Alla scoperta del Castello di Lumisgiana a Pietralba: tra architettura e leggende

gercast1La storia del Castello di Lumisgiana, vecchio edificio in rovina presso il borgo “E Casenove”, è difficile da trovare. Trasmessa di generazione in generazione oralmente, solo alcuni documenti d’archivio permettono di ricostruirla.

Tuttavia, gli elementi architettonici del patrimonio edilizio e il confronto con altri edifici simili permettono ipotesi che sembrano rilevanti.

Il Castello di Lumisgiana (Ulmisgiana deriva dal significato latino Ulmesana, Olmo), è all’origine quello che noi chiamiamo una fortezza, una torre costruita su uno sperone roccioso. Costruito nel 12° secolo dal Marchese di San Colombano, l’edificio è stato utilizzato per controllare la valle dell’Ostriconi per la difesa in caso di attacco straniero.

gercast2Quindi, la presenza delle feritoie ingegnerizzate (apertura nel muro al fine di osservare e lanciare proiettili, proteggendo se stessi), il luogo di costruzione (promontorio di senso verticale e sovrastante la valle), le condutture di acque nella cornice del muro Nord ( acqua in provenienza dalla sorgente di Acquafredda) elementi utili in caso di assedio o attacco; i resti dei muri o bastioni con i basamenti ancora visibili sul lato ovest e sud dell’edificio: tutti questi elementi permettono di certificare il carattere difensivo del castello.

L’architettura di Lumisgiana cambia rapidamente, la torre è trasformata in Castello nel 1270. Il signore del Nebbio Giovanninello Cortinco di Pietr’All’Aretta fa costruire delle case accanto al castello: sono probabilmente costruite per la servitù del Castello: alloggio per la guarnigione, negozi e magazzini. Oggi distrutte, i perimetri di base di questi edifici sono ancora visibili e permettono di immaginare l’entità del supporto difensivo. Il sito è stato abitato in modo permanente fino al 16° secolo, ci sono stati fino a 80 famiglie e poi lentamente ha visto un calo costante del numero dei suoi abitanti fino al 20° secolo.

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Al di là della presenza di una cornice di difesa, il posto è anche favorevole ad alimentare l’immaginario popolare. La memoria orale ha trasmesso da una generazione all’altra due leggende che si svolgono al Castello di Lumisgiana.

La prima leggenda dice che il signore del castello di Lumisgiana faceva degli scambi con molti paesi del Mediterraneo: Egitto, Italia, Nord Africa e Spagna. E’ stato anche il signore dei pirati e ha ottenuto la sua immensa fortuna con atti di pirateria. Si dice che il Signore di Lumisgiana, mercante e pirata faceva pagare il diritto di passaggio sulla sua terra. Quando tornava in Corsica, sbarcava sulla spiaggia dell’Ostriconi, chiamata “purraiola” dalla gente di Petralba, deserta a causa delle incursioni barbaresche. Ci scaricava il suo prezioso bottino nella località “I magazini” e tornava al suo castello in Lumisgiana.

La seconda leggenda, che è la più conosciuta e la più trasmessa, dice che un vecchio eremita viveva vicino al castello di Lumisgiana e una volta alla settimana andava al castello così la donna del signore gli dava una focaccia calda. Il vecchio eremita era l’ex signore del castello, che espropriato dalla sua proprietà, viveva in uno stato di estrema povertà e aspettava la generosità degli abitanti del paese.

Un giorno la donna, decise di avvelenare la focaccia per il vecchio. Sulla via del ritorno alla sua miserabile casa, una grande tempesta cominciò. L’eremita incontrò sulla via del ritorno un giovane pastore che pascolava le sue pecore in quella zona, e lo invitò a ripararsi in casa sua  aspettando la fine della tempesta. Gli offrì un pezzo di focaccia. “Prendi un pezzo di focaccia. E ‘ancora caldo, è tua madre che me l’ha data”. Il giovane pastore era dunque il figlio della signora di Lumisgiana. Al primo morso, crollò sul pavimento. I cani del giovane pastore abbaiarono lugubri nella valle. Quando la signora udì queste grida, il suo sangue si gelò, prese il percorso di “U Pughjale” e arrivò traballante nella capanna del vecchio eremita. Urlò, il suo unico figlio, steso a terra, era privo di vita. Il vecchio eremita guardò la madre che afflitta dal dolore, in lacrime, disperata abbracciava il corpo del suo figlio e le lanciò quelle parole terribili che sono rimaste impresse nella memoria dei pietralbinchini:

«  A chì face, face à sè,
Tantu u male che u bè. »

 

Josepha Geronimi

Josepha Geronimi è una giovane donna di 27 anni che vive e lavora in Bastia ma è originaria di Pietralba in Balagna. E' appassionata di politica, di patrimonio architettonico, di permacultura e di viaggi...

By Josepha Geronimi

Josepha Geronimi è una giovane donna di 27 anni che vive e lavora in Bastia ma è originaria di Pietralba in Balagna. E' appassionata di politica, di patrimonio architettonico, di permacultura e di viaggi...

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