delle fonti di marine litter al fine di progettare azioni di mitigazione efficaci nelle aree coinvolte, valutarne l’impatto sulla biodiversità e sviluppare strategie efficaci per preservarla.
Libano e Tunisia si ritrovano, inoltre, ad affrontare grandi difficoltà nel sistema di raccolta e gestione dei rifiuti, una tra le principali cause del fenomeno del marine litter. Sebbene non sia una grande produttrice di plastica, il suo consumo è altissimo: oltre 25 mila tonnellate di plastica prodotte nel 2016, con un riciclaggio stimato al solo 4% del totale (dati ANPE).
Il Mediterraneo conta circa 10 mila tonnellate di plastica provenienti dalla Tunisia (e circa 40 mila tonnellate provenienti dall’Italia). In Libano, la produzione di rifiuti totali è stimata a 481 kg pro capite l’anno, dei quali il 55% viene scaricato in cassonetti indifferenziati e solo il 18% dei rifiuti solidi urbani viene trattato mediante riciclaggio e compostaggio.
Per di più, il 90% dei rifiuti industriali e il 30% dei rifiuti ospedalieri vengono smaltiti insieme ai rifiuti domestici, di cui il 4% è classificato come pericoloso. L’85% dei rifiuti solidi prodotti in Libano, tra cui rifiuti marittimi, viene smaltito in discarica senza alcun trattamento o cernita. Studi recenti hanno dimostrato che l’80% dei rifiuti marini in Libano è composto da plastica, con 124 mila kg al giorno smaltiti inadeguatamente.
Fonte: TeleAmbiente e GreenReport